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  • Day 25

    Hiroshima e Nagasaki

    April 15, 2023 in Japan ⋅ 🌧 14 °C

    Come nessun'altra città al mondo, credo, i nomi Hiroshima e Nagasaki sono uno schermo. Se li senti nominare, pensi subito a una cosa; e non ti viene neppure in mente che ci possano essere ancora città, dietro, quasi debbano essere per sempre quella cosa lì, dei musei a cielo aperto. E basta. E perciò, entrambe sono una sorpresa: ben lungi dall'essere dei martiri, sono città belle vive, che davvero vale la pena visitare, e molto diverse tra loro anche. Nagasaki - la prima che abbiamo visto - è un po' sonnacchiosa, molto camminabile, con una storia che la rende parecchio diversificata, e a cui tiene: qui c'erano portoghesi, olandesi, cinesi, era un porto franco quando tutto il resto del Giappone era chiuso agli stranieri; e l'eredità di quel passato si vede ancora oggi. Qui son nate la tempura e le castella - dolci di pan di spagna - entrambi portati dai Portoghesi e ora una specialità in tutto il Giappone. Hiroshima è più vivace, un fiume continuo di gente, forse meno cose da vedere ma un centro di negozi e innumerevoli ristoranti, con un bellissimo giardino in stile giapponese e un castello; anche qui vanno fierissimi dei loro okonomiyaki, una sorta di frittata anch'essa base della cucina giapponese. Qui e lì, la sera la gente si veste bene e va a mangiare e bere nei minuscoli bar che a centinaia affollano le strade, spesso ai secondi o terzi piani dei palazzi, giusto una stanza piena di bottiglie (sake o whisky o gin), un barista, qualche tavolino oppure in piedi. Non ci stanno tante persone, spesso la clientela è sempre la stessa, e "a pelle" fanno davvero tanta allegria. Insomma: si vive bene, è l'impressione.

    Ovviamente però visitare Hiroshima e Nagasaki vuol dire visitare città speciali che - con coraggio ed orgoglio - convivono con i due momenti di assurda distruzione che in due mattine di quasi 80 anni fa le resero per sempre dei simboli. E richiede di porsi in ascolto, perché qui mettono bene in chiaro che non devi andar via senza portarti dietro un messaggio. E' quasi un pellegrinaggio, ed è un momento davvero solenne.

    Ambedue le città hanno nominato allo stesso modo i luoghi del ricordo, "Peace park"; ci vai, e il tempo sembra frammentarsi e, di nuovo, scomporsi in momenti. A Nagasaki, un tori (le porte dei templi giapponesi) si regge su una colonna sola, mutilato dall'onda d'urto. A Hiroshima, la cupola del palazzo delle esposizioni, contorta come un quadro di Picasso ma miracolosamente ancora in piedi. A Nagasaki, una scolaresca in visita, le espressioni serie sotto i pochi ciliegi ancora in fiore, vicino all'obelisco che marca il punto 500 metri sopra il quale esplose la bomba. A Hiroshima, i visitatori in coda ordinata al mausoleo dei caduti, per inchinarsi e rivolgere una preghiera. A Nagasaki, una vecchina in sedia a rotelle che passa piano vicino alle teche del museo diocesano, piene di calici e tabernacoli distorti e fusi dal calore, e sfiora il vetro, l'espressione assorta e pensierosa, forse ricordando. A Hiroshima, la campana della pace, che ogni visitatore può suonare in segno del proprio impegno perché non si ripeta quel che è successo, e il suo suono solenne accompagna tutta la nostra visita al parco - qui non hanno le campane a morto, ma è quel che viene in mente, ed è un'emozione forte. E dappertutto, ghirlande di origami di gru, fatti di foglietti coloratissimi di carta, a ricordare la storia di Sadako, la bambina malata di leucemia per le radiazioni, che sognava di piegarne 1000 e poter così guarire. Storia che avevo sentito alle scuole elementari, e tanti anni dopo, oggi ho capito davvero.

    Quel che soprattutto colpisce è la dignità. Nessuno dei messaggi scritti nel parco, sulle placche, nelle guide, punta il dito su colpevoli. Nessuno lamenta di essere stati vittima di qualcosa di orrendo. Tutti sono rivolti al futuro: questa sofferenza, tutte queste persone, singole persone, ognuna con la sua propria storia, che sono scomparse in quei due attimi, e che sono troppe per essere anche solo contate; tutto questo deve dimostrare al mondo che non c'è altra possibilità che la pace. E anche qui, come cinque mesi fa a Tuol Sleng, mi colpisce come chi scrive si rivolga direttamente a noi due: se hai visto tutto ciò, se ti ha colpito, parlane. Non restare in silenzio. Lavora per la pace, e per la dignità di queste persone senza nome, perché loro non possono più farlo.

    E poi, come sempre accade, il tempo riprende a scorrere, vicino a entrambi i parchi ci sono aree di gioco per i bambini, e altri piccoli ristoranti, e il rumore di chiacchiere e risate - tutt'altro che fuori luogo, perché è l’esatto contrario del rumore delle bombe - ci riporta a Hiroshima e Nagasaki, quelle di oggi, che ricordano e raccontano. "La città di Hiroshima si impegna a preservare *per sempre* questi simboli", si legge su una placca; e mi auguro che davvero questo messaggio non si affievolisca mai.
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