Morti, ma vivi

Julai 2020
Pengembaraan pendek tetapi bagus oleh Luca Baca lagi
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    Epilogo!

    1 Ogos 2021, Itali ⋅ ☀️ 25 °C

    Il tempo è la misura di tutte le cose, diceva un uomo più saggio di quanto io mai sarò. Mi ci è voluto più di un anno a scrivere queste poche pagine. Un po' per mancanza di tempo un po' perchè finirle avrebbe reso reale la fine di qualcosa che rimarrà per sempre irripetibile nella sua unicità. D'altronde ho potuto apprezzare i cambiamenti che si sono sviluppati dalle prime descrizioni a caldo a queste ultime. Ho deciso di lasciare tutto com'è, perchè anche nello scritto rimanga il segno del tempo che passa. Oggi, primo agosto del 2021, le condizioni sono totalmente cambiate rispetto al giorno in cui decidemmo di partire. Ed è ancora da vedere se riusciremo a replicare un viaggio simile quest'anno o meno. Ma anche questo, nella sua difficoltà, si innnesta alla perfezione nell'amicizia che mi lega ai miei compagni di viaggio. Un rapporto fatto di tira e molla, di momenti di grande vicinanza e passione e lunghe separazioni in cui viene da chiedersi che fine abbiano fatti i noi stessi di una volta.
    Ma, nonostante questo, dopo più di una decade, ci troviamo sempre a confubalare per provare a organizarre, se non un'altra epica traversata, almeno un pacchiano aperitivo. E adesso come sempre, “il tempo è la misura di tutte le cose”.

    Dario
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  • Hari 4

    Direzione Limone - M

    5 Julai 2020, Itali ⋅ ⛅ 26 °C

    Sveglia (per me) intorno alle 7 del mattino. Dopo la notte in tenda passata a trovare una posizione per le gambe incredilmente doloranti, mi alzo e vado a fare colazione al rifiugio dove intanto incontro i ragazzi al ritorno dalla scampagnata sul Marguareis. Dopo aver smontato la tenda ci rimettiamo in marcia per affrontare questa quarta ed ultima tappa col morale a mille ma in cuor nostro tristi perchè cosapevoli del fatto di ritornare prestissimo alla vita di sempre. Annoiati dal proseguire tramite la via del sale a tratti carrabile, decidiamo di prendere il sentiero che porta in cresta e domina la valle sottostante. La mia fatica è evidente e come sempre mi porta al nervosismo. per intrapendenza dei miei compagni percorriamo un sentiero non convenzionale che ci porta a scendere notevolmente di quota. Solo a valle ci rendiamo conto di aver commesso un piccolo errore di valutazione ma senza scoraggiarci (io si) deciamo di salire nuovamente di quota fino raggiungendo la cima del monte Jurin (2192 mt). Da li possiamo vedere chiaramente Limone ai nostri piedi. Piccola pausa pranzo in vetta e subito in cammino per la meta finale. Credo di non aver mai affrontato una discesa del genere con un dislivello di oltre 1000 mt e infatti questa volta non sono l'unico ad avere difficoltà. Intorno alle 15 finalmente arriviamo a Limone dove ci aspetta come premio un quartetto di birre medie fredde. La soddisfazione è enorme. mai avrei pensato di fare una cosa del genere. Pensare che è partito tutto da una cena in spiaggia post lockdown desiderosi di buttarci alle spalle un periodo nero. Tirando le somme abbiamo camminato per 4 giorni ed abbiamo percorso circa 96 km (forse qualcosina di più). Desidero ringraziare tutti i miei compagni di viaggio: Albe, Lube, Dario e Francesco e chiedo scusa per tutte le volte che vi ho risposto male mentre affrontavo salite ripide che hanno messo a dura prova i miei nervi.Baca lagi

