Anemómylos

Elafonissos e Kythira sono isole e si trovano a sud del terzo dito del Peloponneso, nonostante la loro insularità che le accomuna a Cicladi e Dodecanneso e alcuni scorci di rara bellezza, l'aria che vi si respira è diversa, più da Grecia anni 70.

Intanto qui ci sono pochi turisti stranieri, poi si percepisce che la stagione è ancora agli inizi e non si viene travolti dalla confusione che abbiamo incontrato nei giorni precedenti. L'atmosfera rilassante e le taverne a buon mercato ci coccolano ma, per quanto concerne lo stile architettonico locale, s'individua un'ampia possibilità di miglioramento. Mentre le Cicladi sono punteggiate da case che sembrano regolari cubetti bianchi e il porto di Symi è contornato da costruzioni colorate in stile più o meno neoclassico, qui è tutto un sorgere di architettura spontanea venuta su come fiori di campo, senza coerenza né grazia.

A metà giugno ci accostiamo alla terra ferma, siamo nella baia di Archangelos presso il Peloponneso, qui inciampiamo in Demetrios, proprietario di una taverna (buono il suo mojito), si tratta di un rocchettaro che porta bene i suoi 75 anni e che parla in italiano perché secoli prima ebbe una fidanzata siciliana di nome Lucia che lo lasciò per un ricco tedesco. Ci ripete la dolorosa storia del triste abbandono svariate volte aggiungendo particolari commoventi e mi guarda un po' in tralice perché il mio nome assomiglia a quello della sua vecchia fiamma.
Lasciato Demetrios alle sue malinconie, torniamo in barca per preparare la cena: risotto ai porcini per accogliere degnamente Natasha e Guy che avevamo già incontrato a Astipalea. La serata scorre alcolica e veloce, Capitan Marti, carburato dal vinello, si lancia anche a parlare in francese.

Nei giorni seguenti ci inoltriamo sempre di più tra le dita del Peloponneso: il paesaggio è grandioso, ma offre scarso riparo ai naviganti mentre il vento cambia direzione e intensità di frequente; a peggiorare la situazione, quest'anno abbiamo un problema con la nostra àncora che sembra spedare più del solito costringendoci così a rifare l'ormeggio più e più volte.
Proseguiamo la nostra navigazione di conserva ai nostri amici francesi: insieme visitiamo la baia del francese, sul lato orientale del secondo dito, Porto Kaiyo una baia protetta da tutti i mari ma soggetta a venti di caduta a causa delle pareti verticali che la contengono, il 19 traversiamo per raggiungere Koumbares, in fondo al primo dito, dove si trova una grande baia, ben protetta dai venti settentrionali, che qui sono prevalenti.

Il giorno 21, lasciata Methoni, troviamo un vento dispettoso che continua a cambiare di direzione come pure d'intensità, passando dagli 8 ai 30 nodi come nulla fosse, la nostra metà è la baia di Navarrino, lunga circa 3 miglia, ha due accessi, uno agevole da sud e un altro con fondali bassissimi a nord. Percorriamo tutta la baia per poi dare àncora con fatica perché l'ormeggio, tanto per cambiare, non tiene.
Questo luogo è decisamente il più bello tra quelli visitati nel Peloponneso, il passaggio a nord sembra una piscina naturale e noi vi rimaniamo a sguazzare per due giorni.

Dalle stelle alle stalle! Il 23 lasciamo Navarrino per Kyparissia, ci ormeggiamo al porticciolo, dove si trova insolitamente posto, insolitamente perché in Grecia i porti per barche da diporto sono pochi e, seppur poco attrezzati, molto contesi, meno insolitamente perché il posto, a parte una popolazione stanziale di tartarughe, non offre davvero nulla.

A Katàkolo, la nostra ultima tappa peloponnesiaca, Capitan Marti ha una vera e propria epifania; si prepara una sorta di filo a piombo lungo una decina di metri, lo butta in acqua appesantito da un peso e... scopre come mai l'àncora non tenesse.
Premessa necessaria: secondo i sacri testi della marina, un ancoraggio per essere sicuro richiede che si dia tra le 5 e le 7 volte la lunghezza del fondo, ma se l'ecoscandaglio, strumento preposto a misurare la profondità funziona male, puta caso perché ha 42 anni e sarebbe ora di cambiarlo, si rischia di dare troppo poca catena.
Capitan Marti, in guisa di Mc Gyver, ha così scoperto che quando l'ecoscandaglio dice 3 metri di profondità, in realtà sono 5/6 con tutto quello che ne consegue, quindi la mattina del 25 volgiamo prua verso Zante, felici di aver risolto il problema.

Con affetto da MozzillaWeiterlesen