Wilanow + Stadio Nazionale
18 novembre 2018, Polonia ⋅ ⛅ 0 °C
Questa notte non ho dormito bene; ho sentito caldo e Maurizio ha leggermente invaso la mia parte del letto.
Sinceramente invidio parecchio la sua capacità di dormire in ogni situazione incurante dei pensieri e delle preoccupazioni.
È una persona che stimo molto.
Siamo scesi a fare colazione, e oggi sapevo benissimo cosa scegliere tra la moltitudine di cibo offerta dall'albergo.
Quindi ho fatto incetta di piccoli croissant, pezzi di torta e omelette; tutto buttato giù con un bel cappuccino caldo.
Siamo usciti e la giornata si è mostrata subito fredda e leggermente piovosa; stavolta però non abbiamo avuto difficoltà a trovare la linea giusta e dopo un tragitto abbastanza lungo siamo arrivati a Wilanow per vedere quella che, un tempo, era una residenza reale e che adesso è diventata un museo.
Dopo qualche foto all'esterno e all'ingresso (dove i miei compagni di viaggio hanno incontrato dei loro fratelli polacchi che predicavano) siamo entrati ed abbiamo acquistato i biglietti per vedere il primo piano. Anche qui devo ammettere che ho capito ben poco di tutta l'arte che ho potuto ammirare; molto meglio per i miei occhi profani la visione successiva dei giardini esterni, forse non particolarmente belli ma che mostravano il loro fascino leggermente innevati.
Per la prima volta, non solo per il freddo, ho realizzato di essere più a nord nel mondo di quanto io sia mai stato.
Spero questo sia solo l'inizio di una vita piena di viaggi, e il nord mi affascina tantissimo.
Ci siamo dilungati parecchio tra l'interno e l'esterno del palazzo e tutto questo insieme al tragitto di ritorno ci ha fatto arrivare in città all'ora di pranzo.
Abbiamo pranzato nuovamente da Mommo Good Food e fortunatamente questa volta il locale era vuoto.
Non ho consumato una zapiekanka ma ho preferito andare sul classico e scegliere un pezzo di pizza più una sorta di piadina ripiena.
Ma il cibo non era importante; non riuscivo a togliere gli occhi di dosso dalla ragazza al bancone.
Non so cosa mi attraeva di lei, e neanche i miei compagni di viaggio riuscivano a capirlo.
Sembrava una ragazza tranquilla, dai lineamenti semplici e i modi gentili. Ogni tanto canticchiava qualche canzone anglofona che passava alla radio, e ogni tanto ridacchiava con il suo collega chissà per cosa.
Forse parlavano di noi mentre noi parlavamo di loro. Che strana vita è questa...
A pensarci bene ho paura che la sua bellezza semplice e rassicurante e i suoi capelli neri mi ricordassero Giulia.
Chissà quali erano i suoi sogni? Qual era la sua storia? Chissà dove voleva essere in quel momento.
Probabilmente era ed è tutto nella mia testa.
Usciti dal locale, abbiamo trovato quasi subito un tram che ci portasse allo stadio Nazionale dove la Polonia gioca le proprie partite casalinghe. Qui abbiamo fatto il minitour dello stadio e degli spogliatoi, dove la nostra guida (credo si chiamasse Henryk) ci ha spiegato in un inglese davvero perfetto tutti i piccoli aneddoti sulla struttura e sulla squadra.
Abbiamo anche parlato di Italia e Polonia in generale.
Sono rimasto piacevolmente sorpreso di riuscire a capire il 90% di tutto quello che diceva; segno che il mio inglese dopo il cammino non è peggiorato tantissimo nonostante io non abbia più fatto pratica.
Ho fatto anche da interprete per i miei compagni che, purtroppo, non riuscendo a capire i discorsi di Henryk ridevano e scattavano foto mentre lui spiegava.
Mi domando se ad Henryk piaccia il suo lavoro o se spiegare ogni giorno a turisti occasionali e poco interessati le stesse cose, a lungo andare lo faranno uscire fuori di testa.
Alla fine dei conti è stato bello ascoltarlo e parlare con lui, inoltre la vista di uno stadio del genere, moderno e funzionale, anche se senza manto erboso per il freddo, è stata un'esperienza davvero interessante.
Salutato Henryk e visto il panorama dal punto più alto dello stadio abbiamo corso fino alla linea tranviaria per prendere il primo tram diretto verso il museo della prigione nazista di Pawiak che avrebbe chiuso entro un'ora.
Purtroppo, anche se arrivati in tempo, il museo era già stato chiuso poiché da qualche giorno gli orari erano cambiati e non erano stati riportati su Internet. Con nostra grande delusione la nostra visita al museo, la parte più storica e sociologica del nostro viaggio, si era conclusa prima di cominciare.
Il nostro tempo a Varsavia stava per scadere; abbiamo passato le ultime ore al centro commerciale dove, dopo un lungo incerto girovagare tra i vari ristoranti e fast food, abbiamo scelto una pizzeria e ci siamo accomodati per la cena. La pizza la ricordo ancora, sul momento non era orribile ma adesso solamente il suo ricordo già mi fa venire la nausea.
Mentre mangiavo, con mia grande sorpresa, mi è giunto dopo tanti mesi un messaggio di Eva; le avrei risposto qualche ora più tardi prima di andare a dormire.
Successivamente abbiamo passato un po' di tempo nella stazione centrale, immensa e piena di gente nonostante l'ora tarda, dove i miei compagni di viaggio cercavano qualche calamita o souvenir da portare ai familiari in Italia.
Maurizio ha trovato qualcosa da prendere all'Hard Rock: così Christian e Michelle saranno sicuramente contenti di avere qualcosa per ricordo.
Io ho preso un piccolo ciondolo; la mia idea era quella di regalarlo a Daniela, ma in effetti non ho ancora deciso cosa succederà.
Tornati in albergo ci siamo dati appuntamento per le 4.00 in punto della mattina, e dopo aver fatto e bevuto il pessimo caffè solubile in dotazione sul comodino, mi sono messo a letto.
Ho scritto qualche riga per Eva e successivamente ho provato a dormire senza successo.
Quelle sarebbero state le prime ore di una brutta influenza intestinale che mi avrebbe tenuto a letto per quattro giorni.
Tornare in Italia non è stato facile per me e Gaia malati ma anche per i miei amici che hanno dovuto assisterci mentre vomitavo in bagno in aereo (povero Maurizio).
Ho sofferto tanto in quelle ore e non ricordo tantissimo del viaggio di ritorno; so solo che non devo aver dato una bella immagine della mia persona.
Scrivo queste ultime righe giorni dopo il ritorno dal viaggio perché, tra la malattia e il lavoro, non ho avuto tempo di riordinare i pensieri.
Nel complesso mi sono divertito, avrei voluto vedere di più ma ci sarebbe voluta una settimana.
Spero di tornare, un giorno, a Varsavia per approfondire la visione panoramica che ho avuto in quel week-end.
Grazie a Maurizio e a Massimo con la sua famiglia per l'opportunità, la compagnia, le risate, e l'aiuto nel momento del bisogno.
Al prossimo viaggio...Leggi altro