  • Hari 4

    Direzione Limone - F

    5 Julai 2020, Itali ⋅ ☀️ 20 °C

    Ore quattro e zero zero. La sveglia suona, ma io sono già vigile da almeno un quarto d'ora. Il concerto di ieri non si è rivelato elemento di disturbo per il mio sonno e sono riuscito finalmente a riposare per bene. A quest'ora la frenesia è tanta e -complici il freddo e la voglia di mettersi in marcia- in pochi minuti siamo pronti a partire.
    Siamo io, Albe e Dario; Matteo ha preferito continuare a dormire. Partiamo di buona lena perché vogliamo arrivare in tempo per l'alba e perché, reconditamente, tutti e tre culliamo il desiderio di essere la prima compagnia di giornata in vetta al Marguareis. Procediamo con la frontale in testa perché seppur la luna sia alta e quasi piena la sua luce non è sufficiente a illuminare bene il terreno. Poco prima di approcciare l'ultimo tratto, la “Direttissima” abbiamo un attimo di smarrimento ma con buon senso ci fermiamo un istante e nel giro di due minuti recuperiamo la retta via. Durante questa sosta forzata notiamo i versanti blu della montagna che con l'appropinquarsi della luce solare si stanno via via schiarendo. Verso il basso c'è un altro gruppetto di esploratori che come noi sta risalendo il versante della montagna con la torcia accesa.
    Riprendiamo la marcia e dopo pochi minuti siamo in vetta. La cima ci ospita con la sua austera accoglienza. Una croce di ferro, sassi, vento tagliente e un panorama indimenticabile. Il cielo è terso e sgombro da nuvole, c'è solo una leggera foschia in lontananza. Vediamo tutto, quantomeno per la mia fantasia. Se il mondo fosse soltanto ciò che ora sto vedendo ne sarei felice. Ciò che si scaglia oltre il mio campo visivo è superfluo. Vediamo il Mar Ligure, l'immancabile Monte Faudo, il Frontè, il Saccarello, Cima delle Saline e le altre Alpi Liguri nella loro interezza. Vediamo il Gelas, l'Argentera, il Monviso e al di là della pianura vediamo la prosecuzione dell'arco alpino che si estende con cime a noi ignote o indistinguibili per via della leggera foschia.
    La luce si estende su di noi e sui monti circostanti finché in lontananza verso est, rosso come il tuorlo di un uovo, compare lui: il Sole. Il Sole sale, lento e inesorabile: è il segno tangibile dello scorrere del tempo. Dentro di noi quei cinque minuti sono un intervallo di tempo imperituro, definitivo, immortale, che trascende la sequenziale successione degli eventi della vita.
    Dopo l'apoteosi dell'alba facciamo conversazione perché in questo momento in vetta con noi ci sono altre tre persone. Il primo è un signore che avevamo perculato la sera precedente chiedendoci sarcasticamente come mai salisse verso la cima a quell'ora e con una tenda legata allo zaino. La risposta era semplice: ha dormito in vetta. Gli altri due sono padre e figlio, partiti a mezzanotte da Borgomaro per vedere l'alba dal Marguareis. In questo momento constatiamo che nel mondo c'è sempre qualcuno più abbelinato di te. Noi siamo partiti a piedi da Imperia e quel giorno ci siamo svegliati alle quattro per arrivare lì in cima, però l'altro signore è certamente più abbelinato di noi: lui ha dormito da solo in tenda in vetta. D'altra parte per vedere l'alba è meglio dormire in vetta piuttosto che partire a mezzanotte da Borgomaro e farsi tutta l'ascesa nel buio pesto, perciò la coppia padre- figlio era più abbelinata di lui. Infine noi eravamo più abbelinati del tandem di Borgomaro perché siamo partiti da più lontano e ce la siamo fatta tutta a piedi.
    Siamo ancora immersi nei paradossi esistenziali che il ragazzo di Borgomaro ci racconta di un fantomatico eroe dei nostri giorni che era partito da Imperia con l'intento di arrivare a Limone Piemonte col solo mezzo delle sue gambe e della sua tenda. Ebbene sì, questo eroe moderno è Matteo e la sua fama lo ha preceduto pure sulla vetta del Marguareis.
    Qualche minuto dopo sono arrivati due signori, quelli che vedevamo in basso con la frontale accesa, portando a otto il numero degli “abbelinati” ( o forse privilegiati) in cima al Marguareis alle cinque del mattino. Il tempo di un caffè caldo e qualche foto e ci ributtiamo giù in discesa.Arrivati al campo facciamo colazione, sbaracchiamo la tenda e ci rimettiamo in marcia.
    Dal momento del primo passo sulla via che ci avrebbe definitivamente condotto a Limone mi prende una gran malinconia, tale dal farmi essere più insopportabile del solito. Andare a casa non mi va proprio, ma sto rischiando di rovinarmi le ultime ore di questa avventura perciò cerco di non pensare al futuro e di tornare al momento presente. Arrivati alla Capanna Morgantini la nostra non-voglia di tornare a casa ci fa prendere una deviazione la quale allunga il nostro percorso. Come se non bastasse interpretiamo malamente la cartina e ci dirigiamo in una direzione non preventivata. Quando ci accorgiamo dell'errore abbiamo già perso troppa quota quindi non ci resta che ridisegnare il percorso e sopportare le ultime fatiche. In questa fase prima percorriamo stupendi prati decorati da fiori di ogni tipo e tonalità cromatica, successivamente ci avventuriamo nell'erba alta e acquitrinosa, quindi prendiamo un sentiero che inerpicandosi attraverso una pineta ci riporta in quota. Giunti al passo non ci accontentiamo di scendere direttamente a Limone e saliamo fino alla vetta del Monte Iurin dove consumiamo l'ultimo frugale pasto della nostra gita.
    I nostri intenti di perderci per i monti e rimanere lassù non sono andati a buon fine, ora vediamo chiaramente il centro abitato di Limone là in basso che ci aspetta. La discesa è eterna (1300 metri di dislivello in negativo), tortuosa ed estenuante. Dario in un suo attacco di follia per placare la frustrazione dovuta al mal di gambe raccoglie un pietrone e lo scaglia nella boscaglia accompagnando il gesto con un urlo liberatorio. Ormai siamo alle porte del paese, ma non vogliamo ancora tagliare il traguardo. Ci gettiamo in un ruscello gelato affidando alla crioterapia il compito di lenire i nostri dolori articolari.
    Però è davvero finita, siamo a Limone, siamo arrivati.
    Da un lato soddisfazione, dall'altro tristezza.
    Ci facciamo un'ultima birra per brindare alla nostra impresa e poi incontriamo gli altri che ci sono venuti a prendere. E' incredibile quanto il microcosmo che ci siamo creati in questo breve periodo si dissolva in fretta. Quattro giorni a condividere fatiche, dolori, tende, cibo, panorami, abitudini, stati d'animo, traguardi e piaceri ed ora tutto svanisce in due secondi.
    D'altronde è così: le imprese aggregano, ma una volta terminate si torna alla propria vita. Però delle avventure non resta solo il ricordo, rimane anche una traccia dentro di noi, una “memoria comune” che ci unisce nel tempo.

