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  • Day 1

    Little Island, High Line

    June 29, 2023 in the United States ⋅ ⛅ 28 °C

    Ore 7: Pippo ed io siamo in macchina con la nostra valigia, borsetta e zainetti. Passiamo a prendere Giorgio e poi con Laura, Natale, Andrea e Giulia andiamo al parcheggio King Parking a Lonate Pozzolo (Va): è il parcheggio più economico (55 euro per 8 giorni) trovato da Andrea che, come Emi, sa usare bene Internet. Con la navetta – da 7 persone – ci accompagnano alla Malpensa dove con calma facciamo il check-in.
    Alle 11 saliamo in aereo: io sono accanto al finestrino nella fila a sinistra, accanto a me Andrea e poi Giulia. Pippo, Natale e Laura sono insieme nella fila a destra mentre Giorgio è accanto a loro nella fila centrale da 4 posti.
    Durante il volo (7 ore) vedo 2 film: “Ticket to Paradise” con George Clooney e Julia Roberts e “Un uomo chiamato Otto” con Tom Hanks: mi sono piaciuti entrambi.
    Per pranzo ci danno pollo con riso, commestibile, più tardi un gelato alla vaniglia dolcissimo e infine una piadina arrotolata immangiabile. Giulia ha una sensazione di vomito.
    Il volo è tranquillo, sia il decollo che l’atterraggio sono perfetti.
    Nell’aeroporto JFK ci controllano i passaporti, ci fotografano, prendono le impronte di tutte le dita delle mani e ci fanno domande tipo: “quanto rimanete?”, “dove alleggiate?”, “avete contanti?”. Poiché dichiariamo di avere solo circa 200 euro, ci domandano come pensiamo di vivere a New York, ma alla risposta che useremo la Credit Card l’incaricato si sente più tranquillo.
    La maggior parte degli addetti nell’aeroporto è di colore.
    Prendiamo le valigie e ci dirigiamo all’uscita.
    Per arrivare alla fermata metro più vicina, Jamaica, dobbiamo prendere l’Airtrain, 8,25 dollari, ma la fortuna è dalla nostra: c’è troppa gente e i funzionari decidono di aprire l’accesso ai treni per 30 secondi facendoci defluire rapidamente gratis.
    Alla stazione metro di Jamaica facciamo l’abbonamento per 7 giorni a 33,50 dollari.
    Il nostro albergo è il Four Points by Sheraton al SoHo Village, 66 Charlton Street. SoHo sta per South Houston.
    Prendiamo la E direzione Downtown, alla 55° St. cambiamo con la linea 1 fino a Houston e poi a piedi fino all’albergo. La piantina di New York scaricata sul telefono si legge anche senza connessione.
    Una signora, neppure tanto giovane, aiuta Natale a portare su dalle scale della metro la sua valigia abbastanza grande e pesante: è il primo segnale della gentilezza degli abitanti di New York.
    L’albergo ha 18 piani. Le nostre stanze sono al 10° piano: noi camera 1002, Laura 1007. L’aria condizionata è al massimo ma sui letti ci sono coperte pesanti. Ci sono due grandi letti, 1 bottiglietta d’acqua a persona, macchinetta del caffè con le cialde, che userò tutte le mattine prima della doccia.
    Dopo una rapida riassestata, usciamo per “provare” la città: ci dirigiamo verso l’Hudson che costeggia l’isola di Manhattan a ovest e camminiamo sul lungo fiume. Come nei film, ci sono persone che corrono, camminano o riposano su una panchina o sull’erba. In un’aiuola piena di fiori c’è un frutto di metallo alto circa due metri, forse una mela.
    Arriviamo fino a “Litte Island”, un’isola artificiale che sembra appoggiata su coni rovesciati o meglio su gambi di fiori. Non si può entrare: è chiusa per tutelare la salute di chi ci lavora a causa della cattiva qualità dell’aria.
    Non fa caldissimo, ma c’è umidità e foschia.
    Saliamo sulla High Line e ne percorriamo una parte. È una zona verde creata sui binari di una vecchia ferrovia sopraelevata rispetto alla città, un percorso abbastanza lineare ricco di diversi tipi di piante e fiori, panchine su cui riposare (anche chaise longue). Attorno ad alcuni semplici sedili in pietra scorre l’acqua e con il caldo che fa molti si tolgono le scarpe per rinfrescare i piedi. Si cammina più o meno all’altezza del secondo piano delle case. Seguendo il percorso incontriamo bancarelle di street food e gelati, un piccolo anfiteatro dove stanno facendo uno spettacolo di varietà. Vediamo la parete di una casa con un grande murales raffigurante Madre Teresa di Calcutta e Gandhi.
    Tornado verso l’albergo ci fermiamo a mangiare qualcosa in un fast food: Pippo e i ragazzi un hamburger, Giorgio patate fritte e io una spremuta di mango (devo ricordarmi di chiederla “no ice, please”).
    Tre pastiglie di melatonina e cerchiamo di dormire: la nostra giornata è durata 6 ore in più.
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