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- Kongsi
- Hari 5
- Jumaat, 26 April 2024
- ☀️ 7 °C
- Altitud: 9 m
IcelandHöfn64°15’19” N 15°12’19” W
Si torna indietro

Ci svegliamo di buon’ora. Il fiordo attorno a noi è illuminato piacevolmente dal sole, il cielo blu intenso, poche nuvole e la neve sulle montagne che scintilla. Sembra quasi un’altra stagione. Facciamo colazione nel salottino della nostra stanza con le immancabili fette di pane e marmellata, biscotti col cioccolato caffè solubile e latte vegetale del supermercato costoso.
Seydisfjordur è il nostro giro di boa per questo viaggio. Siamo stati per tanto tempo tentati di fare il giro completo dell’isola in fase di pianificazione, ma abbiamo preferito dedicare questo viaggio a vedere bene tutto il sud, piuttosto che rinunciare a tante cose e fare più strada.
Prima di rimetterci sui nostri passi, c’è una delle attrazioni più iconiche dell’Islanda non lontana da Seydisfjordur. Un po’ fastidiosa da inserire in un piano di viaggio sinceramente perché lontana dal resto delle cose da vedere, ma vogliamo darle una possibilità visto che eravamo nella zona e non avremmo più avuto poi tanto altro da visitare nella giornata. Facciamo così mezz’ora abbondante di strada verso nord ovest, puntando il centro dell’isola, seguendo le indicazioni per Stuðlagil. Questo non è altro che un piccolo canyon di basalto, scavato da un torrente appena dopo una modesta cascata, dove le rocce formano le iconiche colonne esagonali. È uno spettacolo e un mistero della natura, che attira solamente i fotografi e gli influencer più avventurosi, perché appunto non si raggiunge facilmente. Arriviamo dopo aver percorso una strada sterrata in mezzo alle radure piene di neve dell’entroterra islandese. Parcheggiamo in uno spiazzo super attrezzato con bagni e cartelli informativi per i turisti e già la cosa ci puzza. Dal parcheggio si scende una ripida scala di ferro che da su un abbaino, grande qualche metro quadrato, rivolto verso il fiume e dal quale si intravede il canyon. Rimaniamo abbastanza delusi, anche perché il tempo non è dei migliori e, oltre al freddo, ogni tanto si sente qualche goccia di pioggia. Intravediamo delle persone dall’altra sponda del fiume che riescono a scendere il canyon ed avvicinarsi alle colonne di basalto. Seguiamo con gli occhi il percorso che hanno fatto per scorgere più indietro un parcheggio e un ponte che attraversa il fiume. Valutiamo che ora che spostiamo la macchina, torniamo indietro, parcheggiamo e raggiungiamo a piedi il canyon, sarebbe passata più di un’ora, che non avevamo visto che sarebbe stata una giornata passata in macchina. Quindi liberiamo i droni per toglierci la soddisfazione di aver almeno delle riprese fighe di quel posto e ci rimettiamo in marcia, tornando indietro per la stessa strada sterrata. Facile a dirlo, si è fatta ora di pranzo. Un po’ stufi dei panini home made e, fatti due conti si spendeva uguale a mangiare fuori, optiamo per cercare qualcosa a Egilsstaðir. Paolino e Veronica, ormai collaudati ricercatori di ristoranti, ci portano nel paesino prima, in un posto talmente local che entriamo e veniamo adocchiati subito da tutti gli operai in pausa pranzo. Il posto è una sorta di mensa: paghi un forfettario e puoi ingolfarti a piacere. C’è un banco a buffet con riso, verdure, carne e pane fatto in casa con chili di burro sopra.
Usciamo satolli e contenti di aver fatto un’esperienza più vicina all’Islanda di quello che sarebbe stato mangiare il solito burger in qualche catena. Ci mettiamo in marcia e decidiamo di percorrere la strada lungo i fiordi, quella che il giorno prima abbiamo saltato inconsciamente facendo il passo innevato. Il paesaggio è magnifico, intervallato da montagne innevate che si tuffano sul mare blu scuro. Il vento dell’oceano oltretutto spinge le nuvole creando nel cielo dei dischi stranissimi, simili ad astronavi. Corriamo così per tre ore, alternando momenti di musica e chiacchiere a quarti d’ora silenziosi, appisolandoci o guardando semplicemente fuori dal finestrino il paesaggio che da fiordico tornava pian piano alle grandi spiagge piatte o gli infiniti delta dei ghiacciai. Arriviamo a Hofn al calar del sole, ci rifugiamo dal vento freddissimo in albergo: una struttura in cemento stretta e lunga, dove ogni camera ha una vetrata enorme per vedere fuori ma con gli interni anche troppo minimal per i nostri gusti. Ci facciamo una doccia ed usciamo a cena nel centro di Hofn. Paolino e Veronica scelgono il ristorante di un albergo sul porto. Mangiamo burger vegetariani e patatine nere con la salsa senza troppi complimenti, siamo stanchi dal viaggio lungo e ci rintaniamo in camera quasi subito, non prima di aver bevuto una tisana calda in reception assieme ad un gruppo di giapponesi poco vestiti e molto chiassosi.
Niente veglia per l’aurora. È nuvoloso, ma soprattutto domani ci si sveglia prima dell’alba.Baca lagi