    Sono già trascorsi alcuni mesi da quell'avventura sgangherata e ripercorrerla mi ha permesso di tenerne vivido il ricordo, il mio auspicio è che in un futuro non lontano si possa replicare per andare a calcare nuovi percorsi e scoprire nuove frontiere.
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  • Hari 4

    Direzione Limone - D

    5 Julai 2020, Itali ⋅ ☀️ 16 °C

    Un tema ricorrente di questi giorni è la mancanza di sonno. Anche questa notte non ho dormito nulla. L'angoscia dell'ascesa mattutina mi ha tenuto sveglio tutta la notte. Mi sono limitato a giacere nel sacco a pelo con tutti i vestiti che avevo nello zaino, a questa altezza abbiamo avuto un assaggio del freddo vero. Sono io ad anticipare la sveglia. In un attimo sono pronto e aspetto i miei due compagni. Siamo assonnati ma motivati. Ci riprendiamo rapidamente e ci sciacquiamo la faccia per darci la forza di andare. Abbiamo un solo zaino che ci divideremo nella salita. Io faccio il primo turno da facchino. Davanti va Luca che sembra ricordarsi meglio la strada. La notte è meravigliosa. Siamo accompagnati da un cielo terso e da una luna che ci fa da farò nel tragitto. Praticamente le luci che ci siamo portati sono totalmente inutili. Nonostante tutto questo, i primi passi che muoviamo sono un po' incerti, tanto che dobbiamo ritrovare la strada un paio di volte. Dopo una prima passeggiata relativamente agevole, la montagna ci obbliga a un'ascesa costante che sferza le nostre gambe già sotto pressione da giorni. L'assenza dello zaino però si fa sentire. Dopo esserci abituati a portare sulla schiena l'equivalente di un quarto del nostro peso corporeo, camminare senza ci fa sembrare di avere le ali ai piedi. Camminiamo silenziosamente, forse non abbiamo nulla da dirci o forse è la salita a farlo per noi. Siamo talmente concentrati sui nostri passi che a un certo punto andiamo praticamente a sbattere in un camoscio. Incredibilmente l'animale ci ha osservato finchè non siamo stati estremamente vicini a lui. Ci siamo accorti della sua presenza solo perchè a un certo punto si è mosso facendo cadere qualche pietra. Forse era stanco anche lui e non capiva cosa ci facessero delle persone da quelle parti. La salita continua agevole, di fianco a noi alcune conformazioni della montagna hanno reso possibile la formazione di nevi perenni, un lascito di inverni passati. Arriviamo, quasi senza accorgercene, alla “direttissima”. L'ultima parte della salita al Marguareis, dove chi cammina viene messo davanti alla scelta di percorrere la stada semplice e lunga o quella più ardua e breve. Per noi non si parla nemmeno di una scelta. La direttissima tiene fede al suo nome. In alcuni tratti dobbiamo salire praticamente con la pancia contro le rocce in una sorta di arrampicata molto poco elegante. La difficoltà è relativa, ma in breve esauriamo la parte più ripida. Pochi metri, piuttosto agevoli, ci separano dalla cima, come sempre evidenziata da una croce, la più grande di quelle che abbiamo incontrato. Mentre ci avviciniamo il sole non ha ancora fatto capolino dalle montagne ma iniziamo già a vedere il cielo con un maggior chiarore. Arrivati quasi sotto la croce scopriamo, non senza stupore, che un altro viandante ci ha preceduti. É arrivato qui la sera prima e ha dormito sulla cima in tenda. Al nostro arrivo sta ancora dormendo. Non facciamo in tempo a realizzare di non essere i soli che una coppia, padre e figlio, raggiungono la cima poco dopo di noi. Mentre realizziamo quanto possa essere affollata una montagna alle 5 del mattino a Luglio, altri due uomini guadagnano la vetta. Giusto in tempo perchè lo stupore per il numero incredibile di persone ceda il passo alla meraviglia per l'alba che ci investe. Il cielo senza nubi ci regala una veduta completa di tutto ciò che ci circonda. Ne siamo travolti.
    Il momento di tornare indietro arriva rapido come l'alba appena passata. In un attimo ci troviamo di nuovo al Don Barbera dove Matteo, dopo il suo meritato riposo, ci fa compagnia per la prima colazione, anche se ormai noi altri saremmo da pranzo. Dopo esserci rifocillati e aver recuperato il materiale è il momento per metterci in cammino. Parliamo poco, complice il sole che ci sovrasta senza soluzione di continuità e la tristezza dell'ultimo giorno. La prima parte di questa camminata ci regala un paesaggio piacevole e pendenze tranquille. Anche troppo per i nostri gusti.
    Dopo aver gigioneggiato un po' e aver affrontato solo tratti in piano dove a farla da padrone ono state le chiacchiere e il caldo, più che la fatica di mettere un passo dietro l'altro, decidiamo che è il caso di dare una spinta anche a questa ultima giornata. Contro il parere di Matteo, che pur avendo riposato è ormai al limite, scegliamo una deviazione individuata da Luca, che vede nella traccia tratteggiata sulla mappa l'opzione migliore per arrivare a Limone. Di tutta evidenza parliamo di un sentiero poco battuto cui si accede costeggiando un bivacco pressocchè abbandonato. Davanti a noi si stagliano tre vette di cui accarezziamo l'idea di conquistare le cime. Non lo faremo, anche perchè pagheremo cara la nostra scelta. Per la prima tratta dobbiamo cercare di immaginarci il sentiero, dato che oramai ciè che ne rimane è stato fagocitato dalla vegetazione. Davanti a noi sfrecciano a ogni passo delle grasse marmotte che passano rapidamente da una piacevole compagnia a una noiosa tiritera. Nel mentre il sentiero ci da la prima frustata della giornata, conducendoci in una discesa feroce e continua che in alcuni tratti dobbiamo affrontare a saltelli e cercando di capire dove dovremmo andare a parare. É una discesa lunga, fastidiosa, faticosa e calda. Quando sembra ormai impossibile che questa tragedia finisca, vediamo finalmente dei sentieri più a valle. Tirando un sospiro di sollievo ne approfittiamo per ammirare le rocce del Cros che si stagliano alla nostra sinistra, dominandoci dall'alto e fornendoci una visuale invidiabile. Arrivati in fondo ci troviamo di nuovo a dover salire per guadagnare la cima di una piccola collina. Il sentiero è ancora piuttosto oscuro e coperto dall'erba, tanto che, una volta raggiunto uno dei pochi segnali sul tragitto, ci rendiamo conto di aver sbagliato strada rispetto alle previsioni della mappa. Dopo esserci mandati reciprocamente a quel paese per la situazione, anche condizionati dal caldo senza tregua, cerchiamo di recuperare il recuperabile. L'unica strada per farlo è raggiungere la cima del monte Jurin, che sarà l'ultima vetta che toccheremo, pure fuori programma. La salita, semplice rispetto alle altre vissute, si rivelerà foriera di acciacchi e fatica, tanto che per raggiungere la cima ci lanceremo in una disordinata corsa sui prati.
    Una volta arrivati veniamo rincuorati dalla visione di Limone sotto di noi. Allo stesso tempo ci riprende la solita tristezza delle cose che finiscono. Cerchiamo di affogare i nostri dispiaceri consumando l'ultimo pasto tutti insieme. La temperatura tropicale ci costringe a rimetterci in marcia per l'ultima fatica. Per arrivare a Limone ci aspetta quasi un kilometro di dislivello complessivo, tutto da fare in discesa. Le ginocchia urlano, le dita sanguinano e le imprecazioni servono a darci forza per arrivare fino in fondo. Se c'è qualcosa di bello durante la discesa non ci facciamo caso, siamo troppo impegnati a cercare di rimanere tutti interi.
    Arriviamo, dopo un tempo sicuramente più breve di quello percepito, alla strada che ci porterà a Limone, uno sterrato che raggiungiamo dopo esserci abbeverati insieme a una mandria di mucche e a un gruppo di interessanti individui intenti a grigliare sotto il sole. Bontà loro. Come tutte le cose che vengono per ultime, anche questa discesa sembra più lunga di quanto in realtà è. I miei piedi sono maltrattati peggio che quelli di una ballerina di danza classica dopo vent'anni di pratica. Fortunatamente prima di arrivare al traguardo incappiamo in un fiumiciattolo dove riusciamo a farci un bagno rigenerante che mi permette di arrivare fino in fondo.
    Ed è cosi che, dopo tre notti e quattro giorni arriviamo a Limone, metà del nostro viaggio e fine dell'epopea.
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  • Hari 4

