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- Dag 3
- fredag den 25. april 2025 kl. 09.58
- ☁️ 11 °C
- Højde: 399 m
Skotland57°30’25” N 6°10’19” W
Isle of Skye

Sveglia presto al Tingle Creek, colazione con vista sulla baia illuminata da un pallido sole mattutino e ale otto e dieci siamo già in auto. Oggi gireremo l’isola di Skye, la più famosa tra le isole della Scozia del nord. Già dai primi chilometri, una volta attraversato il ponte di Kyle, si capisce che è una meta turistica agonista da molti dal numero indecifrabile di cartelli di bed and breakfast che compaiono sui bordi della strada. Abbiamo voluto appunto metterci in marcia presto per evitare la calca di turisti del mattino, e alla nostra prima tappa la scelta ha sicuramente premiato: il parcheggio per le Storr rocks ha solamente qualche macchina di chi ha avuto la nostra stessa idea. Lasciamo quindi l’auto e ci incamminiamo sul sentiero in salita per avvicinarci a queste torri appuntite di roccia nera che si staccano da una falesia sul mare. Più saliamo, più lo spettacolo attorno a noi si fa affascinante: il sole delle nove del mattino illumina la costa dell’isola e si riflette sul mare delineando le silhouette delle isole più piccole nel golfo e le montagne altissime dell’entroterra avvolte da nubi cariche di pioggia.
Dopo più di 400 metri di dislivello, sudati per la salita veloce, arriviamo sotto le rocce imponenti. Nel frattempo però si è alzato un vento fastidioso che, oltre a farci rischiare cagotto e otite, rende troppo rischioso far volare il drone. Ci facciamo qualche foto comunque con un paesaggio mistico e rientriamo all’auto, incrociando le prime orde di turisti che annaspano salendo i gradini di roccia.
Riprendiamo la strada con l’intenzione di girare l’isola percorrendo una sorta di anello ma, se prima eravamo convintissimi di vedere le Storr rocks, poi il programma della giornata sarebbe stato abbastanza nebuloso. Unico appuntamento irrinunciabile sarebbe stato a cena, dove avevamo prenotato un ristorantino vegetariano sull’isola ad un paio d’ore di macchina da lì. Decidiamo di fermarci un poco più avanti, seguendo le indicazioni di Google maps per un posto chiamato brother’s point sulla scogliera. Scendiamo e constatiamo che la camminata descritta come “qualche minuto” in realtà si rivela di più di mezz’ora, passando per una spiaggia di rocce e un prato melmoso che ci sporca tutte le scarpe. Il vento però è accettabile, così ci togliamo lo sfizio di far volare il drone e goderci il sole di mezzogiorno.
Di nuovo in strada, ci fermiamo qualche miglio più avanti in un ristorantino chiamato the Hungry Gull, dove Paolino aveva visto che servivano una versione vegana dell’haggis, il piatto tipico Scozzese che nella sua versione carnivora è fatto con le interiora di agnello. Mangiamo in un locale simpatico e alla mano, che propone tutti dolci fatti in casa a cui Paolino ovviamente non ha potuto rinunciare.
Il tempo a disposizione non è più molto, e soprattutto il sole è sparito sotto una coltre di nubi minacciose. Decidiamo di abbandonare l’idea di seguire la costa, così tagliamo l’isola attraversando un passo affollato di turisti e tentiamo inutilmente una piccola deviazione verso un vecchio castello con una spirale di rocce nel giardino che hanno però rimosso.
Scendiamo quindi verso il villaggio di pescatori di Portree, giusto il tempo di fotografare le case colorate sul porto e prenderci un cappuccino da asporto per svegliarci che comincia a piovere.
Facciamo quindi un’ora di macchina verso l’altro lato dell’isola per l’ultima tappa della giornata: il Neist Point. Ci arriviamo quasi alle cinque del pomeriggio, sotto una pioggia battente accentuata dal vento del mare. Ci attrezziamo con pantaloni e giacca antipioggia e scendiamo la punta fino al faro sulla costa. Sebbene il tempo bagnato, la maestosità delle rocce nere che cadono sul mare è in quel punto che sapeva tanto da fine del mondo conosciuto è da lasciare senza fiato. Sferzati da vento e pioggia fredda, riusciamo a scattare qualche foto per poi correre alla macchina e ripercorrere le stradine strette e dismesse della costa per fermarci qualche chilometro dopo al ristorantino che avevamo prenotato per le sei: il Chidakasha Skye. Messa su una maglietta asciutta e cambiate le scarpe per l’occasione, ci godiamo una cena vegetariana super raffinata con the speziati di accompagnamento ai piatti, in una casetta surreale dal tetto rosso, mentre fuori acqua e vento continuano a bagnare prati e pecore. Ripercorriamo tranquillamente la strada per Portree al contrario, ammirando le vastità incontaminate e le montagne brulle dell’isola di Skye, mentre si corica per la notte nella pioggia.Torniamo al Tingle Creek alle nove e mezza di sera, con ancora il cielo chiaro.
È stata una giornata stancante ma intensa. Skye ci ha ricordato tanto l’Irlanda, con le sue coste frastagliate, i suoi prati di erba secca sferzata dal vento, le pecore e gli agnellini appena nati, le case bianche con i tetti spioventi e quelle moderne in legno a cui, per ognuna di queste ultime, abbiamo fatto più di un pensiero di poterci vivere un giorno… ma forse troppa pioggia.
Domani si rientra verso sud.Læs mere