Uydu
Haritada göster
  • Gün 4

    Conclusions

    30 Ocak, İtalya ⋅ ☁️ 6 °C

    So che oggi non ho pedalato, ma ho bisogno di chiudere il cerchio. Mi sono svegliato col sole: ero felice, ma anche un po’ rammaricato perché non avrei potuto godermelo in sella sulla mia Poderosa. Comunque, dopo una abbondante colazione a buffet, sono andato al molo alla ricerca di un ultimo scatto; col senno di poi, forse avrei fatto meglio a godermi semplicemente la vista e il silenzio tormentato del mare.
    Poi dritto alla stazione, treno intercity diretto, che lusso! Il viaggio è stato tranquillo, mi sono rilassato ascoltando un po’ di musica, riscoprendo tra l’altro le buone vibrazioni di “Pet Sounds” dei Beach Boys. Una signora si è seduta di fianco a me a Cesena: un po’ fastidiosa, però ho mantenuto la calma e abbiamo scambiato due battute. Mi ha detto che stava andando in Africa, ma non avevo voglia di parlare, così lo spunto di conversazione si è perso nel nulla. Non l’ho nemmeno salutata quando me ne sono andato, ma ormai non mi stupisco più di me stesso.
    Anche oggi un pensiero, quel pensiero, viene e va: io non sono un viaggiatore, sono solo un privilegiato. Io viaggio in prima classe, con una bici fighissima, prendo intercity diretti da 38€ e dormo con un tetto sopra la testa tutte le notti. No, i viaggiatori sono altri. I viaggiatori sono apolidi, non hanno radici, non hanno soldi, non hanno nulla da perdere, se non le loro certezze. Si lanciano all’avventura senza paura, non pensano troppo al domani, non devono programmare e pianificare, devono solo andare. Io no, ho radici ben piantate e mi sposto, fuggo ma con l’ansia di dover sempre arrivare da qualche parte, in un punto preciso, devo giungere ad una fottuta meta. Ma io non vorrei mai arrivare, io vorrei andare, sempre e per sempre, fino alla fine. Vorrei fosse la morte l’unica meta. E invece il richiamo di casa mia è troppo forte, sento il fastidioso bisogno di ritrovare la sicurezza e il comfort delle mie routine. Io alla fine ci sto bene in questa comoda trappola che è una non-vita scandita dal male delle convenzioni.
    Non sono un viaggiatore, sono solo un disperato che fugge da se stesso, dalla prigione che si è costruito. Alla quale però poi torno sempre perché sono un codardo, perché in fin dei conti ci sto bene in questa prigione.
    Io sono l’opposto del viaggiatore, sono solo l’ombra di qualcuno che vorrei ma che non potrò mai essere.
    In più vedo le immagini dei telegiornali che mostrano l’orrore che c’è nel mondo, e mi sento ancora più misero. Mi sento inutile e impotente, mi sembra di rubare la libertà e la gioia di qualcun altro che la meriterebbe più di me. Perché io la sto sprecando.
    Forse un giorno mi guarderò indietro e riuscirò a trovare un significato. Tutto ciò che ho fatto prima o poi mi apparirà sensato; ma al momento no, non so cosa sto facendo.
    Però so ancora emozionarmi: tra Lodi e Crema ho avuto uno di quei momenti in cui tutto è troppo intenso, in cui il mix di emozioni è così letale che l’unico modo per sopportarle è scoppiare in lacrime. E cosi è stato anche questa volta. Mi sentivo perso e devastato, ma anche fortissimo e felice. Era tutto un gran casino. È tutto un fottuto casino qui dentro.
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