    Direzione Limone - L

    5 Julai 2020, Itali ⋅ 🌙 11 °C

    Apro la tenda... fuori freddo e buio. Partiamo subito con la scalata in notturna al Marguareis, siamo in 3, Matte continua la sua nanna.
    Arriviamo al Passo della Gallina e la luce del sole inizia a definire le creste di quanto ci circonda... sullo sfondo la luna, piena ma meno luminosa rispetto la sera precedente. Decidiamo di percorrere la via diretta salendo lungo la pietraia, anche se forse sarebbe stato più saggio salire dal sentiero meglio battuto.
    Ma è così, siamo testoni, siamo curiosi... e non vogliamo arrivare alla vetta dopo il sorgere del sole.
    Raggiungiamo la croce e davanti a lei e’ una festa... 8 minchioni la’, prima del sole. Ci viene offerto un bicchiere di caffè caldo “sto sognando?!” e nonostante il coviddi non ce lo facciamo ripetere due volte!
    Ecco il sole... è meraviglioso. Una delle albe più emozionanti della mia vita, paragonabile a Uluru e al
    Sahara... e invece è a casa nostra, impagabile!
    Rientriamo da Matte, tempo di smontare la tenda, zaino in spalla per gli ultimi km del nostro cammino... cazzo, sono gli ultimi km... e non me li sto neanche godendo a dovere! Mi sembra passata una vita dalla partenza, sono solo pochi giorni, ma il tempo si è fermato passo dopo passo... ora mi sto scontrando di nuovo con la mia realtà, quella realtà che non mi piace e con cui combatto ormai da tempo.
    Non sono l’unico a vivere così questa giornata... e la dimostrazione la ho quando decidiamo di percorrere un sentiero più lungo evitando la discesa diretta a Limone. Nessuno di noi vorrebbe arrivare a quella che dalla partenza era la nostra meta...
    Ma non è così, nella vita ogni cosa ha un inizio e una fine, il solo margine di manovra sta nel poter dare un significato nostro e diverso a ogni inizio e ogni fine.
    Arrivare a Limone è stato emozionante, lo sarebbe stato in ogni caso ne sono convinto... ma trovare ad attenderci Lore e le nostre famiglie ha dato un senso profondamente diverso al tutto. Grazie davvero a voi, che siete stati compagni di viaggio e siete da sempre e tuttora Amici. Grazie alle vostre compagne e ai vostri bimbi, perché mi hanno riempito il cuore.
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  • Hari 3

