• Canyon del Sumidero

    October 16 in Mexico ⋅ ☁️ 23 °C

    Dopo ben 14 ore di sonno, Paolo sta meglio.
    Ci svegliamo presto. Fuori a San Cristobal de las Casas é coperto e freddo, come una normale cittadina montata in autunno. Facciamo colazione veloci, ci prepariamo e usciamo.
    Prima di partire per il Messico abbiamo prenotato su get your guide un tour del canyon del sumidero, un’attrazione turistica imperdibile per chi transita nella regione di Chapas a detta dei blog di viaggio.

    L’appuntamento con lo shuttle per partire é alle otto e mezzo del mattino nella piazza principale di San Cristobal. Usciamo belli bardati e facciamo tappa in un panificio per procurarci il pranzo, rimanendo delusi per il fatto che tutto ciò che vendevano di panificati era solo dolce. Compriamo comunque due pagnotte al formaggio e due fagotti i al cioccolato e marmellata.

    Arriviamo in anticipo in piazza e, mentre aspettiamo, ci godiamo l’ambiente di una cittadina messicana che pian piano si sveglia: donne in abiti tradizionali assieme a bambini piccoli che attendono i piccoli bus popolari scassati, un signore col cappello seduto ad una panchina che insegna a suonare la chitarra ad un cieco, due cani neri che giocano e chiedono coccole a chiunque per strada.

    Il nostro autista non tarda ad arrivare con un piccolo van e, dopo averci legato al polso un braccialetto di carta, ci fa accomodare assieme a due coppie di australiani e cinque ragazzi messicani.
    La strada per uscire da san Cristobal é stretta e trafficata ma presto siamo sulla stessa via che avevamo percorso in bus notturno per arrivare in paese.
    Io e Paolino siamo seduti sui sedili singoli, uno di fronte all’altro, mentre ci sorbiamo le chiacchiere degli australiani e dei messicani che, per tutta la durata del viaggio, non hanno mai smesso di parlare.

    Passiamo il centro di Tuxtla Gutiérrez, sicuramente più commerciale rispetto a San Cristobal ma allo stesso tempo dall’aspetto più povero e trasandato.
    Il piccolo van comincia a salire la montagna appena dietro, affrontando tornanti e curve nella foresta a 100 all’ora costanti.
    Un’ora e venti dopo essere partiti, ci fermiamo al primo spot sopra il canyon del sumidero: una vista bellissima a strapiombo di centinaia di metri sul fiume. C’è molta foschia e subito ci disinteressiamo della vista per concentrarci sul caldo allucinante che é salito - tanto da metterci in maglietta e spezzare i pantaloni - ma soprattutto dalle prime bestie che vediamo in giro: dalle bellissime farfalle arancioni, alle cavallette colorate (chapulites) ai ragni giganti appesi a ragnatele ancora più grandi tra le piante. Per riflesso, apro le salviette antizanzare e ci cospargiamo di citronella: dengue non oggi, grazie.

    Risaliamo sul van e cinque minuti di strada a tutta velocità dopo, arriviamo ad un altro viewpoint sul canyon, questa volta con una vista più larga, un edificio con terrazze in cemento e venditori di souvenir insistenti.

    É il momento di scendere, così il bus ripercorre al contrario la strada che ci aveva portato sopra il canyon e risale la valle da sotto. Un’altra ora a guardare fuori dal finestrino farfalle colorate e una vegetazione fittissima, con anche qualche minuto di sonno, per arrivare all’approdo delle barche.
    Ci vengono dati i salvagenti, mangiamo in velocità i panini (vecchi) comprati al mattino e ci sistemiamo tutti sulla chiatta verde, pilotata da un signore anziano, senza denti e che fa battutine simpatiche alle ragazze australiane in messicano veloce, sapendo che non avrebbero compreso un’acca.

    Il barcone prende velocità e sfreccia all’imbarco del canyon del sumidero.
    Ben presto le pareti attorno a noi si alzano di centinaia di metri, ricoperte da alberi e vegetazione tropicale fittissima. Passiamo sotto una cascata che sbocca dalla roccia e fa un salto di almeno duecento metri, lavandoci tutti e ridendo tantissimo. Fa caldo e la rinfrescata é solo che piacevole. Percorriamo a gran velocità il fiume guardando ovunque a bocca aperta. Il paesaggio é maestoso e magnifico: il sole ogni tanto fa capolino tra i nuvoloni messicani, illuminando fasci di foresta umida e rendendo tutto estremamente magico.
    Facciamo diverse tappe durante il percorso di due ore nel fiume per ammirare le bestie incredibili che popolano il canyon: dalla colonia di cormorani con le ali aperte al sole, agli aironi e i pellicani che seguono pacifici in volo la nostra barca ai coccodrilli che riposano a riva del fiume e una scimmia timida aggrappata ad un albero a cinquanta metri da noi.

