Satellite
Show on map
  • Day 7

    Trang An, Bai Dinh e Hang Muà

    March 21, 2023 in Vietnam ⋅ ⛅ 34 °C

    Sveglia alle 6:30.
    Saltiamo la colazione, facciamo benzina alle moto (6€ in due) e corriamo verso Trang An, non molto lontano dall'hotel.

    Trang An, come Tam Coc, è un altro punto molto famoso del Vietnam dove, a bordo di piccole barche a remi, è possibile risalire un fiume quasi nascosto tra le montagne.

    Alle sette del mattino, l'enorme parcheggio che precede l'approdo al fiume è vuoto. Abbiamo avuto ragione a svegliarci presto, anche se il non mangiare nulla mostra subito gli effetti: biglietti persi, cappelli lasciati in giro, incomprensione dell’inglese quando cerchiamo di prendere delle specie di fagottini fritti alla crema e würstel.

    Il molo delle barche di Trang An è esattamente come la giostra dei tronchi a Gardaland: biglietteria, transenne a labirinto per accogliere chilometri di turisti, baracchini che ti vendono souvenir a fine corsa...

    Tutte le guide che abbiamo letto consigliavano di fare l'esperienza a Trang An possibilmente al mattino presto, perché il grosso dei turisti arriva di solito al pomeriggio, dovendosi spostare in pullman da Hanoi. Non riusciamo neanche ad immaginare cosa sarebbe questo posto dopo pranzo, anche solo vedendo le centinaia di barchette sulle sponde, pronte a traghettare la gente sul fiume.

    Saliamo praticamente come primi, con una signora piccola piccola che ci fa accomodare sulla barca e comincia a remare silenziosa dietro di noi.
    Trang An ha tre percorsi che si possono seguire in barca: in base alle recensioni lette su internet decidiamo di fare il secondo, che comprende l'attraversamento di 4 gallerie sotto le montagne e la visita di 3 templi.

    Partire per primi è assolutamente una delle cose più belle che ci siano capitate: solchiamo il fiume da soli nel silenzio assoluto, con cinguettii di uccelli e richiami dei grilli che arrivano dalla foresta, accompagnati dal suono pacato e ritmico dei remi che sferzano l’acqua.
    La barca si ferma sulle rive del primo tempio: una pagoda maestosa in legno scuro immersa nel verde della foresta, circondata da nuvole basse. Un posto fuori dall’universo che trasmette pace ed energia mentre lo esploriamo.

    Pace e serenità che dopo solo cinque minuti viene disturbata dalle altre barchette piene di turisti orientali che ci raggiungono: un baccano insopportabile di anziani che, senza rispetto, si urlano tra una barca e l'altra, ridono a squarciagola e gareggiano a chi va più veloce, neanche fossero bambini di dodici anni. Cerchiamo di ignorarli, concentrandoci sulla bellezza infinita che ci circonda, mentre con la nostra barca percorriamo il fiume che si insinua tra monti bassi ricoperti di foresta verdissima, a volte passando sotto questi ultimi, attraverso gallerie buie dove si deve abbassare continuamente la testa per evitare le rocce.

    Visitiamo altri templi, sempre con all’interno statue di Buddha dorate a non finire. Finalmente sbuca anche il sole. Torniamo indietro aiutando con le piccole pagaie di legno la nostra povera rematrice, guardandoci attorno e respirando a pieni polmoni la pace che scorre tra le risaie a pelo d’acqua, incastonate tra le montagne.

    Attracchiamo al molo ed usciamo.
    Non si sa come o dove Poli ha perso il suo cappello a cono e io rischio di finire sul fiume in motorino: sarà il caldo che ci rincoglionisce.
    Proseguiamo più avanti sulla strada, dove troviamo da visitare una sorta di città reale, con quella che capiamo doveva essere la casa dell’imperatore.
    L'afa però comincia ad essere stremante, e il poco cibo in pancia ci spinge a cercare velocemente un posto per pranzo. Così proseguiamo ancora verso nord, sulla strada tra le risaie sotto il sole del Vietnam.
    È la prima volta che guido un motorino per così tanto tempo e l’aria calda in viso, il sole, il profumo delle risaie mi rimanda a estati spensierate, a vacanze da bambini senza stress.

    Arriviamo alla pagoda di Bai Dinh, la torre più alta dell'Indocina, che fa parte di un enorme complesso di templi recintato, tanto che per raggiungere ognuno di questi si prendono le navette elettriche apposite a disposizione.

    Entriamo nel complesso immersi nella calura più totale: visitiamo un paio di templi enormi con altrettanto immense statue di Buddha dorate al loro interno. Ci consigliano un ristorantino in cima al parco e facciamo di tutto per trovare un modo di arrivarci senza camminare in salita, trovando posto assieme ad altri turisti sulle navette elettriche del parco.

    Al riparo, rinfrescati dai ventilatori sotto il portico del ristorante, mangiamo un classico Pho (noodles bollenti vegetali in brodo sicuramente di carne) e riso con spezie in polvere piccanti.
    Recuperate un pò le forze, ma sempre spossati dall'afa, saliamo finalmente in cima alla pagoda centrale. La vista dal dodicesimo piano è spettacolare a trecentosessanta gradi.
    Facciamo volare i droni attorno alla pagoda senza e scappiamo giusto prima di farci beccare dalla sicurezza. Usciamo così dal parco, passando tra bancarelle di souvenir e confezioni di cibi poco invitanti.

    Riprendiamo i motorini per tornare indietro verso l’albergo, scoprendo purtroppo che la golden hour (l'ora migliore per fare le foto) in Vietnam non è durante il tramonto (verso le 18) ma prima, perché poi il sole sparisce nella coltre di nubi dovute all’umidità.
    Morale della favola: ci becchiamo una luce meravigliosa mentre guidiamo i motorini in mezzo alle risaie e i villaggi, ma quando arriviamo finalmente ai piedi della montagna di Hang Muà il sole è già scomparso, lasciando solo una coltre grigia attorno a noi.
    Risaliamo quindi i 500 gradini di Hang Muà a fatica, facendo slalom tra i turisti giapponesi chiassosi in ciabattine col pelo.
    Arriviamo in cima al tempietto stremati, forse infastiditi un po’ più del solito per i turisti (a cui si aggiungono altri francesi irrispettosi e un tipo con il drone FPV decisamente incosciente a farlo volare sopra la gente, facendo sfumare le speranze mie e di Poli di portare a casa qualche ripresa del posto).
    Scattiamo un paio di selfie sul drago di roccia in cima al monte e scendiamo di nuovo i 500 gradini, con le gambe di legno che ancora un po’ soffrono il workout della sera prima.

    Torniamo a Tam Coc passando per i villaggetti interni, addirittura cade qualche goccia di pioggia, le prime che sentiamo dall’inizio del viaggio (fortunatamente).
    Ci concediamo un aperitivo lungo con birre a meno di un euro, patatine col guacamole e pulled pork al Banana Tree, un ostello accanto al nostro albergo pieno di giovani che si rilassano attorno alla piscina.

    La cena la passiamo nel primo ristorante che troviamo, scegliendo piatti ancora una volta diversi dal solito Pho vietnamita.
    Read more