    Rifugio La Terza - Colla dei Signori - M

    4 Julai 2020, Itali ⋅ ☀️ 16 °C

    Posso affermare tranquillamente che il terzo giorno è stato per quanto mi rigurda il più duro in assoluto. Le gambe sono rigide e il dolore alle anche è sempre più intenso ma non importa; butto giù l'ennesima bustina di Oki e si parte verso la cima del Saccarello che raggiungiamo senza troppe difficoltà nel giro di 20 minuti di marcia. il percorso che ci aspetta successivamente non è troppo complicato ne duro ma la mia forma fisica è seriamente compromessa. Ogni passo è pesante e doloroso e irrimediabilmente il mio umore diventa nero. Mi lascio prendere dallo sconforto rimanendo sempre indietro al gruppo e rinucio persino a salire sulla cima del Missun. Tutto cambia quando raggiungiamo uno dei posti più belli visti finora; oltrepassata Colla Rossa, valico alpino posto al confine italo francese, arriviamo ai piedi del monte Bertrand. Decido di raggiungere la vetta insieme ai miei compagni. il sentiero è particolarmente faticoso ma estremamente piacevole dal punto di vista naturalistico. Vetta raggiunta alle ore 12 circa, ci godiamo il panorama spettacolare, Albe fa volare il suo drone e di nuovo pronti con zaino in spalla alla volta del rifiugio Don Barbera. scendendo il monte dal versante opposto troviamo il tempo per pranzare dignitosamente cucinandoci un piatto di pasta che ci dona i carboidrati necessari per concludere la tappa. l'arrivo al Colle dei Signori è intorno alle 15.30 dove immediatamente ordiniamo una birra bollente come il piscio e ce la godiamo commentando la giornata appena trascorsa. il resto del pomeriggio lo passiamo riposandoci e la sera consumiamo un ottima cena presso il rifiugio godendoci anche della musica dal vivo. Si parla per la mattina successiva di alzarci intorno alle 4 per raggiungere Cima Marguareis posta a circa 2600 mt sul livello del mare. non sono molto dell'idea e declino l'invito. I ragazzi lo faranno e si godranno una delle albe più belle della loro vita. (sigh)Baca lagi