    La barca sfreccia impassibile sullo specchio d’acqua marrone del fiume, uscendo dal canyon e percorrendo un tratto di giungla bassa, con il cielo terso e il sole che scotta.
    Ho sempre immaginato così il rio delle amazzoni e ovviamente ora sono ancora più invogliato a vederlo con i miei occhi, bestie permettendo.

    La barca attracca alla fine del fiume, superando bambini che nuotano felici e ragazzi che pescano con lenze a mano.
    Dopo aver dato la mancia al pilota, sbarchiamo a Chiapa de Corzo, dove l’autista del van ci aveva dato appuntamento per le quattro del pomeriggio. Sono appena le due e ovviamente la fame si fa sentire, come il caldo soffocante di una cittadina in puro stile messicano dei film western, con la piazza enorme e piena di persone sedute in siesta su panchine all’ombra dei pochi alberi.
    Trovo per caso su Google una pizzeria appena defilata dalla piazza. Paolino non se lo fa ripetere due volte: dopo giorni di cibo strano e mal di pancia, forse qualcosa che ricorda casa ci serve.
    Troviamo la pizzeria Casagrande in un vicolo, all’interno di quello che palesemente era un garage di un’abitazione. Siamo soli, ma il proprietario e la cuoca sono molto cordiali e ci fanno accomodare. Mangiamo una pizza vegetariana con funghi, peperone, cipolla, aglio (tanto) e queso: una pizza come tante mangiate in America, ma in una situazione così, in un buco a lato di una stradina puramente messicana, con l’aria ferma e calda, il sole e il cielo terso, una cumbia alla radio, é la pizza più buona del mondo.

    Paghiamo soddisfatti e diamo la mancia ai pizzaioli cordiali e raggiungiamo di nuovo la piazza di Chiapa, illuminata dal sole pomeridiano e con il silenzio della siesta interrotta solo dai clacson dei taxi che corrono a destra e a sinistra in cerca di clienti.
    Incrociamo anche la coppia di italiani che avevamo conosciuto ieri a San Cristobal e che avevamo salutato al canyon del sumidero. Loro avevano acquistato lo stesso tour da un altro operatore, ma praticamente hanno fatto il nostro stesso percorso, spesso incrociando anche la nostra barca.

    Scambiamo quattro chiacchiere su quanto ci era piaciuta l’esperienza e ci ripromettiamo di rivederci a San Cristobal per bere una cosa la sera.

    Aspettiamo così le quattro, seduti su una panchina all’ombra, finché non veniamo raggiungi dagli australiani e poi dai messicani.
    Ci ributtiamo nel van e, sempre a gran velocità, ripercorriamo la strada del ritorno, salendo su per le montagne ed entrando pian piano nelle nuvole che vedevamo da sotto.
    San Cristobal ci riaccoglie sotto una pioggerella leggera, e nuvole che corrono nel cielo al tramonto. Scendiamo dal van in piazza centrale notando una piccola folla che si era riunita per assistere ad uno spettacolo di danzatrici tradizionali messicane. Non facciamo in tempo ad avvicinarci per guardare qualche coreografia che la pioggia si intensifica e tutti si mettono al riparo, interrompendo lo spettacolo.
    Capiamo che non sarebbe cambiato nulla per un po, così facciamo un salto in farmacia a recuperare la crema solare che ahinoi sarebbe stata utile oggi. La pioggia si indebolisce e decidiamo di passeggiare un po per la via dei ristoranti, mentre un tramonto arancione fuoco illumina le nuvole piovose e la strada ciottolata. Saliamo la collina ad est del centro per vedere l’ultima piccola chiesa, scoprendo una messa in corso.

    Nel frattempo Paolo si sta scrivendo con gli italiani di prima e decidiamo di cenare assieme. Torniamo così in albergo a lavarci e alle sette e mezza ci incontriamo con Giulia e Alessandro, due ragazzi di Varese appassionati anche loro di viaggi in giro per il mondo. Passiamo una bella serata a raccontarci di esperienze in viaggio, ma anche di cucina, lavoro e vita. Beviamo vino bianco e proviamo una zuppa di pomodoro con, ahimè, mole.

    Ci spostiamo nella strada dei bar, per berci un’ultima pina colada troppo dolce e ci salutiamo quando sono ormai le undici passate.
    Forse ci re-incroceremo a Holbox, quando noi arriveremo e loro ripartiranno, oppure in Italia. É stato bello condividere per una volta le esperienze del viaggio con altri, ci fa sentire meno soli e che, in fondo, stiamo sempre facendo la cosa giusta a investire ciò che abbiamo per vedere il mondo.

    Torniamo in camera, prepariamo gli zaini e dritti a letto a mezzanotte.
    La sveglia di domani sarà la più difficile del viaggio.
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