• In ciabatte sulle Alpi

    19.–20. aug., Schweiz ⋅ ⛅ 27 °C

    (Deutsche Version weiter unten im Text)

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    Rinfrancato e ben riposato, questa mattina sono partito da Milano. Patrizia mi aveva accolto con una calorosa ospitalità traboccante, e non solo ho apprezzato le sue attenzioni, ma anche la sua compagnia e le nostre lunghe conversazioni. Quasi sarei rimasto un giorno in più – tanto era bello. Ma la strada chiamava, e una lunga tappa mi attendeva.

    Uscito dalla cintura urbana di Milano, il mio cammino mi ha portato a Saronno, la città del celebre Amaretto, che si vanta di essere il liquore italiano più venduto al mondo. Lì ho incontrato una specie che non vedevo da mesi: ciclisti – senza motore elettrico, senza ruote giganti, semplicemente puri su due ruote. Mi è sembrato quasi un miracolo.

    All’orizzonte già si innalzavano le montagne. Ma prima di lasciare l’Italia volevo assaporare ancora fino in fondo il tempo rimasto. Così ho fatto un ultimo giro a Como. Davanti al Duomo la mia Vespa è diventata all’improvviso una piccola star: una famiglia francese voleva fotografarla, i loro bambini hanno posato entusiasti accanto al mio motorino. Orgoglioso, ho consegnato il casco a uno dei ragazzi – per la piena scenografia.

    Como, la città di Alessandro Volta, il grande fisico e inventore della pila elettrica. Appropriato, dunque, che proprio lì la mia piccola Vespa ricevesse ancora un po’ di nuova energia e attenzione, prima di ripartire. La strada lungo il lago è stata un vero piacere: stradine strette in cui le grandi auto avanzavano con cautela, mentre io sfrecciavo leggero in slalom. Piccoli borghi direttamente sull’acqua, ponti che collegavano le case, e sempre di nuovo quella vista – sul lago blu profondo, le verdi montagne sullo sfondo e le ville eleganti che ornavano la riva. Un addio meraviglioso all’Italia.

    Il confine in sé è stato sobrio, quasi insignificante. Ho risalito le Prealpi luganesi tra tornanti ripidi. Poi, in una gola, mentre la strada scendeva in una forte discesa, all’improvviso ha sventolato davanti a me una bandiera svizzera. Un attimo solo, ed ero fuori – l’Italia e l’UE alle mie spalle.

    Durante il percorso ho masticato gli ultimi frutti del carrubo che avevo ricevuto in dono nel sud della Sicilia. Erano passati solo pochi giorni, eppure mi sembrava già un’eternità. Ora soltanto qualche seme caduto sul fondo della mia Vespa mi ricorda il Sud, mentre già mi intrufolavo tra le Alpi.

    La strada mi ha portato lungo il Lago di Lugano, dove colonie di cormorani si riposavano. Alcuni erano appollaiati sugli alberi spogli a riva per asciugare il piumaggio al sole, altri si tuffavano in acqua in cerca di pesce. Dopo Lugano il paesaggio è cambiato: valli profonde tra montagne imponenti, poi una lunga discesa fino a Bellinzona. Ma presto le pareti rocciose si sono di nuovo richiuse intorno a me, e la via saliva ancora – verso il Passo del Gottardo.

    Attraversare il Gottardo con la mia piccola Vespa, in ciabatte e pantaloncini corti, è stata un’avventura unica. Ho sgasato tra antichi tratti di pavé e carrozze trainate da cavalli, con rilassati 30 km/h. Ad ogni curva la vista si apriva più ampia e mozzafiato, e quasi non potevo credere di essere davvero lì. Una volta in cima, il paesaggio è cambiato all’improvviso: il versante sud, verde e cosparso di prati e mucche, ha ceduto il posto a un nord aspro e roccioso, dove muschi e piccoli laghi punteggiavano la scena.

    La discesa è stata un continuo stupore. Catene montuose dorate gettavano lunghe ombre nella valle, e accanto a me scorreva il Gottardo Reuss, un ruscello limpido e gelido che scavava sempre più a fondo nella roccia, fino a trasformarsi in un fiume impetuoso e infine sfociare, come Reuss, nel Lago dei Quattro Cantoni. Quando sono arrivato al lago, giaceva davanti a me come uno specchio scintillante, immerso nell’oro del sole al tramonto.

    E il viaggio non era ancora finito: con gli ultimi raggi di sole sono sceso fino al Lago di Zurigo. Lì ho raggiunto puntualmente la mia meta – giusto in tempo, prima che un violento temporale estivo scacciasse gli ultimi bagnanti dalla riva.

    Con questo percorso ho lasciato definitivamente alle spalle la lingua italiana. L’ho capito subito in una stazione di servizio: una breve conversazione in svizzero tedesco, in cui ho dovuto chiedere tre volte prima di capire qualcosa. Arrivederci, bella lingua! Spero di riascoltarti presto – mi mancherai.

    Alla fine della giornata mi è rimasto solo un desiderio: che il sole fosse rimasto un paio d’ore in più sopra le montagne. Quante volte avrei voluto fermarmi ancora, per lasciar vagare lo sguardo sulle immagini che la natura qui dipinge. Ma anche così questo itinerario di oltre 300 km – quattro laghi, un passo alpino a 2100 metri, prati verdi e alture rocciose, tutto all’asciutto e in ciabatte – rimarrà per sempre nella mia memoria come un giorno di avventura, bellezza e gratitudine.

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    Gestärkt und gut erholt brach ich heute Morgen aus Mailand auf. Patrizia hatte mich mit überschäumender Gastfreundschaft empfangen, und ich habe nicht nur ihre Fürsorge, sondern auch ihre Gesellschaft und unsere langen Gespräche sehr genossen. Fast wäre ich noch einen Tag länger geblieben, so schön war es. Doch die Straße rief, und eine lange Etappe lag vor mir.