  • Hari 3

    Rifugio La Terza - Colla dei Signori - F

    4 Julai 2020, Perancis ⋅ ☀️ 19 °C

    Il mattino seguente Albe, Dario e Matte sono ben riposati e pronti a partire, io un po' meno viste le poche ore di sonno però sono felice di vedere che la scelta di dormire in rifugio ci ha evitato la pioggia del pomeriggio scorso ( anche se non ha piovuto molto) e soprattutto ha permesso alla truppa di recuperare molte energie. Appena partiti incontriamo un paio di camosci che che saltellano sul versante Sud del Saccarello. Lo spettacolo è pari per misura soltanto alla mia invidia circa la loro abilità di arrampicata. In vetta al Saccarello io e Matteo ripercorriamo un bivacco trascorso lassù con gli scout ben sedici (16!) anni prima.
    Scendendo incontriamo un signore che nella vita, per sfuggire alle noie della pensione e ai tentacoli della moglie, dice di realizzare e riparare le croci delle vette delle montagne. Sarà vero? Non lo sappiamo, ma sta di certo che è una bella scusa per andare in montagna. Lo rincontriamo scendendo noi e salendo lui negli ultimi metri verso la cima del Missoun, laddove Dario ci ha deliziato iscrivendo composizioni poetiche in stile ermetico- romantico nel libro di vetta, così come aveva fatto i giorni precedenti e così come farà fino alla fine della spedizione.
    I discorsi sullo stoicismo ci accompagnano in discesa verso Colla Rossa ed proprio in questa fase che, a mio parere, inizia la parte più gradevole della nostra traversata. Il cielo è azzurro intenso e uniforme e a guardarlo si prova godimento fisico. Trasmette calma, serenità, pienezza.
    I nostri stati d'animo si allineano alle forme celesti e anche i nostri volti a guardarli paiono rinfrancati. E'come se il corpo ci ringraziasse per le fatiche dei due giorni passati e dentro di noi crescesse la consapevolezza che i godimenti di questo giorno siano il frutto degli ostacoli che abbiamo saputo superare. La strada di oggi non è lunga, né troppo impegnativa, la giornata è bellissima e il panorama lascia incantati. Poco dopo Colla Rossa arriva uno dei momenti più magici del viaggio. Durante una pausa in una valletta sottostante la cima del monte Beltrand vediamo un branco di camosci. In montagna è stupefacente quanto in una frazione di secondo si possa passare dal rumore al silenzio più totale. Rapiti ci ammutoliamo ed ammiriamo. Appena i camosci scompaiono dalla nostra vista alziamo lo sguardo ( forse in un gesto di inconsapevole ringraziamento) e i nostri occhi incrociano le traiettorie di volo di due aquile ( al momento ce le “vendiamo” come aquile ma ricerche successive inducono a pensare che fossero gipeti). Sbalorditi riprendiamo ma marcia e conquistiamo anche la vetta del Beltrand.
    La rapida discesa ci conduce fino a Colle del Vescovo dove consumiamo un graditissimo pranzo a base di pasta con sugo “contadino”. Ricordo con soddisfazione questo pasto perché è di quelli che piacciono a me: essenziale ma abbondante, consumato con amici appena dopo ( durante in questo caso) aver vissuto esperienze belle, impegnative e coesive. Altro motivo per cui lo ricordo con piacere è che è in questo momento che nasce l'idea di arrivare in cima al Marguareis.
    Onestamente prima di partire avevo già pensato a questa possibilità, ma non sapendo cosa aspettarmi da questa avventura avevo deciso di mettere da parte il mio desiderio e di tirarlo fuori solamente nell'eventualità di una situazione favorevole. Nei giorni precedenti pensavo che non ce l'avremmo fatta a salire fin lassù, invece con pazienza ci siamo ripresi ed ora siamo pronti a raggiungere i 2651 metri del Marguareis.
    Dopo pranzo ripartiamo ed in breve tempo siamo a Colla dei Signori dove ci aspettano molte birre, una gradita cena e una tendata con numerosi vicini. Personalmente mi allarmo non poco alla notizia che questa sera in rifugio ci sarà un concerto, l'idea di non dormire per un'altra notte mi terrorizza non poco anche perché la sveglia per il giorno dopo è puntata alle quattro e zero zero. Ebbene sì, in cima al Marguareis ci andremo, ma non oggi, bensì domani ed in tempo utile per assistere all'alba da lassù.
    Il tardo pomeriggio e la serata sono scanditi da un piacevole riposo in un luogo incantevole e affascinante ma in me, come sempre, inizia a manifestarsi quella malinconia propria della sera precedente al commiato. Per ora cerco di non pensarci e di concentrarmi su ciò che mi aspetta all'alba dell'indomani.
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  • Hari 3

