Corea e Giappone

March - April 2023
A 37-day adventure by Germano Read more
  • 11footprints
  • 4countries
  • 37days
  • 125photos
  • 2videos
  • 20.7kkilometers
  • 16.9kkilometers
  • Day 1

    Inizio

    March 22, 2023 in Austria ⋅ ☁️ 19 °C

    Dieci giorni, e si riparte. Ormai siamo assuefatti, l’aeroporto è molto più simile a una fermata di un bus di lusso che al luogo sconosciuto che era sette mesi fa, e l’eccitazione è un po’- va detto - stemperata. Meno eccitazione forse, ma sempre una bellissima atmosfera: quello che non è cambiato è il gusto di partire, la promessa di nuovi posti e cose interessanti e belle. È l’ottavo viaggio di questo anno, e non siamo decisamente ancora stufi! Non penso lo saremmo mai, c’è semplicemente troppo da fare, nel mondo 😄

    E quindi ora dirigiamo i nostri passi verso una delle mete che abbiamo sempre avuto in testa, da quando abbiamo deciso ‘sta cosa: la Corea del Sud, e se tutto va bene proviamo a fare una capatina in Giappone, Kyushu. Asia di nuovo, Asia diversa, luoghi esotici ma un po’ familiari, in Giappone ci siamo già stati e… ci è assolutamente rimasto negli occhi, abbiamo una gran voglia di tornare! Forse per questo siamo più tranquilli, in un certo senso sappiamo cosa ci aspetta, ma mai come in estremo oriente le sorprese - e diciamolo, quel che ci piace, le cose inutili ma interessantissime 😄 - sono sempre dietro l’angolo! 😃

    Si comincia con un simpatico e per nulla noioso stopover di 7 ore a Vienna 😒 giusto tempo per una schnitzel o tre, poi 11 ore di volo e sarà già Seul! 🤩 Ciao a tutti!
    Read more

  • Day 4

    Seul

    March 25, 2023 in South Korea ⋅ ☁️ 17 °C

    Equipaggiati con felpe abbinate - da vera coppia coreana - e una solida conoscenza di k-drama, i telefilm di qui che nel mondo e in casa Rizzo sono molto apprezzati, ci sentiamo già di casa. Ma proprio appena scesi dall’aereo! L’atmosfera è cordiale e accogliente, il tempo è bello, i cartelli sono deliziosamente incomprensibili e insomma, tutto come piace a noi.

    Denny però ci avvisa: i k-drama non sono la realtà! Esattamente come in Italia non siamo tutti Pierfrancesco Favino, sulla società coreana c’è molto di più da dire. Bene, bene, rispondiamo noi: e li tempestiamo di domande. 😄 Denny e le sue tre colleghe sono il nostro gentilissimo comitato di accoglienza in Corea: quattro studenti universitari, parte di un gruppo di volontari che fanno da guida gratuita per le strade di Seul. Li abbiamo trovati per caso grazie al consiglio di una coppia australiana del nostro ostello, ed è proprio bello avere qualcuno che ti spiega bene non solo le suddette strade di Seul, ma soprattutto la Corea, che è fatta di 49 milioni di persone… molto caratteristiche, almeno ai nostri occhi! Ma sulle usanze coreane ci tornerò, è davvero interessante 😄

    K-drama o no, la Corea è una di quelle nazioni in cui ti verrebbe voglia anche di viverci. Ordinatissima, ma anche un po’ disordinata negli angoli, che è bello: i negozi hanno spesso la merce accatastata in strada, giri l’angolo e trovi mucchietti di spazzatura messi bene in attesa di essere raccolti; Seul è molto moderna ma con dei bellissimi quartieri tradizionali, negozi di oggettistica di design vicino a botteghette di cosedicasa. Un piacere da girare. E i coreani sono atipici per essere asiatici: amano uscire tra amici, stare in compagnia, parlano forte, bevono, hanno la fama di essere modaioli, non so quanto sia vero ma di certo per la sera si vestono bene. Insomma, siamo anche un po’ simili 😄 e girare per i quartieri della movida - Itaewon, Hundae, Gangnam - è davvero divertente.

