• Isola di Pasqua

    January 24 in Chile ⋅ 🌙 20 °C

    Dopo quattro giorni di navigazione, finalmente abbiamo messo piede a terra. Non che la cosa sia stata facile, a causa della risacca che sbalzava in alto e in basso la lancia, sulla quale è stato complicato salire. Alla fine ce l'abbiamo fatta, diversamente da alcuni crocieristi che, proprio per questo,
    hanno rinunciato all'escursione.
    Giunti a terra abbiamo prime formalità di rito, quali la trattativa con i tassisti, risolta favorevolmente anche grazie all'intermediazione della mia istruttrice di tennistavolo, per poi iniziare la visita ai siti dell'Isola di Pasqua.
    Mi ha colpito l'aneddoto sull'isola dove si svolgevano le sfide dei locali per diventare re per un anno. Discesa di una costiera alta 300 metri a picco sul mare, nuoto fino ad un'isoletta lontana 1500 metri dalla costa per prendere un uovo di un uccello femmina e ritorno, risalita compresa, per portare l'uovo intero al villaggio. Una sorta di di triathlon ante litteram, una prova molto più difficile di quella riservata a me per diventare re del futbolin.
    Dopo la visita ad un sito con con grotte delle quali, onestamente, non ho percepito il fascino, fino all'incontro con i i mitici moai, dei giganteschi testoni di pietra che ti fissano con la loro espressione serissima. La prima tappa è stata Ahu Tongariki, con quindici moai in fila che sembrano una squadra di buttafuori preistorici, dei giganti di pietra che dominano il paesaggio. Una domanda: ma come ca...spita hanno fatto a spostarli fino a lì? Suggestivo anche il pendio di Rano Raraku, una specie di fabbrica dei moai, con teste sparse ovunque come fossero lasciate a metà del lavoro.
    Giudizio critico? Le foto non rendono la bellezza dell'Isola di Pasqua: fidatevi, ad occhio nudo è proprio uno spettacolo suggestivo
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