    Rifugio La Terza - Colle dei Signori - D

    4 Julai 2020, Perancis ⋅ ⛅ 15 °C

    La mattina del terzo giorno per noi inizia prima dell'alba. Dopo una rapida colazione e con le ossa ancora indolenzite dallo scarso riposo della sera prima, ci rimettiamo in marcia. Usciti dal rifugio la montagna saluta la nostra presenza con un vento freddo e sibilante. Ci vediamo costretti a coprirci le orecchie per evitare conseguenze che in viaggio sarebbero nefaste. La tappa di oggi ci porterà su un percorso suggestivo ma faticoso. Redentore e Saccarello sono le nostre prime vette, talmente vicine che ci sembra di salirne solo una. Il nostro ultimo scampolo di Liguria prima di avventurarci nel regno Sabaudo. La buona notizia delle ultime ore del giorno prima si conferma in queste prime sgambate, mi sento molto bene. Rispetto al primo giorno sono un uomo nuovo, cammino spesso come primo della fila e non sento fatica. Anche i miei compagni di viaggio reggono bene l'urto. In particolar modo Matteo sta dando dimostrazione di uno spirito inaffondabile. Sulla cima del Saccarello il vento soffia come se fossimo in mare aperto. Fermarsi vuol dire congelarsi. Ci godiamo il panorama di corsa e ripartiamo. Come è ormai chiaro, decidiamo di passare per i sentieri meno battuti. Forse crediamo di fare prima, forse ci sentiamo furbi o forse vogliamo solo che il più possibile di questa impresa sia diversa da come l'avrebbe fatta chiunque altro. Fatto stà che per continuare il nostro percorso ci infiliamo in una collina con l'erba che ci arriva alle ginocchia. Il sentiero qui, più che una guida, è una continua intuizione. Fortunatamente vediamo il monte Missun davanti a noi e mancarlo è più difficile che arrivarci in cima. Usciti dal nostro personale percorso nel prato ci ritroviamo in alcuni metri da strada sterrata dove il vento ci da tregua. Ne approfittiamo per fermarci a rifiatare e facciamo la conoscenza di un vecchio tedesco, ormai trapiantato in Italia e sui suoi monti da diverso tempo. Ci racconta che è il creatore e responsabile di diverse croci che svettano sulle cime che ammiriamo nel tragitto. Anni addietro si è preso la briga di montarle e ora deve verificare che siano sempre presentabili e continuino ad essere di buon auspicio per i viandanti. É una di quelle cose che in montagna ti chiedi sempre, a chi sia venuto in mente di farsi la sfacchinata di portare su il materiale e piazzare i simboli della crisitanità fin lassù. Beh, adesso per alcune abbiamo la risposta in carne ed ossa. Salutiamo il nostro intrattenitore e ripartiamo. La strada adesso inizia a darci le prime frustate con salite che non lasciano spazio al dubbio e al temporeggiamento, un'esitazione di troppo e non riparti più. Una volta inziata una salita è meglio finirla piuttosto che fermarsi. Il panorama ci corrobora. Il tempo è meraviglioso e non corriamo il rischio di essere sorpresi dal maltempo. Questo ci da la calma e rende ogni nostro passo una scoperta. Nella strada verso il Missun oltre al panorama quello che ci colpisce è la flora. Nessuno di noi, lo Zio compreso, è un gran conoscitore dei fiori e dei loro annessi e connessi, ma non possiamo fare a meno di essere colpiti dai colori e dalle forme che ci circondano e che premiano la nostra fatica. Un'altro particolare del percorso sono le cavita nella roccia che continuiamo a notare. Siamo tutti troppo claustrofobici per farlo, ma chi si lancia nell'esplorazione delle viscere della terra sicuramente ne viene premiato. Arriviamo sotto la cima del Missun con relativa facilità. Ci fermiamo e insieme allo Zio e a Luca decidiamo di salire su senza zaini. D'altronde potremmo evitare di fare la cima e continuare per la nostra strada, ma perchè dire di no quando si è così vicini alla metà. Matteo, coraggioso ma saggio, decide di non seguirci e di risparmiare le energie per le sfide che ci aspettano. Saliamo sulla cima agili come stambecchi senza il peso degli zaini. Il vento è ancora sferzante ma riusciamo a goderci la salita e la cima. Arrivati su possiamo ammirare la croce lignea che il nostro recente amico verrà a controllare. Mentre scendiamo ci scambiano un sorriso proprio con questo artigiano d'alta quota di cui ammiriamo il passo e la volontà. Quando riprendiamo il cammino scorgiamo già la cima sfidante del Monte Beltrand. Da lontano sembra che ci inviti ad affrontarne l'ascesa, ma allo stesso tempo cerca di incuterci timore. Subiamo il fascino di quella vetta, posta sul confine franco-italiano, e non possiamo fare a meno di accelerare il passo. Dopo il Missun è tutta discesa. I miei piedi urlano dal dolore, ma a questo punto non posso che suggerirgli di stringere i denti, o qualunque cosa abbiano loro. Arriviamo di gran carriera in uno spiazzo di terra rossa da cui ci troviamo ben sotto alla cima del Beltrand. Si potrebbe pensare che le discese siano un momento di sollievo in montagna. La mia personalissima opinione è che siano l'inferno fatto a strada. Massacrano piedi e ginocchia e non fanno altro che abbastarti rispetto a dove devi andare, allungando e rendendo più complicata la salita successiva. Perdi dislivello che poi devi recuparerare. Meglio spianare o avere una salita più dolce. Fosse per me non scenderei mai. La salita al monte si presta a confusione, vediamo gruppi di escursionisti prendere sentieri dubbiosi, decidiamo di fidarci delle tracce che qualcuno avrà fatto per un motivo e partiamo. La prima parte dell'ascesa è agevole, vorrà dire che il resto sarà tremendo. Come ieri io mi sono attardato insieme a Matteo, oggi è lo Zio a farlo, con la differenza che io ieri ero stanco, oggi lui lo fa per dargli man forte mentalmente. Mi ritrovo davanti con Luca a fare da apripista. Camminiamo bene, l'aria adesso è una piacevole brezza e salire è una goduria. Arriviamo prima dell'ultima salita che ci porterà sulla cima, sarà tosta qundi ce la prendiamo comoda. Il pit stop ci permette di ammirare la fauna locale, avvistiamo diversi caprioli e qualche aquila. I primi si lanciano a rotta di collo giù da pareti verticali senza fare troppe storie, a differenza mia quando si tratta di scendere. É un buon auspicio vedere animali intorno a te anche senza cercarli troppo, vuol dire che la natura ti accoglie, peggio sarebbe non vedere movimento, lì sì che ci sarebbe da preoccuparsi. Ripartiamo, sappiamo che dobbiamo fare l'ultima salita in una botta sola, perciò si cammina senza troppe storie. La salita è una pietraia e ogni tanto tiriamo qualche sassolino a chi ci sta dietro, niente di grave ma a nessuno piace mangiare polvere. Come sempre nel nostro viaggio, le salite ci regalano ricompense che sentiamo di non meritarci. Finità la salita e poco sopra la vetta, si apre uno spiazzo da cui possiamo ammirare le catene montuose che ci circondano. É il quel momento che lo vediamo, che svetta sopra le nubi e sopra le altre montagne. Il re di pietra, il Monviso. Come un gigante in una valle di nani si staglia davanti a noi, spavaldo e radicato. Uno spettacolo per gli occhi che ci rende ancora più felici di essere lì. Come per il Missun, anche la cima del Beltrand non sarebbe obbligatoria, ma lui ci ha sfidato e noi dobbiamo accontentarlo. Sale anche Matteo, con il cuore delle grandi occasioni. Una volta in cima ci prendiamo un po' di tempo. Siamo molto in anticipo sulla tabella di marcia e ci interroghiamo se mangiare lì o meno. Alla fine decidiamo di continuare e di fermarci per il pranzo più tardi. Camminare finchè ne hai, dopo potrebbe essere tardi. Zaini in spalla e ripartiamo. Ci siamo lasciati dietro il grosso del tragitto con le ultime due cime. Ora ci aspetta una lunga discesa in terra francese e dopo l'ultima salita prima del rifugio e del Marguareis. Come sopra, la discesa è uno strazio ma almeno è visivamente bella. Scendiamo in mezzo agli alberi, a quest'ora ci fanno una piacevole ombra mentre camminiamo. Giunti a poca distanza dall'ultima salita decidiamo di fermarci per una pastasciutta al sugo e per far riposare le gambe. C'è sempre un'aura particolare intorno ai pasti in situazioni di fatica. Come se quello che mangiassi fosse sempre la cosa migliore del mondo. Per noi quella pasta è una leccornia da ristorante stellato. Solo che in un ristorante non avresti il mondo che abbiamo noi intorno. Con due soldi e a, relativamente, pochi passi da casa, ci gustiamo uno dei pasti migliori del mondo. Ci sentiamo dei privilegiati.
    Come si può facilmente immaginare, la ripartenza dopo il pranzo è fiacca e rallentanta. Poco male, saggiamente l'abbiamo posticipata e ormai ci rimane poco da fare. Ancora un po' di discesa e ci prepariamo ad affrontare un'ultima salita. Ci sono salite che si mostrano subito per quello che sono, le preferisco, non puoi farti illusioni, sai come e quanto dovrai camminare. La salita che abbiamo davanti non è di quella pasta. Rimane nascosto per la maggior parte della sua estensione e vista da lontano sembra dolce e affabile. Non si tratta nemmeno di una salita tremenda. Ma è lunga, lunga e non se ne vede mai la fine. Forse il pranzo sullo stomaco contribuisce a farci tribolare, ma arrivare in cima è una faticaccia per tutti. Ci lascia un po' di amaro in bocca, ma dopo che la terminiamo il sapore della rivalsa ci premia. L'ultimo chilometro dopo la salita è puro escursionismo della domenica tanto piano e un'ultima discesa per il Don Barbera. Vedendolo dall'alto è sicuramente bello, con il Marguareis alle sue spalle coperto dalle nubi, ma è pieno di gente. Fino ad adesso il nostro tragitto è stato quasi solitario, ma negli ultimi chilometri abbiamo iniziato a incontrare più gente. Ce ne dispiacciamo, sappiamo che la montagna non è nostra, ma abbiamo perso un po' della sacralità di prima. Prima di scendere ammiriamo il marguareis. Serpeggia fra di noi la voglia di conquistare anche quella vetta. La domanda è sul quando. Andare adesso, dopo aver lasciato gli zaini in tenda, o andare domani mattina con le tenebre per goderci l'alba prima di partire alla volta di Limone? Le nubi che stanno intorno alla cima rispondono per noi, andremo domani mattina. D'altronde ha poco senso salire per non vedere nulla.
    Arrivati al rifugio montiamo le tende e ci premiamo con delle birre fredde. Dopo passiamo qualche ora stesi sui prati ad avvistare marmotte. Parliamo poco, la montagna lo fa per noi. Ceniamo in rifugio insieme agli altri camminatori. Trovarsi in mezzo a questi rocamboleschi compagni di avventure ci fa stare bene. Beviamo qualche bicchiere dopo cena e andiamo a dormire solo dopo aver ammirato il cielo stellato e senza nubi sopra di noi. Domani ci dovremo svegliare prima del sole per arrivare in tempo sul Marguareis. Matteo ha deciso di non seguirci nella nostra avventura. Ci aspetterà per colazione, ha già chiesto tanto a se stesso e non vuole esagerare. Andiamo a dormire eccitati per la partenza notturna dell'indomani. Nel nostro sonno c'è però un retrogusto amaro. Domani si torna a casa e questa bolla nella montagna è destinata a scoppiare. Anche questa notte dormiremo poco.
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  • Hari 3

