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- 日9
- 2024年8月16日金曜日 10:04
- ☀️ 31 °C
- 海抜: 73 m
日本Keage35°1’17” N 135°47’39” E
Obon

Ci svegliamo rilassati. La stanza dell’hotel di Kyoto è proprio bella e fortunatamente sono riuscito a respirare, dopo tutti i fazzoletti di carta che avevo consumato il giorno prima.
Il tempo non è dei migliori: il cielo è coperto, fa caldo ma c’è una leggera brezza che toglie l’afa e rende tutto più sopportabile. Scopriamo in seguito che quella leggera brezza era in realtà la coda di un tifone che si stava abbattendo su Tokyo.
Prevedendo tanti templi, cerchiamo di prendercela con molta calma: prendiamo un bus che ci porta a nord del centro. Visitiamo il giardino del tempio di Higashiyama, assieme ad altre decine di turisti. Un posto sereno, curato, con addirittura i giardinieri accucciati che tolgono con le pinzette le erbacce ad una ad una.
Ispirati da quella calma, all’uscita del giardino ci scostiamo dalla calca della gente per intraprendere una stradina pedonale chiamata “Philosoper’s path”. Per le prime decine di metri troviamo come al solito negozietti e ristorantini, ma appena superata la zona turistica, siamo praticamente soli a percorrere questo sentierino sterrato accanto ad un fiumiciattolo lento e basso. L’atmosfera è di nuovo pacifica e silenziosa. Troviamo anche per strada il Monk, la pizzeria giapponese famosa per la puntata di chef table che Paolo ha visto almeno tre volte.
La nostra camminata solitaria e rilassante termina al templio di Nanzenji dove, dopo una sosta all’ombra della grandissima porta, visitiamo l’interno, fatto di antiche stanze con le pareti dipinte e raffiguranti draghi, aironi e tigri.
Rimaniamo colpiti però dai giardini zen all’interno del tempio buddista: proprio come ce li eravamo immaginati, spazi dalla calma quasi sacra, con isole di muschio e alberi, circondate da un manto di ghiaia rastrellata alla perfezione simboleggiando il mare.
C’è una pace infinita a camminare tra i corridoi aperti di questo posto, rialzati tramite palafitte da un giardino armonioso e colorato. Forse durante la fioritura dei ciliegi c’è più spettacolarità, ma il e Paolo concordiamo abbiamo fatto bene a visitare il Giappone in agosto: non avremmo mai visto tutto questo verde così saturo.
Si fa ora di pranzo: troviamo da sederci sotto una piccola pertica all’entrata di un parco e mangiamo gli onigiri presi due giorni prima al combini e ne affoghiamo subito il sapore di pesce in ottima coca cola presa da uno dei migliaia di distributori automatici dispersi per la città.
Torniamo verso il quartiere di Kyomizu, visto vuoto la sera prima. Al contrario nel primo pomeriggio è invaso dai turisti. Nuotiamo nella folla che si ferma ad osservare ogni negozietto di souvenir sui lati o a mangiare spiedini di mochi alla fragola glassata.
Ci fermiamo cinque minuti al volo nel negozio dello studio ghibli e alle due meno un quarto ci infiliamo in una casa con giardino zen a appena sulla strada. Lì avevamo prenotato una lezione di the matcha così, assieme ad altri italiani ed americani, assistiamo alla bellissima cerimonia fatta da una maestra del tè, in una piccola sala con vetrate che danno sul giardino giapponese. L’esperienza è stata incredibile: ogni movimento della cerimonia era studiato e pesato, senza essere fatto con troppa foga o troppa lentezza. Una sensazione di pace e risoluzione. Bellissimo.
Abbiamo fatto anche noi il nostro matcha, pesando ad occhio la polvere, aggiungendo acqua calda nella ciotola, mescolando con l’apposito passino e prendendo con due mani la ciotola ruotandola due volte in senso orario prima di bere.
Usciti dalla casa del tè, ci allontaniamo dalla folla di turisti per tornare verso il centro città.
Facciamo una capatina veloce al Nintendo Store e al Pokemon Center per prendere qualche regalino e torniamo in albergo a lavarci.
Oggi è il 16 agosto: in Giappone da più di 800 anni c’è una festività che ricorre in questi giorni chiamata Obon. È un po’ come il dia de los muertos in Messico, ma dura più tempo. Il 16 agosto si festeggia la fine del periodo dell’Obon con un rituale molto speciale: il gozan no okuribi. Vengono realizzate delle costruzioni in legno sulle montagne attorno alla città a cui si dà fuoco ad un’ora precisa della sera, disposte in modo da disegnare alcuni simboli propizi che, secondo la credenza dovrebbero servire come segnali di direzione verso l’aldilà per gli spiriti degli antenati tornati sulla terra a trovare i loro cari durante l’obon.
Per non perdere questo spettacolo ceniamo in camera con sushi vegetale e tramezzino all’uovo del combini, ci vestiamo e ci dirigiamo in pullman verso quello che, a detta dei blog, sarebbe stato il punto migliore per vedere almeno uno dei cinque simboli sulle montagne, quello più famoso oltretutto.
Nell’arrivare alla sponda del fiume, veniamo però attratti da della musica. La seguiamo dentro un vicolo e scopriamo una festa del quartiere dove al centro di un grande spiazzo c’è una sorta di palco con alcuni ragazzi che battono un tamburo gigante a ritmo, mentre decine di persone di tutte le età gli danzano attorno, eseguendo brevi ma coinvolgenti coreografie. L’atmosfera di festa è incredibile, tutti sono felici e impegnati nel ballare. Dalle nonne ai bambini, un vero e genuino momento di comunità in festa.
Si fanno però le otto: lasciamo la sagra per raggiungere il fiume, giusto in tempo per vedere la collina di fronte a noi, dopo la città, illuminarsi di fuoco. Un altro spettacolo emozionante e unico.
Ci stappiamo due birre e ci sediamo a contemplare le centinaia di persone, vestite perlopiu a festa con kimono colorati, passeggiare davanti a noi.
Rientriamo giusto in tempo per vedere (e partecipare) all’ultimo ballo della festa comunitaria.
Una serata da ricordare.もっと詳しく