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- Day 2
- Saturday, October 11, 2025
- 🌧 20 °C
- Altitude: 2,249 m
MexicoMexico City19°26’10” N 99°8’52” W
Musei
October 10 in Mexico ⋅ 🌧 20 °C
La sveglia suona prestissimo, ma ovviamente per il jet lag ho gia gli occhi aperti da un’ora. Ci vestiamo, beviamo un caffè dalla macchinetta in stanza e alle sei spaccate siamo fuori dalla hall dell’albergo, dove ci aspetta elegante e profumato Cesar, il tassista che ci accompagnerà per tutta la giornata in visita di Città del Messico. É un contatto di Isotta, la cugina di Paolo che dieci anni fa per lavoro si é trasferita qui, ha sposato un messicano e ora vive quasi sempre in aereo come rappresentante nel Sud America di una compagnia di macchine dolciarie. Isotta si era altamente raccomandata di non prendere taxi normali, piuttosto uber oppure, appunto, di contattare Cesar che é il suo autista di fiducia per girare “a casa”.
É stato Cesar stesso a raccomandarsi di cominciare il tour molto presto per cui, ancora a notte fonda, ci ficchiamo nel suo piccolo taxi giallo e sfrecciamo verso il nord della città. Conversiamo in spagnolo con Cesar, o almeno ci proviamo vista l’ora. Da subito ci sembra una persona cordiale e molto volenterosa di spiegare il suo paese agli stranieri in visita. Ci racconta le influenze di Massimiliano D’Asburgo e la moglie Carlotta sulla costruzione della città, di come il primo luogo che andremo a visitare é costante meta di pellegrinaggi, soprattutto a dicembre, il tutto condito con musica mariachi in radio.
Arriviamo alla Basilica Santa Maria de Guadalupe alle prime luci dell’alba e già si vede più di qualcuno in giro a piedi che va al lavoro. In pochi metri la strada si riempie di persone, bambini e pellegrini. Facciamo due volte il giro del quartiere per trovare parcheggio ma qualsiasi lato delle strade é pieno di autobus di pellegrini venuti da ogni dove, così siamo costretti a portare il taxi giallo nel park sotterraneo. All’uscita veniamo travolti dalla vista di centinaia di pellegrini, se non migliaia, accampati per terra attorno alla basilica. Bambini che ancora dormono avvolti in ponci e giacche colorate, signore anziane che sventolano un pezzo di cartone vicino a barattoli di latta pieni di carboni ardenti, intente a cucinare la colazione, donne e uomini che indossano magliette con la stampa del Papa che ascoltano la messa passata in filodiffusione. Uno spettacolo incredibile.
Rimaniamo estasiati e ci sentiamo quasi dei pesci fuor d’acqua mentre Cesar ci scorta in mezzo alla folla, camminando tra seggiole di plastica e pellegrini ancora in siesta. Risaliamo la collina accanto per ammirare il sole che sbuca dalle nuvole basse illuminando la metropoli di Città del Messico sullo sfondo della basilica dal tetto dorato.
Il giro prosegue passando quasi a spintoni tra la folla che canta, batte le mani e grida “viva” rivolti ad un gruppo di preti che intonano musiche di festa dal balcone della basilica. Cesar ci spiega che questo posto é una meta estremamente significativa per tantissimi messicani che seguono la religione di Guadalupe, e sono arrivati in tantissimi per festeggiare domenica la ricorrenza del Dia de la Raza, ovvero l’anniversario della scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo. Visitiamo l’enorme interno della basilica e ci divertiamo a vedere l’ingegno messicano di mettere dei tapis roulant orizzontali per far sì che la gente non si fermi troppo di fronte alla raffigurazione di Maria al centro della chiesa.
Torniamo alla macchina stregati da questo spettacolo di comunità e grati di aver potuto assistervi. Sicuramente se non fosse stato per Cesar ci saremmo mai arrivati da soli.
Non sono neanche le otto e le strade cominciano a riempirsi del traffico mattutino: Cesar ci propone di fare colazione, così ci fermiamo in quello che potremmo definire un Denny’s messicano, con tavolini attorno a sedute in vinile e cameriere simpatiche che ti servono caffè a volontà da grosse caraffe in latta. Ordiniamo enchiladas di formaggio e omelette con verdure, mentre Cesar ci fa provare a moleta: fette di pane dorato al burro con sopra crema di fagioli e formaggio a cui aggiunge il pico de gallo, un misto fatto al momento di dadini di pomodoro, cipolla, lime e Tabasco. Una delizia. Chiudiamo con il pan del muerto: una sorta di panino fritto tipico, che a tratti ricorda il nostro pandoro, ricoperto di zucchero e con la marmellata nel mezzo.
