• Bentornato in Germania

    20 Ağustos, Almanya ⋅ ☁️ 26 °C

    (Deutsche Version weiter unten im Text)

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    Un temporale minaccioso sulla Svizzera mi ha spinto a ripartire. In realtà volevo concedermi un giorno di pausa sul Lago di Zurigo, regalare un po’ di riposo alla mia schiena dopo l’attraversamento delle Alpi e le lunghe ore sulla Vespa. Ma se fossi rimasto, la tempesta mi avrebbe intrappolato lì. Non mi rimase altra scelta che rimettermi in viaggio la mattina seguente, anche se i presagi del maltempo erano già nell’aria.

    Per la prima volta dopo mesi ho dovuto indossare di nuovo scarpe chiuse, pantaloni lunghi, guanti, sciarpa – tutto ciò che il mio equipaggiamento minimalista poteva opporre al freddo e alla pioggia. Con un certo peso sul cuore sono partito dal Lago di Zurigo sotto una pioggerellina fastidiosa, attraversando il grigio, umido e frenetico traffico della città, tra automobili fin troppo costose, diretto verso il confine.
    A Stein am Rhein ho attraversato per la prima volta sulla via del ritorno il Reno – un fiume fiero, già qui di notevole ampiezza. Ho lanciato un fiore nella corrente: chissà chi arriverà prima a Bonn, il fiore o io sulla mia piccola Vespa.
    Poco dopo ho varcato il confine. La Germania mi aveva ripreso. L’asfalto era più liscio, meno buche – ma in cambio, sorpassi rischiosi, insofferenza ai semafori rossi e un ritmo del traffico più nervoso, più frenetico. Bentornato.

    Il tempo non cambiava: una pioggia grigia e costante. Non abbastanza forte da costringermi a fermarmi, ma insistente al punto da inzupparmi fin nelle ossa. Ogni goccia che il vento mi scagliava sul viso sembrava gridarmi: „Che ci fai qui? Torna indietro! Il tuo posto è al sole!“
    E alla fine fu troppo anche per la mia Vespa. Prima qualche singhiozzo sulle strade bagnate, poi – dopo una breve sosta per un tè in una panetteria di un EDEKA (2 € per una tazza di acqua calda, a Napoli per quella cifra avrei avuto una pizza intera) – non volle più ripartire. Troppo bagnata, troppo stanca, forse troppo triste per l’addio all’Italia.
    Per fortuna, con un po’ di cure da parte del soccorso stradale – asciugatura dei componenti essenziali – la mia piccola compagna a due ruote tornò a vivere. Nel frattempo avevo riempito giacca e pantaloni antipioggia con i volantini di EDEKA, improvvisato isolamento contro il freddo. Funzionò un po’, ma alla fine arrivai comunque fradicio fino alle ossa, esausto, dopo quasi dieci ore sotto la pioggia, a Stoccarda.

    Eppure, il paesaggio che avevo attraversato era senza dubbio bellissimo: ho oltrepassato Reno, Danubio e Neckar, sono passato accanto al Lago di Costanza, attraverso il Linzgau e la Giura Svevo, fino alla conca di Stoccarda. Ma dietro il parabrezza ricoperto di gocce, piegato per difendermi dalle punture della pioggia, tutto appariva solo grigio su grigio.
    Tanto più grato ero quindi dell’accoglienza calorosa della famiglia Vasudevan: una doccia bollente, buon cibo, conversazioni che scaldano il cuore. La vita tornava a scorrere nelle mie membra. Domani resterò qui un giorno intero – dopo 800 chilometri in tre giorni e due tappe-marathon di quasi dieci ore ciascuna sulla Vespa, è tempo di fermarsi, respirare e raccogliere forza. Davanti a me restano ancora due tappe fino a Bonn. Che fortuna poter sostare qui ancora un giorno, per riposarmi.

