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  • Day 21

    Amandi and "All By Myself"

    June 14, 2022 in Spain ⋅ ☀️ 24 °C

    "Hai provato a far capire con tutta la tua voce
    Anche solo un pezzo di quello che sei.
    Quante vite non capisci
    E quindi non sopporti
    Perché ti sembra non capiscan te"
    (Luciano Ligabue - Metti in circolo il tuo amore)

    Oggi avremmo voluto svegliarci un po' più tardi, ma si sa come funziona, i veri pellegrini (non noi) si devono alzare prestissimo e di conseguenza devono svegliare tutti gli altri.
    Quando mi alzo i miei compagni sono ancora tutti addormentati, e faccio colazione con la coppia spagnola e la buon anima di sua maestà Valdemar.
    Faccio tutti i preparativi di quella che è diventata la mia routine e sono pronto a partire.
    Solo Ale e Megan sono pronti a partire mentre Blondie decide di aspettare Chris, ormai il suo degno compare di ritardi.
    Iniziamo noi 3 da soli ma Ale inizia di prima mattina a rompermi i coglioni sul fatto di allontanarmi da Megan e di non fare la persona oppressiva.
    Ora, il consiglio sarebbe anche valido e azzeccato, se non fosse che io non le parlo da ieri pomeriggio e oggi non ci siamo detti neanche buongiorno. Se ha i suoi cazzi non sono certo colpa mia.
    Stizzito e incazzato come una iena, per queste parole dette da chi ha una visione superficiale della situazione, accellero il passo all'ennesima potenza così gli altri due possono parlare da soli, dato che Ale mi dice che non ha potuto parlare mai faccia faccia con Megan.
    Cosa tra l'altro non vera ma evidentemente anche questa è colpa mia.
    Passo subito un piccolo paesino ma non mi fermo al bar perché è troppo presto: non lo avessi mai fatto, i prossimi 20km sono il deserto di sogni e speranze per un misero caffè.
    La prima parte è sull'asfalto, ma ben torno presto tra i sentieri fangosi di boschi e colline e passo il mio tempo cantando e correndo lungo le discese; c'è un discreto dislivello spalmato lungo tutta la tappa. Non posso fare altro, perché non c'è proprio niente in mezzo alla tappa di oggi, e sopratutto non c'è anima viva. È un cammino fantasma. Ligabue mi dà consigli nelle mie cuffie, ma la cosa non funziona e sono ancora incazzato nel mio essere più profondo.
    Dunque, non ho con chi parlare e non ho dove sedermi, l'unica soluzione è continuare. Ale mi telefona e dice che sono tutti al bar, proprio quello a cui non mi sono fermato ma non ho nessuna intenzione di tornare indietro.
    Sono troppi kilometri avanti.
    In tutto il giorno vedo e sorpasso solo Marjoleine, la coppia spagnola con cui scambio due parole al volo, la Malcolm Squad che evito molto velocemente, e Lukas con cui faccio l'ultimo tratto prima di Villaviciosa.
    Sono le 12.15 e mi mancano solo 3km all'albergue e non ho mangiato proprio niente.
    Lukas si ferma in città, è la sua destinazione finale per oggi.
    Io bevo un caffè perché ancora alcune cucine sono chiuse, e cerco un altro bar che abbia qualcosa di già pronto per mettere qualcosa sotto i denti.
    Lo trovo, e una tortilla una radler, seduto come un girovago sulla panchina del parco, mi salvano la vita più di qualsiasi altro cibo gourmet al mondo.
    Sono le 12.45 quando esco da Villaviciosa e percorro un piccolo parchetto lungo un fiume, segue una statale dove tra un po' di tempo dovrei trovare l'albergue. Mi telefona Chris, ma loro sono molto più indietro e quando arrivo all'ostello in realtà è ancora chiuso.
    Sergio, l'hospitalero è molto gentile e mi chiede se sono venuto in moto.
    Sono distrutto e con tutta la faccia bruciata, penso che si veda che oggi non ho giocato per niente.
    Faccio la mia doccia, fredda purtroppo, e dopo 'lavo' a mano i vestiti. Mi chiama Ale che vuole sapere dove sono; loro sono ancora a Villaviciosa. Credo che pranzino e bevino la.
    Sono le 15 e sono seduto su quest'altalena a scrivere di questo giorno passato talmente veloce e in solitaria.
    Alla fine non mi lamento, ho fatto quello che volevo quando lo volevo e sono contento di avercela fatta da solo. Oggi è stata una sorta di "palestra del distacco' per prepararmi agli addii imminenti e futuri. E poi non essere turbato dalle emozioni altrui, seppur limitante, a volte è la cosa più necessaria da fare.
    In lontananza ancora non si vede nessuno.

