• Strade dritte, pensieri curvi

    22.–23. aug., Tyskland ⋅ ☀️ 20 °C

    (Deutsche Version weiter unten im Text)

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    La mattina sono ripartito, immerso nel freddo e grigio stop-and-go del traffico cittadino di Stoccarda, intrappolato in un mare di semafori rossi e incroci deserti. Già di buon’ora mi aveva colpito il “blues del ritorno in Germania”. La testa pesante, piena di pensieri, e cupa come il cielo nuvoloso sopra di me. Mi sono perso più volte nel labirinto delle strade, finché finalmente ho raggiunto le strade statali infinite, che si stendono come nastri di cemento attraverso il paese.

    Per chilometri e chilometri non facevano che andare dritte. Strade costruite quasi come autostrade: guardrail ai lati, barriere antirumore, siepi che separano i villaggi dalla carreggiata. Nessuno spazio per la leggerezza, nessuno sguardo sul paesaggio, nessuna vicinanza con le persone. La concentrazione doveva restare altissima. Le corsie erano trafficate e veloci, e ogni volta che un camion mi sorpassava troppo stretto e troppo in fretta non mi restava che sperare di non essere sbalzato fuori dalla corsia dal suo vento. Avanzavo sì in fretta su queste strade ben costruite, ma in fondo questo viaggio non è mai stato pensato per la velocità.

    Continuavo a pensare alle differenze tra qui e l’Italia. Il traffico in Germania è così perfettamente regolato che nessuno ha più bisogno di prendersi cura dell’altro. Tutto segue norme, standard, regole – l’attenzione reciproca diventa superflua, sostituita dall’ordine. In Italia è l’opposto: lì si sopravvive solo facendo attenzione agli altri, perché nessuno rispetta le regole. È paradossale, eppure più umano. Mi è venuto in mente il libro Gemeinschaft und Gesellschaft di Ferdinand Tönnies, che già nell’Ottocento descriveva come la comunità organica e solidale venisse progressivamente sostituita dalla società anonima e funzionale. Oppure, in maniera più accessibile e piena di aneddoti, la Teoria dell’amore e della libertà di Luciano De Crescenzo, che con il suo spirito napoletano raccontava proprio questa tensione tra calore e ordine, tra cuore e burocrazia.

    Nel pomeriggio sono diventato più sereno. Alle mie spalle si è aperto qualcosa che in tre giorni di Germania non avevo ancora visto: il cielo azzurro. Raggi di sole che asciugavano i miei pensieri umidi. Anche le strade sono cambiate, più tranquille. La Rheinhessen mi ha accolto con vie meno trafficate, che attraversavano paesini vinicoli e filari di viti. Mi sono concesso piccole soste – all’ombra di un melo, tra le vigne, con il vento estivo che frusciava tra le foglie.

    Il percorso verso Wiesbaden mi ha portato prima attraverso la bella Magonza, poi oltre il Reno, in terre più familiari. E finalmente, quella sensazione di casa: le mie zie Heike e Manu, insieme a mia cugina Lisane, mi hanno accolto a braccia aperte. Con torta fresca e caffè fumante ci siamo persi in chiacchiere senza fine – come accade sempre in famiglia. La sera, una pizza e tanti racconti hanno completato la giornata.

    Qui, in questo cerchio di affetto, sento calore, familiarità, protezione. È l’ultima tappa perfetta di un lungo viaggio che mi ha portato così lontano. Domani mi aspetta l’ultima tratta: risalire il Reno fino a Bonn. Un addio, e allo stesso tempo un ritorno a casa.

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    Am Morgen brach ich auf, im kalten, grauen Stopp-und-Go des Stuttgarter Stadtverkehrs, gefangen in einem Meer aus roten Ampeln und leeren Kreuzungen. Schon früh hatte mich der „Zurück-in-Deutschland-Blues“ gepackt. Mein Kopf war schwer, voller Gedanken, und genauso wolkenverhangen wie der Himmel über mir. Mehrmals verfuhr ich mich im Straßengewirr, bis ich schließlich die endlosen Landstraßen erreichte, die sich wie Betonbänder durchs Land ziehen.

    Kilometerlang ging es nur geradeaus. Straßen, gebaut wie Autobahnen: Leitplanken, Schallschutzmauern, Hecken, die die Dörfer von der Straße abschirmen. Kein Platz für Leichtigkeit, kein Blick aufs Umland, keine Nähe zu den Menschen. Die Konzentration musste hoch bleiben. Die Fahrbahn war voll und schnell befahren, und jedes Mal, wenn ein LKW mich viel zu eng und viel zu hastig überholte, musste ich hoffen, nicht vom Windstoß aus der Spur gerissen zu werden.
    Zwar kam ich auf diesen gut gebauten Straßen schnell voran, aber eigentlich war diese Reise doch nie für Geschwindigkeit gedacht.

    Immer wieder dachte ich an die Unterschiede zwischen hier und Italien. Der Verkehr in Deutschland ist so perfekt geregelt, dass niemand mehr auf den anderen achten muss. Alles folgt Normen, Standards, Regeln – Rücksicht wird überflüssig, weil sie von der Ordnung ersetzt wurde. Ganz anders in Italien: Dort überlebt man nur, wenn man aufeinander achtet, weil sich an Regeln ohnehin keiner hält. Es ist paradox, und doch menschlicher. Es erinnerte mich an das Werk Gemeinschaft und Gesellschaft von Ferdinand Tönnies, der schon im 19. Jahrhundert schrieb, wie das enge, organische Zusammenleben einer Gemeinschaft von der anonymen, funktionalen Gesellschaft abgelöst wird. Oder, zugänglicher und voller Witz, an Luciano De Crescenzos Teoria dell’amore e della libertà, der mit neapolitanischem Charme genau diese Spannung zwischen Wärme und Ordnung, zwischen Herz und Bürokratie, beschreibt.

    Am Nachmittag wurde ich genügsamer. In meinem Rücken tat sich etwas auf, das ich in drei Tagen Deutschland zum ersten Mal sah: blauer Himmel. Sonnenstrahlen, die meine nassen Gedanken trockneten. Und auch die Straßen wurden entspannter. Rheinhessen empfing mich mit weniger befahrenen Wegen, die sich durch Weindörfer und Rebenfelder schlängelten. Ich gönnte mir kleine Pausen – im Schatten eines Apfelbaums, zwischen den Rebstöcken, während der Sommerwind durch die Blätter rauschte.

    Die Fahrt hinein nach Wiesbaden führte mich zuerst durch das schöne Mainz, über den Rhein, hinein in vertrauteres Terrain. Und dann, endlich, das Gefühl von Heimat: Meine Tanten Heike und Manu sowie meine Cousine Lisane nahmen mich in die Arme. Bei frischem Kuchen und leckerem Kaffee kamen wir aus dem Reden gar nicht mehr heraus – so wie es eben in Familien ist. Abends rundeten Pizza und viele geteilte Geschichten den Tag ab.

    Hier, in diesem herzlichen Kreis, spüre ich Wärme, Vertrautheit, Geborgenheit. Es ist der perfekte letzte Halt auf einer langen Reise, die mich so weit getragen hat. Morgen wartet die letzte Etappe: den Rhein hinauf bis Bonn. Ein Abschied und zugleich ein Heimkommen.
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