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    Ein drohendes Unwetter über der Schweiz hat mich weitergetrieben. Eigentlich wollte ich mir am Zürichsee einen Tag Pause gönnen, meinem Rücken eine kleine Erholung schenken nach der Alpenüberquerung und den vielen langen Stunden auf der Vespa. Doch wenn ich geblieben wäre, hätte mich das Unwetter dort gefangen. Also blieb mir nichts anderes übrig, als am nächsten Morgen weiterzufahren, auch wenn die Vorboten des Sturms bereits in der Luft lagen.

    Zum ersten Mal seit Monaten zog ich wieder feste Schuhe an, eine lange Hose, Handschuhe, Schal – alles, was meine minimalistische Ausrüstung der Kälte und dem Regen entgegenzusetzen hatte. Mit einem mulmigen Gefühl brach ich im Nieselregen vom Zürichsee auf, fuhr durch das graue, nasse, geschäftige Treiben der Großstadt Zürich, zwischen viel zu teuren Autos hindurch, hinaus Richtung Grenze.
    Bei Stein am Rhein überquerte ich zum ersten Mal auf meiner Rückreise den Rhein – ein stolzer Fluss, selbst hier schon von eindrucksvoller Breite. Ich warf eine Blüte in die Strömung. Mal sehen, wer wohl schneller in Bonn ankommt: die Blüte oder ich auf meiner kleinen Vespa.
    Wenig später der Grenzübergang. Deutschland hatte mich wieder. Glatterer Asphalt, weniger Schlaglöcher – aber dafür riskante, trotzige Überholmanöver, Ärger an roten Ampeln und ein anderer, hektischer Rhythmus des Verkehrs. Willkommen zurück.

    Das Wetter blieb, wie es war: ein gleichmäßiger, grauer Regen. Nicht stark genug, um anzuhalten, aber hartnäckig genug, um mich bis auf die Knochen durchzunässen. Jeder Tropfen, der mir vom Fahrtwind ins Gesicht geschossen wurde, schien mir zuzubrüllen:
    „Was machst du hier? Kehr um! Du gehörst in die Sonne!“
    Und irgendwann wurde es auch meiner Vespa zu viel. Erst stotterte sie auf den nassen Landstraßen, dann – nach einer kurzen Teepause in einer Bäckerei eines EDEKA-Centers (2 € für eine Tasse heißes Wasser, in Neapel hätte ich dafür noch eine ganze Pizza bekommen) – sprang sie gar nicht mehr an. Zu nass, zu erschöpft, zu traurig vielleicht über den Abschied aus Italien.
    Zum Glück half ein wenig Fürsorge durch die Pannenhilfe: die wichtigsten Bauteile wurden getrocknet, und meine kleine Motorfreundin erwachte wieder zum Leben. In der Zwischenzeit hatte ich meine Regenhose und Jacke mit EDEKA-Prospekten ausgestopft, als Füllmaterial gegen die Kälte. Es brachte ein wenig Linderung, aber am Ende kam ich dennoch durchfroren bis auf die Knochen, nach fast zehn Stunden im Regen, in Stuttgart an.

    Die Landschaft, die ich durchquerte, war ohne Zweifel wunderschön: ich habe Rhein, Donau und Neckar überquert, bin am Bodensee vorbei, ins Linzgau und durch die Schwäbische Alb runter in die Stuttgarter Bucht. Doch durch die mit Tropfen übersäte Windschutzscheibe, in gekrümmter Haltung gegen die Nadelstiche des Regens, wirkte alles nur grau in grau.
    Umso dankbarer war ich für den warmen Empfang bei der Familie Vasudevan: eine heiße Dusche, gutes Essen, herzerwärmende Gespräche. Das Leben kehrte zurück in meine Glieder. Morgen werde ich hier einen Tag Pause machen – nach 800 Kilometern in drei Tagen und zwei Marathon-Etappen mit jeweils fast zehn Stunden auf der Vespa ist es Zeit, innezuhalten, durchzuatmen und Kraft zu sammeln. Die letzten beiden Etappen nach Bonn liegen noch vor mir. Wie schön, dass ich hier einen weiteren Tag verweilen darf.
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