• Vatnajökull

    April 24, 2024 in Iceland ⋅ ⛅ 7 °C

    Ci svegliamo di buon ora. Colazione rapida nel ristorante dell’hotel, fatte le valigie e partiamo sempre direzione est. Abbiamo un’ora di tempo per arrivare al meeting point con la nostra guida e fortunatamente nella ring road alle otto del mattino non c’è nessuno. Ci incontriamo con Andrew di Heading North, una compagnia locale che organizza escursioni private sul ghiacciaio. Abbiamo preferito spendere qualche euro in più per un’esperienza più autentica possibile (top Lorenz) e già dal mezzo con cui Andrew ci è venuto a prendere, sapevamo che lo sarebbe stata di certo.
    Ci facciamo portare in mezzo al nulla, parcheggiando dopo mezz’ora in quello che si vedeva essere il letto del ghiacciaio fino a trent’anni fa. Ci siamo così equipaggiati di imbraghi, caschi, ramponi e picozze e abbiamo cominciato una bellissima camminata di mezz’ora nella tundra per avvicinarci al ghiacciaio. Il paesaggio attorno a noi, man mano che ci avviciniamo, diventa sempre più lunare. Siamo solo noi, con chilometri di nulla attorno.
    Due scalette e una corda più avanti ci approcciamo finalmente ad una delle tante lingue del Vatnajökull. Indossiamo caschetto e ramponi e cominciamo a risalire il ghiaccio. Una sensazione incredibile: abbiamo camminato tante volte sulla neve in montagna ma arrampicarsi sulla superficie di ghiaccio cristallizzato ci proietta direttamente sul pianeta di Interstellar, dove Matthew McConaughey va a salvare Matt Damon. Andrew ci conferma che quello è proprio il ghiacciaio dove hanno girato il film, ma un paio di lingue più a ovest. Camminiamo per due ore sul ghiaccio, scoprendo buchi enormi scavati dall’acqua in pochissimi giorni, rivelando strati di cenere vulcanica che Andrew ci racconta essere stata datata ad un’eruzione avvenuta trecento anni fa. Il ghiaccio, che in diverse angolazioni prende un colore blu intenso, sembra tinto di inchiostro. Rimango ossessionato dai colori di questa magia.
    Ci fermiamo più in alto a pranzare, anche se si sarebbe potuta risalire la lingua del ghiacciaio per giorni. Continuiamo a rimanere estasiati dal panorama e un panino al formaggio e hummus acquista tutto un altro sapore in questo posto.
    Dopo aver fatto volare i droni e scattato foto senza senso, riprendiamo la salita per qualche altra decina di metri. Prima di cominciare la discesa però, Andrew ci fa scoprire una grotta di ghiaccio scoperta un paio di settimane prima. Letteralmente un buco blu del diametro di quattro/cinque metri. Camminarci dentro è stato qualcosa di surreale: pareti di ghiaccio lisce, trasparenti, con le bolle d’aria ancora intrappolate. Uno spettacolo impagabile che Andrew ci spiega sarà così ancora per pochi giorni, dopodiché si scioglierà.

    Ridiscendiamo il ghiacciaio carichi ed ancora esterrefatti per l’esperienza vissuta. Tanto che la camminata di ritorno per l’auto la passiamo quasi in silenzio, godendoci la pace della valle, interrotta dal fragore delle cascate.

    Da programma saremmo dovuti tornare un po’ sui nostri passi per vedere la diamond beach con il tramonto, ma la giornata di sole e vento ci ha completamente sfiniti. Così scegliamo di proseguire verso Höfn, fare la spesa al supermercato del villaggio e rintanarci nel cabin appena fuori: una casetta nera, in legno dentro e fuori, con una cucina moderna e dei letti spaziali.

    Mangiamo riso con verdure e polpette vegetariane. Beviamo birra islandese e crolliamo presto.
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