    I primi due giorni (anche di recupero del fuso orario) sono andati via come nulla. Non parlano molto inglese, le indicazioni stradali sono quasi sempre solo in coreano, il cibo è… difficile 😅, ma finora è stato uno degli impatti migliori con un paese così diverso. Ora andiamo a Jeonju, assolutamente da non confondere con Yeonju, Jinju, Gwangju e (Dio non voglia) con Gyeongju, ma dovremmo aver preso il bus giusto: finalmente di nuovo sulle strade dell’Asia! ✌🏻🇰🇷
    Read more

  • Day 5

    Jeonju

    March 26, 2023 in South Korea ⋅ ☀️ 16 °C

    Per tre notti dormiamo in un hanok, una casa tradizionale coreana. Jeonju è una città molto grande, 700'000 abitanti, che vanta il più grande villaggio tradizionale della Corea del Sud; ed è quindi naturale che ci siano molte di queste pensioncine davvero carine, dove dormire è un po' particolare: eccoci pronti! 😃 E in effetti un po' particolare lo è. La camera è minuscola, 3x3 metri circa, non ci sono sedie, non ci sono mobili se non un tavolino minuscolo e il frigo. Si fa tutto a terra, il che è molto scomodo, ma forse dopo un po' ti abitui. Un involto nell'angolo è il letto, che ovviamente va fatto per terra, ed occupa praticamente 3/4 di stanza... il gentilissimo vecchiettino ci spiega a gesti: metti il materassino, il lenzuolino perché se no il materassino si suda, i piccoli cuscini e poi la trapunta. Facile! E com'è? Beh, se vi piace il materasso duro, non ha uguali: il materassino è 5 cm di spessore, il pavimento è solido (a differenza che in Giappone), una certa rigidità... si sente. Io ci vado a nozze, Erika un po' meno, in ogni caso il problema principale è un altro. Perché in Corea c'è riscaldamento a pavimento, quindi è come dormire su un termosifone, per di più coperto da un materasso. Buono per i reumatismi! 😂 Comunque col freddo che c'è fuori non è tanto male, in fondo, ed è tutto talmente strano che... per noi è un grandissimo sì!!

    Fuori dall'hanok, Jeonju è un carnevale continuo. Le poche facce di turisti stranieri che si vedono sono sommerse dalla folla di coreani che vengono qui per una sola cosa: farsi foto! Ci sono file di negozi che noleggiano costumi tipici per pochi won, e tutti i giorni le strade sono letteralmente invase di coppiette, famiglie, scolaresche, gruppi di signore anziane, tutti in vestito più o meno tradizionale (non posso credere che si vestissero di tulle bianco!) che si fotografano davanti alle case, nei mini-set a tema dei negozi, nei templi, o un grande classico: un muro bianco e via scattare. Tutti comprano spiedini di cose che vanno dalle fragole caramellate ai calamari (non assieme), macchinine elettriche sfrecciano di qua e di là, e poi i banchetti di lettura dell'oroscopo (tanti!), i tirassegno (in centro!), i musei, i negozi di prodotti, rigorosamente dell'Isola di Jeju - che per i coreani è una specie di giardino dell'Eden. Jeonju in sé è davvero carina, ovviamente; ma questo show a cielo aperto è assolutamente la cosa da vedere, qui.

    E alla fine passiamo tre giorni molto pieni, tra giretti, musei e deliziose biblioteche, passeggiate sul lungofiume dove dovrebbero esserci le lontre ma purtroppo no, difficili chiacchierate con il nostro padrone di casa che non sa l'inglese però in qualche modo ci si arrangia lo stesso, escursioni alla città nuova con la zona commerciale, attenta selezione dei ristoranti dove andare a mangiare e soprattutto l'eterno dilemma: cosa mangiare stasera. Staremmo qui molto a lungo, è come un grande film; ma prima o poi muoversi bisogna, e quindi eccoci sul bus, tre orette e via! Destinazione Busan! 😃
    Read more

  • Day 8

    Busan

    March 29, 2023 in South Korea ⋅ 🌙 14 °C

    In 7 giorni abbiamo scoperto tante cose.