Capiamo subito che i messicani vanno matti per lo zucchero: lo mettono in quantità mastodontiche dovunque e ogni occasione é buona per ingerirne un po. Non passa tanto infatti quando, raggiunto in macchina l’enorme parco di Chapultepec, Cesar ci offre un mazapàn: un disco di marzapane che i messicani consumano passeggiando. Un’altra bomba di zucchero e arachidi che sicuramente da una botta glicemica e ci permette di affrontare la salita per il castello al centro del parco. Visitiamo il museo nel castello, pieno di opere che raccontano i vari momenti della storia messicana, dalle conquiste spagnole all’indipendenza. Discendiamo la collina e ci dirigiamo al museo di antropologia: un enorme gioiello d’architettura che conserva migliaia di reperti dell’epoca precolombiana. Rimaniamo affascinati dalle sculture in pietra, gli utensili, le figure animali e i geroglifici così particolari e lontani da tutto quello che siamo stati abituati a vedere nel vecchio continente. Testimonianze di popolazioni meravigliose e in grado di creare templi enormi.
É tutto estremamente bello ma, complice la levataccia e le ore passate in piedi, Paolino comincia ad accusare un forte mal di schiena.
Decidiamo così che é tempo di comida, anche se stavamo ancora digerendo la colazione mastodontica.
Cesar così si ributta nel traffico del centro città, continuando a raccontarci le tante stranezze e contraddizioni della metropoli e non solo. “Mehico mahico” (Messico magico): così annuncia con un sorriso ogni volta che assistiamo a macchine che vanno contromano, motorini e pedoni che non rispettano i semafori, gente che si insulta a destra e sinistra, polizia ferma ad ogni angolo non per garantire la sicurezza ma intenta a capire come scucire soldi a cittadini o turisti distratti. Mehico mahico. Un modo quasi rassegnato di accettare con il sorriso una realtà che in una situazione italiana ci avrebbe mandato già ai pazzi.
Ci imbuchiamo in un piccolo ristorante mentre comincia a piovere fortissimo fuori, tipico finale della stagione dei monsoni.
Mangiamo tacos vegetariani con formaggio e funghi, mentre Cesar rischia di soffocarsi con una pasta ai gamberi.
Finiamo ovviamente con una tortilla imbevuta nel dulce de leche super zuccherosa e ci viene insegnato come si beve correttamente la tequila e la sangrita: un intruglio imbevibile piccante al pomodoro che dovrebbe togliere il sapore della prima ma ti lascia con la bocca a fuoco.
Ci trasciniamo fuori dal ristorante che ormai sono le tre del pomeriggio: il traffico é persistente e il jet lag comincia a farsi sentire. Cesar insiste per portarci ad un altro museo, il Soumaya, che si presenta come una struttura bellissima in mezzo ai palazzoni ma che dentro conserva riproduzioni di statue e quadri classici, molti dei quali italiani. Ci trasciniamo annoiati attraverso i vari piani. Stanchezza, schiena, jet lag e non voglio ammetterlo anche la tequila si fanno sentire.
Ne usciamo abbastanza in fretta mentre Paolo e Cesar si scrivono con Isotta per vedersi. Cesar, dopo uno dei discorsi sul fatto che a Paolino piacciono i panificati, fa lo splendido e ci porta in un panificio tipico che propone decine di rivisitazioni del pan de muerte e ciambelle super glassate.
Ci rimettiamo così in macchina per raggiungere il quartiere di Polanco, dove abita Isotta, mentre la città si prepara per la notte.
La cugina di Paolino ci accoglie in un appartamento bellissimo e accogliente, con tre cani desiderosi di coccole e una ragazza messicana che, Isotta ci spiega, vive lì e li porta in giro tutto il giorno quando lei é fuori per lavoro.
Scambiamo quattro chiacchiere davanti ad una birra, colmando gli anni in cui i due cugini non si sono visti e ripromettendoci di vederci domani per fare un po di fiesta insieme.
Usciamo dall’appartamento di Isotta alle otto di sera. Cesar é rientrato a casa a dormire mentre noi prendiamo un Uber che ci porta all’ultima tappa della giornata. Nella lista di musei da vedere oggi ne mancava solo uno: quello di Frida Khalo, ma non siamo riusciti a prendere i biglietti in tempo. Cesar così ci ha dato un’alternativa più “tipica”.
Arriviamo nella folla di fronte all’arena de México, ci facciamo perquisire ed entriamo a spintoni nel palazzetto dove é appena cominciato uno spettacolo di wrestling. Passiamo così la serata a divertirci guardando donnoni e giganti palestrati in maschera darsi botte per finta e volando in coreografie perfette, stupiti dalla folla scalmanata che urla insulti e canta canzoni per i loro beniamini preferiti.
Ma il sonno si fa sentire: abbandoniamo l’arena così prima della fine dello spettacolo per ficcarci si di un altro uber e rifugiarci in albergo.
Una giornata bellissima a contatto con il Messico vero. Grazie Cesar.Read more

















TravelerChe grande fortuna aver trovato un uomo come Cesar!Mi sembra di sentire la forza della sua gentilezza che annulla con un “magico Messico “ogni aspetto negativo.Sempre una questione di punti di vista… bellissimo quadro pieno di colorí questo spaccato di vita vera.