    Raus aus dem Speckgürtel Mailands führte mich der Weg zunächst nach Saronno, die Stadt des berühmten Amarettos, der sich rühmt, der weltweit meistverkaufte italienische Likör zu sein. Dort entdeckte ich eine Spezies, die ich seit Monaten nicht mehr gesehen hatte: Fahrradfahrer – ohne Elektromotor, ohne riesige Reifen, einfach puristisch auf zwei Rädern unterwegs. Fast kam es mir wie ein Wunder vor.

    Am Horizont türmten sich schon bald die Berge auf. Doch bevor ich Italien verließ, wollte ich noch einmal die Zeit maximal auskosten. So drehte ich eine letzte Runde in Como. Am Dom wurde meine Vespa kurzerhand zum Star: Eine französische Familie wollte Fotos mit ihr machen, ihre Kinder posierten begeistert neben meinem kleinen Roller. Stolz drückte ich einem der Jungen meinen Helm in die Hand – für die volle Inszenierung.

    Como, die Stadt von Alessandro Volta, dem großen Physiker und Erfinder der elektrischen Batterie. Passend also, dass meine kleine Vespa dort noch einmal neue Energie und Aufmerksamkeit bekam, bevor es weiterging. Die Fahrt entlang des Sees war ein Genuss: enge Straßen, in denen große Autos vorsichtig balancierten, während ich im Slalom leichtfüßig vorbeiflog. Kleine Dörfer direkt am Wasser, Brücken, die Häuser miteinander verbanden, und immer wieder dieser Blick, auf den tiefblauen See, die grünen Berge im Hintergrund und die prachtvollen Villen am Ufer. Ein herrlicher Abschied aus Italien.

    Der Grenzübergang selbst war unscheinbar, fast unspektakulär. Steile Serpentinen schraubten mich die Lugano-Voralpen hinauf. Erst in einer Schlucht, während die Straße sich in einer steilen Abfahrt wand, wehte plötzlich eine Schweizer Flagge vor mir. Ein kurzer Moment, und ich war draußen. Italien und die EU lagen hinter mir.

    Unterwegs kaute ich auf den letzten Früchten des Johannesbrotbaums, die ich im Süden Siziliens geschenkt bekommen hatte. Es war erst ein paar Tage her, und doch fühlte es sich an wie eine kleine Ewigkeit. Nun erinnern nur noch ein paar heruntergefallene Kerne im Fußraum meiner Vespa an den Süden, während ich mich schon durch die Alpen schlängelte.

    Die Strecke führte mich am Luganersee vorbei, wo Kolonien von Kormoranen rasteten. Einige saßen auf kahlen Bäumen am Ufer und trockneten ihr Gefieder in der Sonne, andere tauchten nach Fischen im See. Hinter Lugano änderte sich die Landschaft: tiefe Täler zwischen mächtigen Bergen, dann eine lange Abfahrt hinunter nach Bellinzona. Doch bald schlossen sich die Felswände wieder um mich, und der Weg führte weiter hinauf – Richtung Gotthardpass.

    Mit meiner kleinen Vespa, Sandalen und kurzer Hose über den Gotthard zu fahren, war ein Abenteuer sondergleichen. Ich knatterte zwischen alten Kopfsteinpflaster-Passagen und Pferdekutschen mit entspannten 30 km/h den Berg hinauf. In jeder Kurve wurde der Blick weiter und atemberaubender, und ich konnte kaum fassen, dass ich wirklich hier war. Oben angekommen, schlug die Landschaft plötzlich um: Die grüne, mit Wiesen und Kühen überzogene Südseite wich einer rauen, felsigen Nordseite, wo moosbewachsene Steine und kleine Seen das Bild bestimmten.

    Die Abfahrt war ein einziges Staunen. Goldene Bergketten warfen lange Schatten in das Tal, und neben mir plätscherte der Gotthardreuss, ein klarer, eisblauer Bach, der sich tiefer und tiefer ins Gestein schnitt, bis er zum reißenden Fluss wurde und schließlich als Reuss in den Vierwaldstättersee mündete. Als ich den See erreichte, lag er wie ein glitzernder Spiegel vor mir, von der Abendsonne in warmes Gold getaucht.

    Doch die Reise war noch nicht zu Ende: Mit den letzten Sonnenstrahlen rollte ich weiter hinab bis an den Zürichsee. Dort erreichte ich pünktlich mein Tagesziel. Gerade noch rechtzeitig, bevor ein mächtiges Sommergewitter aufzog und die letzten Badegäste vom Ufer vertrieb.

    Mit dieser Fahrt habe ich die italienische Sprache endgültig hinter mir gelassen. An einer Tankstelle bekam ich es gleich zu spüren: Ein kurzes Gespräch auf Schweizerdeutsch, bei dem ich dreimal nachfragen musste, ehe ich ein Wort verstand. Arrivederci, bella lingua! Ich hoffe, wir hören uns bald wieder – du wirst mir fehlen.

    Am Ende des Tages blieb nur ein Wunsch: Dass die Sonne noch ein paar Stunden länger über den Bergen gestanden hätte. So viele Male hätte ich gerne angehalten, um den Blick noch tiefer schweifen zu lassen über die Bilder, die die Natur hier malt. Aber auch so wird mir diese Route von über 300km – vier Seen, ein Alpenpass auf 2100 Metern, grüne Weiden und felsige Höhen, all das im Trockenen und in Sandalen – als ein Tag voller Abenteuer, Schönheit und Dankbarkeit für immer in Erinnerung bleiben.
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