    In Corea del Sud non parlano inglese quasi per nulla. Però gente cordiale e aperta ne trovi tanta, e allora sfoderano quelle tre parole per chiederti da dove vieni e dire che bella l’Italia, o fanno direttamente lunghi discorsi in coreano e pazienza che non capisci. Comunque aiuta molto sapere giusto come si dice "ciao" e "grazie": anaseioooo! kansamidaaaa! non so come si scrive però. E' tutto molto pulito, ma non c'è un cestino delle spazzature a pagarlo oro, in giro. I rettilinei nei quartieri residenziali sono spesso fatti a “S”, per far rallentare le macchine e lasciare più spazio a marciapiedi ed alberi per i pedoni. D’altronde auto ce ne son poche, in città si usano i mezzi. I mercati sono grandi e affolatissimi, con banchi ordinati pieni di colori (e odori!), cibo, vestiti, pentole, vasellame. Se hai la barba, per quanto ordinata, attirerai sguardi strani; anche perché gli unici con la barba che abbiamo visto sono i rari senzatetto. D'altro canto i sudcoreani sono molto attenti all'estetica: la chirurgia plastica è diffusa, ed è normale farsi qualche ritocco già prima dell'università; e in giro si vedono normalmente persone con la faccia fasciata. E alla sera i bagni pubblici sono pieni di ragazze che si truccano, ma proprio pieni; e non è raro trovare uomini truccati e stilosi con la loro borsa. La cosmesi è una mania nazionale! Tutti poi paiono precipitarsi nei tantissimi self photo shops, dove ti danno cerchietti da capelli e piccoli travestimenti e puoi farti foto a centinaia. Oppure fuori, tra i ciliegi in fiore. A una certa età però le donne paiono farsi tutte una permanente da urlo, allargarsi un po' e cominciare a godersi la vita, comprese le rughe: vanno via in gruppo e fanno un sacco di allegria. Qui si va al dancing anche alle quattro del pomeriggio e si provano le mosse in strada! 💃🏻Ah, l'età: i coreani nascono che hanno un anno di età, per la legge, e il compleanno di tutti è il primo gennaio. Quindi se nasci il 31 Dicembre, il giorno dopo compi due anni. Purtroppo questa cosa finirà a Giugno 2023, quando si adegueranno allo "standard internazionale". E, ecco: il 45% si chiama Lee, Kim o Park, di cognome. E tutti questi Kim, Lee e Park mangiano a tutte le ore, e adorano le loro tradizioni e il loro cibo: è relativamente raro trovare ristoranti non coreani, al massimo sono Giapponesi... un po' come in italia non trovi moltissimi ristoranti non italiani, non quanto nel resto del mondo insomma. La Corea del Sud e l'Italia hanno altre similitudini: quasi la stessa popolazione (ma in un territorio 3 volte più piccolo, loro); quasi lo stesso PIL; quasi la stessa composizione sociale. E la stessa voglia di stare tra amici, lo dicevamo all'inizio, e una certa ugual propensione al bere alcolici. E se adorano il caffé, lo pagano anche tantissimo: almeno 3€ per un espresso, l'abbiamo visto anche a 7, pazzi! Invece la metro costa poco, ma è l'unica cosa che non puoi pagare con la carta di credito, davvero strano. In Corea del Sud siamo stati bene, anzi benissimo: non sappiamo se consigliarla, perché non c’è qualcosa di particolare da vedere; ma quello che ci è piaciuto, e tanto, è proprio l'esperienza, tutta questa diversità, tutte queste cose che ho scritto e molte di più, andare in giro per strada o nei mercati o nei centri commerciali o nei parchi e trovare qualcosa di nuovo dietro ogni albero, vicolo, insegna, i gadget inutili e carini. Bello 🤩

    Oggi prendiamo la nave da Busan a Fukuoka, e sbarchiamo in Giappone. Un po' di paturnie per i documenti (tutto pare fatto per chi arriva in aereo, speriamo bene sia lo stesso) ma ce la dovremmo fare. In Corea ci torneremo per un'altra settimana, prima di rientrare; anaseioooo Busan, aspettaci! 😃

    PS: nella nostra camera c’è un kit di emergenza con funi e carrucole, per calarci dal terrazzino in caso di incendio. Ecco.
    Read more

  • Day 11

    Fukuoka

    April 1, 2023 in Japan ⋅ ☁️ 23 °C

    Ci svegliamo nella nostra stanza minuscola e andiamo a vedere i ciliegi 🌸. Inciso: a Fukuoka pare proprio che tutti gli hotel dicano: perché fare stanze grandi che poi devo pulire, 11mq sono anche troppi, aprite le valigie sul letto; e si adeguano religiosamente a questa linea. Ma tutto sommato ti ci abitui, in 11mq ci fanno stare pure la vasca da bagno e alla reception sono estremamente gentili, quindi alla fine va anche bene.

    Quando stavamo pianificando di venire in Giappone, le previsioni sui ciliegi (che qui sono come le previsioni del tempo) dicevano: a Fukuoka, metà Aprile. Poi, man mano che passava il tempo, la data si spostava sempre più verso fine Marzo. E così, sia come sia, siamo arrivati qui nel culmine della fioritura, nel weekend più popolare e costoso, tipo il carnevale di Venezia del Kyushu, e coincide anche con un giorno speciale per Erika e me. Perciò... andiamo a vedere! 😃 Perché i ciliegi in Giappone sono una delle cose più importanti, anche più del sake, anche più dei templi. Perché dall'Italia uno dice: ma che avranno 'sti giapponesi coi ciliegi? Son solo ciliegi! Perché siamo nel posto giusto al momento giusto, ed è veramente una di quelle cose da "una volta nella vita"!