    EDIT: Sono quasi le 4 quando i primi a spuntare sono Megan e Chris. Sono nel letto mezzo addormentato quando entrano e li saluto abbastanza formalmente, non ho voglia di condividere.
    E secondo me neanche loro.
    Parlo per lo più in italiano con Chris mentre con Megan c'è solamente un ciao ricambiato a stento dal sottoscritto.
    La mia idea di dormire passa in fretta quando sento in lontananza Matthew e la sua voce perentoria fare amicizia con Sergio. Quando quest'ultimo mi chiede se ho riposato gli rispondo che 'quando c'è l'australiano di mezzo è impossibile'.
    Ci racconta un po' della sua storia, di come ha aperto quest'albergue e di quando qualche hanno fa si è separato.
    Gli rispondo 'el amor es una enfermedad, cuando te despierte es muy tarde' e lui è completamente d'accordo con me.
    Parliamo anche di musica e film, e proprio adesso lo sento cantare Sabina mentre prepara la cena per tutti.
    Gioco anche con suo figlio Axel, c'è sempre un Axel nel nostro cammino, e sudo e mi sporco tutto dopo essermi già lavato.
    Non sono felice o tranquillo e mentre tutti parlano e scherzano sul prato con una ragazza, Erika, mezza inglese e mezza spagnola me ne sto in silenzio sull'altalena ad ascoltare.
    Mi sento svuotato e completamente apatico, e mente loro giocano a briscola, non ho voglia di fare niente.
    Credo che ho un principio di insolazione ma non è per questo che mi sento così.
    La cena preparata da Sergio è buonissima e a noi si aggiungono anche due catalani simpaticissimi, Juan e Michelangel, che neanche a dirlo fanno amicizia con Matthew.
    La scena è tutta sua, e il suo modo di parlare, intrattenere, ridere sempre e anche rendersi ridicolo conquista tutti.
    Anche Chris è di quella pasta la, e il suo modo di parlare mezzo inglese, un po' in Italiano e mezzo in finto spagnolo intrattiene tutti.
    Non nascondo che sono un po' invidioso del loro modo di fare.
    Io in tutto questo sto nel mio, seduto un po' in disparte.
    Preparate una tavola imbandita, mettete gente che beve vino e fa festa e state sicuri che, non si sa come ne perché, sarò all'ultimo posto all'estremità del tavolo. Voglio dire, non lo faccio apposta, mi ci ritrovo, è un indole naturale, un modo di essere intrinseco, un superpotere al contrario.
    E poi alla fine non ho niente da dire, c'è già Matthew che parla per tutti quanti. Queste cene sono tutte un susseguirsi di 'ho fatto questo… ho fatto quello...devi andare là è bellissimo…sono stato qui e ho mangiato la'.
    Non ce la posso fare, per me sta diventando troppo, quasi come il problema della lingua.
    È come se stessimo giocando a carte, come a briscola i ragazzi oggi, ed io avessi in mano carte senza alcun valore e loro avessero tutti gli assi da 11 punti.
    In effetti la metafora calza a pennello perché in un momento imprecisato Matthew e i catalani filosofeggiano sulla frase "la vita è una partita a carte' e alcuni danno la loro opinione in merito. Matthew chiede la mia ed io rispondo semplicemente 'non lo so' perché non ho le forze per fare questi discorsi in inglese adesso, e Megan sembra infastidita. Oggi non ci troviamo proprio.
    Mica avrei potuto dire che per me se nasci con delle carte di merda puoi solo cercare di limitare i danni sperando di cogliere dal mazzo l'occasione giusta con la tua perseveranza e quel pizzico di culo che fa tutta la differenza del mondo.
    Facciamo i complimenti a Sergio per tutto questo e tutti gli dicono che è l'albergue più bello fin ora nel cammino.
    Io evito simili sviolinate ma mi trovo d'accordo, e gli stringo la mano quando mi dice che 'Y sin Embargo' di Sabina è la sua preferita perché parla esattamente della sua vita.
    Ci spostiamo fuori e Erika canta due canzoni alla chitarra, dove Matt cerca di fare il solista ma è terribile quanto me, e in seguito giochiamo al panuelo (rubabandiera) ma cadiamo più o meno tutti perché l'erba è umida e pericolosa.
    La prima a cadere è Megan e per la prima volta oggi le chiedo se sta bene o se si sia fatta male. Mi sono preoccupato davvero. Risponde di no, non so se sia vero o meno perché dopo la prima partita non gioca più.
    Probabilmente gran parte del mio malessere dipende da questa distanza tra me e lei che è solo il preludio di questo problema più grande fatto di barriere, possibilità e capacità.
    Il fatto di non poter essere naturale, di non poter scherzare con facilità nella sua lingua e di poter essere coinvolto e coinvolgere mi fa sentire a disagio, quasi escluso e di conseguenza mi autoescludo io stesso.
    Già ho problemi nella mia lingua, figurarsi nella loro: e sono invidioso di chi invece questo ' privilegio' ce l'ha.
    Megan dice 'per quanto ho riso mi fa male la pancia' ma nessuna di quelle risate è stata merito mio.
    Meno male che non legge questo diario, perche agli occhi di una persona poco interessata sarei solo un lamentoso che ha bisogno di andare in analisi; e lei è stanca di uomini estenuanti.
    Durante la cena Michelangel dice una cosa in catalano ' il cammino ti dà quello di cui hai bisogno e a volte quelle che meriti'.
    Ma se conosco cosa ho bisogno e non posso averlo, invece cos'è che merito?



    PS: "Hai fatto tutta quella strada per arrivare fin qui
    e ad ogni sosta c’era sempre qualcuno
    e quasi sempre tu hai provato a parlare
    ma non sentiva nessuno!"
    (Luciano Ligabue - Il Peso Della Valigia)

    PS2: 'pero si estas cansado nel Kansas donde te desKansis'😅😅😅
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