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- Dia 6
- terça-feira, 13 de agosto de 2024
- ☀️ 31 °C
- Altitude: 41 m
JapãoHirosakadōri36°34’0” N 136°39’30” E
Kanazawa

Ci svegliamo presto con l’ansia da partenza. Facciamo la nostra ultima colazione con l’ennesima frittata al ketchup e French toast untissimo, prendiamo le valigie e prendiamo la metropolitana in direzione della stazione di Tokyo. Arriviamo con larghissimo anticipo per essere sicuri di poter prevenire qualsiasi tipo di sventura visti i trascorsi con Nikko. In realtà la cosa si fa molto semplice: abbiamo il nostro qr code inviatoci dal sito, lo scannerizziamo in una macchinetta con il simbolo dello Shinkansen, ne vengono fuori due biglietti (che scopriamo dopo andranno obliterati insieme), di passa il tornello e si va al binario. Tutto qua.
L’ansia vera e propria arriva quando alla fila per entrare nel vagone ci si accodano un sacco di persone con valigie grandi. Mi rileggo sul sito le regole e scopro che avremmo dovuto prenotare anche lo spazio per loro ma, convinti le avremmo fatte spedire tra un albergo e l’altro non me ne ero preoccupato. In realtà poi avevamo scoperto che per la tratta Tokyo-Kanazawa non si sarebbero potute spedire in giornata, così alla fine ce le siamo tenute.
Fortunatamente però l’arrivare in anticipo ci ha fatto posizionare come primi a salire nella carrozza per cui, facendo finta di nulla, appoggiamo le valigie negli spazi designati e ci sediamo pregando che nessuno venga a lamentarsi.
Il treno parte morbido e silenzioso. In men che non si dica siamo nei sobborghi di Tokyo, gli stessi che vedevamo dal treno per Nikko. Ma è quando lasciamo la città che il treno comincia a prendere velocità e diventare un vero e proprio proiettile. Lo sfondo viaggia così veloce che le campagne diventano presto boschi, montagne, cittadine e dopo meno di due ore si vede il mare sull’altro lato del treno.
Scendiamo a Kanazawa poco prima di mezzogiorno. Cerchiamo subito il modo per andare in albergo: niente metropolitana qui, solo autobus. Ma non c’è nulla scritto in inglese. Ci mettiamo così a confrontare i pittogrammi con quelli indicati da maps, troviamo il bus giusto e scopriamo con sorpresa che la Suica (la carta per i trasporti di Tokyo) a Kanazawa non funziona. Al contrario, c’è da ritirare un piccolo biglietto all’entrata del bus e pagare la corsa (lo scopriamo in seguito) mentre si scende.
Arriviamo a fatica all’albergo. Come sempre il check in è alle tre, lasciamo quindi le valigie e andiamo subito in esplorazione.
Fortunatamente non dobbiamo fare tanta strada sotto il sole: dall’altro lato dell’hotel infatti troviamo una piccola scaletta che ci porta in uno dei quartieri più iconici della città, le residenze dei samurai.
Passeggiamo per le viette tranquille, delimitate da vecchi muri in paglia e fango. Ci ricordano tantissimo gli anime di a Doraemon o Kiss me Licia. Il sole è alto e cocente, tutto attorno calma e silenzio sovrastato solo dal cigolio incessante delle cicale. Visitiamo una delle case, raccomandata dai nostri amici Paola ed Edoardo quando ci erano passati in viaggio di nozze. Il posto è grazioso, curato, tatami ovviamente ovunque e un bellissimo giardino interno. Tra le piante verdi intense e in parte accese dalla luce del sole, una piccola cascata che scroscia dolcemente in un laghetto con carpe enormi colorate. Un vero e proprio angolo di pace. La casa ha anche un piano superiore, dove si ha la possibilità di ammirare di nuovo il giardino e la serenità che emana.
Si è fatta ora di pranzo. Usciamo dal quartierino dei samurai per riavvicinarci alla strada principale, dove troviamo posto in un locale completamente vegetariano. Con sorpresa scopriamo di essere gli unici clienti e, per allietarci il pranzo, la proprietaria mette in filodiffusione della musica italiana. Sulle note di Arisa mangiamo dei burger vegetali di funghi e tartufo, bevendo una strada cola speziata.
Andiamo verso il palazzo reale, arroccato all’interno di un bellissimo parco curato e pieno di fiori. Il palazzo in se è una ricostruzione molto recente, apparentemente nuova, ma al suo interno fa capire esattamente quali erano gli spazi di cinquecento anni fa. Il caldo comincia di nuovo ad essere fetente, cerchiamo refrigerio ad ogni finestra o angolo all’ombra. Visitiamo il meraviglioso giardino del palazzo e ci fermiamo a prendere un gelato in un bar appena fuori, prendendo in giro due ricchi italiani con la guida privata giapponese che provano ignari il loro primo the matcha.
Proviamo a trascinarci quindi nei quartieri antichi della città, trovando purtroppo tutti i negozi in chiusura. Siamo spossati e un po’ delusi dal posto, così in autobus torniamo verso l’albergo.
Vista l’impossibilità da Tokyo a Kanazawa di spedire le valigie lo stesso giorno e, visto che ci saremmo fermati lì per due notti, avevamo pensato a tenerci in una borsa separata l’occorrente per una notte e far spedire di nuovo le valigie a Kyoto, questa volta in due giorni. Purtroppo però al banco ci informano che questo non sarebbe stato possibile, che non li avrebbero fatto arrivare in due giorni bensì in tre. Saliamo in camera quindi con i dubbi, ma alla fine decidiamo di proseguire con il piano, ma tenendoci più cambi nella valigia leggera e spedire il resto a Kyoto comunque.
Usciamo dopo una doccia rigenerante. Nel frattempo a Kanazawa aveva piovuto giusto qualche minuto, ma abbastanza da rendere la temperatura più che accettabile. Ci fermiamo a cena in un ristorantino sulla strada, proprio quello che ci era un po’ mancato nei giorni scorsi avendo trovato solo posti dentro i centri commerciali. Li ci cuciniamo sulla piastra in mezzo al tavolo un okonomyaki buonissimo, con funghi shiitake al burro.
Usciamo soddisfatti ma puzzosissimi da fritto.
Facciamo giusto due passi attorno al quartiere dei ristorantini e proviamo un gelato al quadruplo cioccolato prima di rientrare in hotel.
Domani sveglia presto.Leia mais