    Quindi andiamo nel parco Maizuru, consigliatoci dalla servizievole e carinissima receptionist perché non è il più grande ma è vicino, e poi è sabato per cui c'è tanta gente. Andiamo, e...

    L'impatto è incredibile. E' letteralmente pieno zeppo di ciliegi, ti si presentano davanti tutti d'un colpo, senza foglie, solo con questi rami dalla forma perfetta carichi di fiori rosa; ogni tanto alberi di pruno, con rami ancora più carichi di fiori grossi e carnosi; a ogni alito di vento una cascata di petali scende in spirali perfette (davvero come nei film) sulle migliaia di persone che sono sotto a guardare. Le persone: fanno picnic sul prato, si aggirano tra i vialetti sotto i rami rosa, i tantissimi bambini giocano assieme, gli anziani, accompagnati dai figli, sorridono e guardano in su. Sembrano (e sono) felici e un po' ubriachi per tutto questo spettacolo, per il cielo azzurro e le forme dei rami, per i fiumi rosa di petali che galleggiano: e forse il segreto è anche questa mania collettiva, questa grande serenità di tutti che si respira nell'aria e ti contagia. E' bellissimo.

    E forse potrebbe essere così solo qui, un paese in cui la natura è più vera del vero, dove abbiamo visto operai disporre zolle di muschio a lato dei vialetti per farli più selvatici, attorcigliare i rami degli alberi con del filo di ferro per farli crescere più drammatici, tutto qui è guidato su canoni di estetica che sono assieme maniacali ed eccezionali. Ma per una volta il risultato è davvero pazzesco, raramente abbiamo visto una cosa così semplicemente... bella: continuo a ripeterlo, ma è davvero la parola italiana che più descrive.

    Vediamo un signore anziano su una panchina. Ha cappello, bastone da passeggio e un altoparlante alto 30cm che spande nell'aria musica lirica. Ci fermiamo. Ci sorride un: "Pavarotti", e approva benevolo che siamo italiani, come Luciano. Erika si siede accanto, ascoltiamo per un po'. Intanto dei bimbi si inseguono felici, senza fare troppo baccano. Ci alziamo, sorridiamo, il signore fa un cenno del capo, accenniamo un inchino. Andiamo.

    PS: Un Haiku ci vuole.

    La campana del tempio tace
    Ma il suono continua
    Ad uscire dai fiori

    -- Matsuo Basho, 1644-1694
    Read more

  • Day 13

    Beppu

    April 3, 2023 in Japan ⋅ ☀️ 16 °C

    Siamo a Beppu, sulla costa nord-est del Kyushu; e Beppu in Giappone vuol dire: terme! 🥳 I giapponesi sono veramente matti per le terme, ne hanno tantissime (essendo fondamentalmente un paese di vulcani e terremoti) e Beppu ne è tipo la capitale. Ci siamo trovati (quasi per caso) una bella casa giapponese stile antico, piena di fascino e... una certa scomodità! Scale strettissime, a livello "lasciamo le valigie giù"; bagni evidentemente aggiunti dopo la costruzione; sedie senza gambe, nella zona notte, per sedersi comodamente a terra; e niente doccia: qui si lava(va)no nei bagni pubblici. Un po' disagevole, ma davvero nulla in confronto all'assoluto incanto di dormire "come una volta". Un bel colpo di fortuna!

    Nonostante sia anche una città di mare, qui come dicevamo lo show è tutto per le terme: i simboli di ♨️ sono davvero dappertutto, ce ne sono tantissime, ognuna con la sua particolarità, alcune molto antiche, tutte… completamente diverse da quel che siamo abituati! 😃 Innanzitutto, chiariamo che in Giappone si va alle terme non tanto per stare mollemente adagiati nell'acqua caldina, ma in buona parte per lavarsi. Anche perché l'acqua delle piscine è a 45°, ci puoi stare per poco prima di rischiare il collasso; addirittura cuociono le verdure sui soffioni di vapore, è una cosa tipica della zona. Perciò il termista (?) giapponese arriva, compra il biglietto alla macchina automatica, si mette gli zoccoli forniti dalla struttura, entra in spogliatoio, si denuda (rigorosamente separati maschi e femmine, con qualche ovvia eccezione per i bambini), poi si accovaccia su uno sgabello in dei cubicoli muniti di specchio, sapone, shampoo e un secchio, e si lava tirandosi addosso vigorose secchiate di acqua. Una volta lavato bagna una pezzuola di acqua fredda, se la mette in testa e così munito si immerge nella vasca - e parla con gli amici, naturalmente, i giapponesi son molto sociali in questi casi. O guarda con curiosità i pochi stranieri che ci sono, che cercano di capire come muoversi, a cosa serve la terrazza (a sedersi al fresco noncuranti delle finestre dei condomini davanti), dove vanno riposti gli zoccoli (nella rastrelliera nascosta), se l'asciugamano te lo puoi portare o no a bordo vasca (no), quando uscire dalla vasca (prima di svenire)... decisamente un mondo che va conosciuto!

