• Shirakawa Go

    August 14, 2024 in Japan ⋅ ☀️ 28 °C

    Sveglia alle sei, dopo una brutta notte col naso chiuso a causa dei continui sbalzi caldo freddo e dall’entrare nei bus gelati tutti sudati.
    Facciamo colazione in albergo con pain au chocolat, lasciamo le valigie in reception da spedire a Kyoto e, con una sacca sulle spalle, ci avviamo in autobus verso la stazione di Kanazawa.
    Qui un poliziotto gentile ci porta verso i locker room dove lasciamo la sacca e ci infiliamo in un nuovo autobus, assieme ad altri gruppi di italiani. Lasciamo Kanazawa alle 8:10 puntuali per dirigerci verso le montagne. Le risaie presto diventano foreste e in poco più di un’ora e mezza siamo a Shirakawa Go, paesino storico sul fondo di una vallata, patrimonio dell’unesco. Il paesino è un vero museo all’aperto, fatto di casette storiche in legno con tetti di paglia spessa almeno mezzo metro.
    Scegliamo subito di camminare verso l’osservatorio panoramico in alto, capendo che le “poche” persone attorno sarebbero diventate centinaia in poche decine di minuti. Scattiamo foto e ridiscendiamo la strada tra le risaie e la foresta. Il cielo per fortuna è coperto, ma l’umidità qui è difficilmente sopportabile, già dopo venti minuti da quando siamo scesi dal bus abbiamo le magliette pezzate. Giriamo tra le casette, in un clima di pace generale, con i piccoli fazzoletti di terra tra una e l’altra pieni di piante di riso quasi pronto per la mietitura. Il perenne suono di cicale che ormai ci accompagna da Tokyo e centinaia di libellule che ondeggiano sopra le risaie e i fiori.
    Visitiamo il museo nel museo: una serie di casette tenute apposta per raccontare la storia del villaggio e delle sue usanze.
    Per sfuggire al caldo, ci rintaniamo in un ristorantino dentro al parco, mangiando soba fredda e in brodo caldo. Non sapendo quanto sarebbe stata lunga la visita, avevamo prenotato il bus di ritorno per Kanazawa per le 15:00, ma eravamo già provati dell’umidità e avevamo finito di girare tutto due ore prima. Così ci trasciniamo in giro per il villaggio e mangiamo schifezze prese al combini. Comincia a piovere, tanto. Shirakawa sotto la pioggia mostra una sua seconda anima, ancora più affascinante, ancora più pacifica. Osserviamo un airone pescare un pesce nello stagno e mangiarselo in un sol boccone, ci riposiamo dieci minuti sulla prima panchina al coperto che troviamo e, finalmente, risaliamo sul bus. Durante il ritorno non riusciamo a tenere gli occhi aperti e ci risvegliamo a Kanazawa con la fretta di voler arrivare al ryokan che avevamo prenotato per la sera il prima possibile.
    Scegliamo la soluzione più veloce: due fermate di treno fino a Marimoto e dieci minuti in taxi fino al ryokan.
    Il personale del Motoyu Ishyia ci accoglie con inchini e ringraziamenti. Ci chiedono gli orari con cui avremmo voluto cenare e far colazione e ci accompagnano in visita del posto. Il ryokan è una locanda old style, dove si può provare una vera esperienza giapponese. È una di quelle cose irrinunciabili per chi visita il Giappone ed effettivamente il posto è incredibile. Una grande casa che, a tratti, ricorda la città incantata di Myiazaki. Proviamo subito l’onsen, una sorta di bagno termale con tre vasche di acqua bollente. È obbligatorio stare nudi nell’onsen ed è l’unico posto dove ci si può lavare dopo le fatiche e le sudate della giornata, sedendosi su piccoli sgabelli di plastica.
    Rigenerati dalle terme, ci vestiamo con gli appropriati kimono dell’albergo e ci dirigiamo alla sala da pranzo dove ci è stato riservato un angolo privato. La cena è tipica giapponese con pesce e carne, sfortunatamente il ryokan aveva declinato la possibilità di offrirci un pasto totalmente vegetariano ma, ricordandosi, i camerieri ci hanno poi sostituito le portate di carne con funghi e verdure, mentre un po’ di sashimi di pesce ahimè abbiamo dovuto mangiarlo (ed era purtroppo buonissimo).

    A fine cena torniamo nel l’onsen per rilassarci ancora nell’acqua termale, talmente bollente che si resiste solo una decina di minuti dentro.
    La notte la passiamo dormendo per terra, su dei piccoli materassi apparecchiati dallo staff sopra il tatami.
    Read more