    Su questa base, infinite variazioni. Abbiamo provato le casette per famiglie, dei priveé che hanno anche un provvidenziale rubinetto di acqua fredda; i bagni di sabbia calda in cui ti distendi e cominci a spalarti sopra sabbia - che pesa molto, ma che bene per le ossa; i bagni di fieno in cui ti introducono per una porta alta un metro in una stanzetta altrettanto bassa, piena di... fieno, e di vapori che vengono dal centro della terra, e dopo 10 minuti ti vengono a riprendere, proprio quando ti stai addormentando - Erika - o rendendo conto che soffri di claustrofobia - io. E ci sarebbero poi i bagni di fango, che non abbiamo ancora provato ma nei prossimi giorni sarà nostra cura farlo, ovviamente solo ed esclusivamente per dovere giornalistico, faremmo tutto per voi, cari amici. 😎

    C'è qualche imbarazzo - i bambini che ti ronzano attorno, evidentemente non avendo mai visto un europeo che cerca di coprirsi con l'asciugamanino minuscolo in dotazione; la signora settantenne che guida le operazioni alla casa del fieno e resta lì tutta sorridente a vedere che ti spogli, rendendo necessario un balzo felino dai vestiti allo yukata, l'accappatoio giapponese - ma siamo molto appassionati di terme, come sa chi ci conosce, e qui per noi è una specie di paradiso. E a fine giornata mangiamo un uovo lessato nell'acqua termale e un budino cotto al vapore sulfureo, e ci reincamminiamo verso questa nostra strana casa giapponese, tra le luci basse e le poche macchine. E domani si ripete. Un'altra faccia del Giappone, un'altra cosa da scoprire! ♨️❤️

    PS: Qui - per dire - sono dei veri sommellier dell’acqua termale: ieri ho visto scritto a bordo vasca "acidità media, salinità bassa, leggero profumo di sorgente calda".
    Read more

  • Day 16

    Yufuin

    April 6, 2023 in Japan ⋅ ☁️ 16 °C

    L'oste/cuoco/cameriere/tuttofare che con la figlia gestisce il minuscolo izakaya (ristorantino tipico) dove ci siamo rifugiati a mangiare avvia la conversazione nel modo consueto, where are you from? - Italy! Come sempre rispondiamo, e stavolta però quasi si emoziona, inizia a emettere i suoni di gola che fanno i giapponesi quando sono entusiasti (scusate, non so come definirli meglio, così sembra una cosa brutta ma non lo è 😅), e ci dice: la mattina guardo un programma di un'ora di reportage dell'Italia, come si dice in italiano: bellissimo, e poi in una puntata c'era questa canzone, e si mette a canticchiare una melodia a me assolutamente sconosciuta, bellissima canzone, dice. Gli sto per rispondere mi spiace, ti ricordi male, ma mia moglie (che sarebbe campionessa di Sarabanda se non fosse restia ad andare in TV) mi anticipa: Ornella Vanoni! L'appuntamento. Ooroooh ooroooh ooroooh, dice l'oste tutto contento, e si mettono a canticchiare assieme. Li guardo. Li lascio fare. Non so se sono più stupito di Erika o di questo qui che conosce la Vanoni e si ricorda della melodia. Uno dei tanti piccoli indizi che in questo viaggio ci hanno fatto capire che ai giapponesi piace davvero il nostro paese, e d'altronde a noi il loro. ❤️

    Ri-usciamo nella pioggia. Siamo a Yufuin, paesino termale (mettetevi comodi, non sarà l'ultimo 😉) che non sfigurerebbe nelle nostre Dolomiti: case molto tipiche, stradine di campi, risaie (ma non è stagione), fiori (tanti), piccoli furgoncini che portano ramaglie e attrezzi agricoli, montagne coperte di nuvole che non sappiamo se siano nuvole o vapori termali. Anche qui abbiamo una casa intera a disposizione, bellissima e piena di particolari - le pareti in carta di riso, il bagno/terme, il tavolinetto a terra con lo spazio per le gambe riscaldato - finora in Giappone non abbiamo avuto mezze misure, o stanze piccole come un francobollo o case intere da 10 persone. E le seconde costano un terzo delle prime, vai a capire. 🤷‍♂️

    Però meglio così: piove, qui alle 5 chiude tutto, anche i ristoranti; quindi per tre giorni a cena... apre casa Italia! 😛 E procacciarsi il cibo vuol dire entrare in supermercato, cosa che in tutti i paesi del mondo è il modo migliore per capire come è la gente ma qui è un'esperienza estrema, non c'è nulla scritto in inglese e il traduttore non aiuta assolutamente. Quindi in più di un'ora a guardare le faccine buffe che decorano le confezioni dei prodotti cercando di indovinare il contenuto... prendiamo: pomodori e tofu, per la caprese di pomodori e tofu, ricetta inedita della quale a posteriori non vado fiero 😅; carote parecchio grosse ma in sconto; sedano e cipolla, belli freschi; carne macinata, il traduttore riporta "commendatore di maiale e manzo" ma a occhio è giusto; spaghetti, confezione da 300gr (?); pomodoro in scatola a cubetti, grazie al cielo evitando il ketchup che è molto simile ma c'è scritto ketchup in piccolino. E poi vabbè, 'sti pochi budini, biscotti, brioches dai gusti insoliti, tramezzini all'uovo bellissimi, insomma i generi di prima necessità. 😛

    E perciò, ieri sera s'è salutata la bella Yufuin con una bella spaghettata al ragù, merito di una grande performance di Erika ai fornelli. Giusto perché in Giappone si mangia strepitosamente bene ma ogni tanto, insomma, lo sapete meglio di me, ricordarsi di casa va benissimo. 🥳 A presto!
    Read more

  • Day 21

    Kyushu

    April 11, 2023 in Japan ⋅ ⛅ 19 °C

    A Yanagawa vorremmo fare un giro in barca, che qui è la cosa da fare, perché la città è piena di canali e guidano le barche con la pertica di bambù e questa vaga somiglianza ovviamente gli è valsa il titolo di: Venezia di oriente 😂 Solo che non è facile, perché i barcaioli non parlano assolutamente inglese e i primi approcci a gesti non vanno benissimo. Un tizio in giacca e cravatta si volta e ci spiega che il giro costa 1000 yen, che dura 40 minuti e vogliamo unirci a loro? Indicando altri due incravattati con dei vistosi cappelli turistici a punta stile vietnamita. Ok, uniamoci! Parte la gita, e ci informano che loro sono lì per bere, e tirano fuori del vino. Però - si scusano - il fatto è che sono fratelli, e la mattina c'è stata la commemorazione del padre scomparso da un anno; quindi ora vogliono bere e fare un po' di festa, in sua memoria. Da cui il giro in barca e - per caso vogliamo bere con loro? Rifiutiamo gentilmente, ma la crociera si scalda comunque: tutti distesi sul fondo della barca per passare sotto un ponte molto basso; poi tirano fuori il sushi di uova di pesce e ricci di mare - rifiutiamo, ma per fortuna l'altra coppietta giapponese della barca, che forse sognava una gita romantica, accetta; poi tirano fuori un calamaro secco, e qui devo accettare, anche perché son curioso (buono!). A un certo punto Erika menziona che i gondolieri cantano, e i nostri ospiti gridano all'anziano barcaiolo di cantare, lui risponde qualcosa con una faccia contrariata, capiamo solo "Italia" e... non voglio sapere il resto; però era solo timido, perché un minuto dopo comincia a cantare con una voce da fumatore di sigaro, ma intonata. 😂 A farla breve, finisce come deve finire, con Erika che rema e canta "O' sole mio" tra le acclamazioni generali e il barcaiolo che quasi ci abbraccia commosso. 😅

    Questo per dire che i giapponesi hanno la fama di essere freddi e scostanti; ma qui in Kyushu stiamo scoprendo il contrario. Anziani ci fermano per strada a parlare e ci mostrano casa loro; ci avviciniamo a un campo di baseball e tutta la squadra si ferma e ci saluta urlando e inchinandosi, neanche fossimo personalità; i ragazzi ci usano per fare esercizio di inglese... forse è una regola generale che nel sud delle nazioni la gente è più cordiale, di sicuro qui è stata una sorpresa. Anche la cucina: ricordavamo il cibo giapponese come un po' blando, invece qui ci son sapori decisi, molti piatti eccellenti - ormai ho imparato ad apprezzare anche le alghe, talmente bene si sposano col resto dei sapori.

    E poi tante istantanee di viaggio: le vie piene di gente; i ragazzi che tornano da scuola in uniforme; i minuscoli bar di Nagasaki, grandi come una stanza; i salarymen giapponesi in giacca e cravatta che tornano ubriachi (ma dignitosi, son giapponesi!) dal bar, alla sera; il Kyushu verdissimo che scorre dal finestrino di un bus; un treno iperveloce che arriva in stazione, atteso da una folla perfettamente disposta in code precise ed efficienti; vecchietti che camminano chini quasi a terra, insieme, marito e moglie, e la gente che si apre per farli passare... il Giappone è un'esperienza più grande delle sole cose da visitare, e il Kyushu è stata una casa splendida, per quasi due settimane.

    Abbiamo ancora una settimana scarsa qui in Giappone; domani prenderemo il treno iperveloce da Nagasaki a Hiroshima, un trasferimento che non avevamo messo in conto ma che un po' emoziona. E andiamo a vedere un altro pezzettino di Sol Levante. 🇯🇵 🎏
    Read more

  • Day 25

    Hiroshima e Nagasaki

    April 15, 2023 in Japan ⋅ 🌧 14 °C

    Come nessun'altra città al mondo, credo, i nomi Hiroshima e Nagasaki sono uno schermo. Se li senti nominare, pensi subito a una cosa; e non ti viene neppure in mente che ci possano essere ancora città, dietro, quasi debbano essere per sempre quella cosa lì, dei musei a cielo aperto. E basta. E perciò, entrambe sono una sorpresa: ben lungi dall'essere dei martiri, sono città belle vive, che davvero vale la pena visitare, e molto diverse tra loro anche. Nagasaki - la prima che abbiamo visto - è un po' sonnacchiosa, molto camminabile, con una storia che la rende parecchio diversificata, e a cui tiene: qui c'erano portoghesi, olandesi, cinesi, era un porto franco quando tutto il resto del Giappone era chiuso agli stranieri; e l'eredità di quel passato si vede ancora oggi. Qui son nate la tempura e le castella - dolci di pan di spagna - entrambi portati dai Portoghesi e ora una specialità in tutto il Giappone. Hiroshima è più vivace, un fiume continuo di gente, forse meno cose da vedere ma un centro di negozi e innumerevoli ristoranti, con un bellissimo giardino in stile giapponese e un castello; anche qui vanno fierissimi dei loro okonomiyaki, una sorta di frittata anch'essa base della cucina giapponese. Qui e lì, la sera la gente si veste bene e va a mangiare e bere nei minuscoli bar che a centinaia affollano le strade, spesso ai secondi o terzi piani dei palazzi, giusto una stanza piena di bottiglie (sake o whisky o gin), un barista, qualche tavolino oppure in piedi. Non ci stanno tante persone, spesso la clientela è sempre la stessa, e "a pelle" fanno davvero tanta allegria. Insomma: si vive bene, è l'impressione.

    Ovviamente però visitare Hiroshima e Nagasaki vuol dire visitare città speciali che - con coraggio ed orgoglio - convivono con i due momenti di assurda distruzione che in due mattine di quasi 80 anni fa le resero per sempre dei simboli. E richiede di porsi in ascolto, perché qui mettono bene in chiaro che non devi andar via senza portarti dietro un messaggio. E' quasi un pellegrinaggio, ed è un momento davvero solenne.

    Ambedue le città hanno nominato allo stesso modo i luoghi del ricordo, "Peace park"; ci vai, e il tempo sembra frammentarsi e, di nuovo, scomporsi in momenti. A Nagasaki, un tori (le porte dei templi giapponesi) si regge su una colonna sola, mutilato dall'onda d'urto. A Hiroshima, la cupola del palazzo delle esposizioni, contorta come un quadro di Picasso ma miracolosamente ancora in piedi. A Nagasaki, una scolaresca in visita, le espressioni serie sotto i pochi ciliegi ancora in fiore, vicino all'obelisco che marca il punto 500 metri sopra il quale esplose la bomba. A Hiroshima, i visitatori in coda ordinata al mausoleo dei caduti, per inchinarsi e rivolgere una preghiera. A Nagasaki, una vecchina in sedia a rotelle che passa piano vicino alle teche del museo diocesano, piene di calici e tabernacoli distorti e fusi dal calore, e sfiora il vetro, l'espressione assorta e pensierosa, forse ricordando. A Hiroshima, la campana della pace, che ogni visitatore può suonare in segno del proprio impegno perché non si ripeta quel che è successo, e il suo suono solenne accompagna tutta la nostra visita al parco - qui non hanno le campane a morto, ma è quel che viene in mente, ed è un'emozione forte. E dappertutto, ghirlande di origami di gru, fatti di foglietti coloratissimi di carta, a ricordare la storia di Sadako, la bambina malata di leucemia per le radiazioni, che sognava di piegarne 1000 e poter così guarire. Storia che avevo sentito alle scuole elementari, e tanti anni dopo, oggi ho capito davvero.

    Quel che soprattutto colpisce è la dignità. Nessuno dei messaggi scritti nel parco, sulle placche, nelle guide, punta il dito su colpevoli. Nessuno lamenta di essere stati vittima di qualcosa di orrendo. Tutti sono rivolti al futuro: questa sofferenza, tutte queste persone, singole persone, ognuna con la sua propria storia, che sono scomparse in quei due attimi, e che sono troppe per essere anche solo contate; tutto questo deve dimostrare al mondo che non c'è altra possibilità che la pace. E anche qui, come cinque mesi fa a Tuol Sleng, mi colpisce come chi scrive si rivolga direttamente a noi due: se hai visto tutto ciò, se ti ha colpito, parlane. Non restare in silenzio. Lavora per la pace, e per la dignità di queste persone senza nome, perché loro non possono più farlo.

    E poi, come sempre accade, il tempo riprende a scorrere, vicino a entrambi i parchi ci sono aree di gioco per i bambini, e altri piccoli ristoranti, e il rumore di chiacchiere e risate - tutt'altro che fuori luogo, perché è l’esatto contrario del rumore delle bombe - ci riporta a Hiroshima e Nagasaki, quelle di oggi, che ricordano e raccontano. "La città di Hiroshima si impegna a preservare *per sempre* questi simboli", si legge su una placca; e mi auguro che davvero questo messaggio non si affievolisca mai.
    Read more

  • Day 28

    Kyoto

    April 18, 2023 in Japan ⋅ ☁️ 20 °C

    Kyoto, la seconda volta, dopo più di 8 anni, è ancora quella città pazzesca che aveva contribuito a farci innamorare del Giappone. Ha ancora più di 2000 templi, ha ancora dei negozietti tradizionali di stoffe, ceramiche, carta che sono davvero meravigliosi, è ancora un brulicare di giapponesi in abito tipico, quasi più belli dei templi. Oggi però è più turistica, nasconde i suoi angolini più segreti dietro uno schermo di folla che ha dell'impressionante, perfino fuori dal weekend. Dopo tre settimane in cui avremo incontrato sì e no 30 occidentali, qui siamo davvero migliaia; d'altronde questo la rende un po' più fruibile - finalmente menu in inglese! 😅

    Quello che è cambiato è il nostro occhio, indubbiamente. Ci stiamo sempre più rendendo conto che quando visiti un posto, visiti anche un particolare istante nel tempo: per quel luogo, che non sarà mai più così, ma anche per te. 8 anni fa venivamo da altre città, e avremmo continuato verso altre città. Ogni cosa era nuova, e l'impressione molto più forte, ma anche un po' affrettata: un primo viaggio in Giappone è emozionante come un giro sulle montagne russe (con una fila ordinata all'ingresso, ovviamente). Ora è l'ultima tappa di un viaggio diverso, più rilassato; un viaggio in cui abbiamo avuto la mente libera di vedere più particolari, fare più esperienze, esplorare, apprezzare. Un ideale secondo viaggio insomma, quello che serve per soddisfare tutte le curiosità che il primo viaggio ti ha lasciato. E Kyoto è stato il giusto finale: familiare, ma ora diversa e un po' da riscoprire, per poter dire "ah sì, mi ricordo, che spettacolo".

    E davvero è un'esplorazione continua, il Giappone. Probabilmente ciò che ci piace di più è che, come l'Italia, ha delle tradizioni millenarie, di cui i giapponesi vanno ferocemente orgogliosi, e che però per noi sono totalmente estranee; questo rende ogni scoperta una gioia. E' alieno e anche un po' familiare, ed è assurdamente interessante. Prendete ad esempio il cibo: cucinano tutto con amore, da ingredienti freschi, come noi; hanno tutta un'altra "tavolozza" di gusti, eppure quando trovi il cuoco che ti mette davanti con orgoglio un piatto, ed è buonissimo, e glielo dici, ed è contento, la riconosci - la stessa identica gioia che proviamo noi a cucinare bene. Siamo diversi, e siamo simili, ed è meraviglioso.

    Oggi torniamo in Corea del Sud, un po' tristi per dover lasciare il Sol Levante - abbiamo comunque già quasi programmato il terzo "giro", basta sapere quando 😂 - ma molto contenti di ritrovare un'altra nazione che ci ha "preso", e altrettanto da scoprire. Questo viaggio non smette mai di stupirci, e siamo molto, molto felici. 🎌

    PS: fatta Kyoto, se venite in zona non saltate Osaka. Non ci sarà molto da visitare, sarà commerciale allo spasimo, non dico di no: ma ha una vitalità tutta sua e va davvero vista! 😀
    Read more