    Rifugio La Terza - Colle dei Signori - L

    4 Julai 2020, Perancis ⋅ ☀️ 11 °C

    Mi sveglio alle 6, sono rigenerato, nel corpo e nella mente. Sono passate 48 ore dalla partenza... mi sembra una vita.
    Amo non avere orario, non avere telefono, non avere regole, le scuregge di gruppo senza pudore, quello che mi circonda, il silenzio rotto solo dai passi durante il cammino. Amo la libertà di quelle giornate.
    Non vedo l’ora di rimettermi in marcia.
    L’aria oggi è fredda ma il cielo è terso e intorno a noi la vista è splendida: camosci, redentore, saccarello, piaggia, monesi, mare, oddio quella è Albenga?
    E lui chi è?! Lo scopriamo presto, un personaggio... si presenta senza neanche lasciarci il tempo di chiedere: è l’uomo delle croci, un tedesco di ranzo... un po’ lo invidio, vorrei essere indipendente e agile come lui tra qualche anno.
    Stiamo andando nella stessa direzione, con obbiettivi diversi, ma quello cambia poco. Raggiungiamo cima Missoun con lui, foto insieme obbligatoria.
    Il nemico di oggi e’ il Monte Bertrand con i suoi 2484 metri. Non abbiamo timore di lui nonostante la schiena e le gambe stanche... io per lo meno non lo temo, sono costantemente rapito da quel che mi circonda, cime lontane, prati fioriti, ancora camosci, aquile, pace.
    Oggi mi son reso conto che ormai arriveremo tutti e 4 a Limone, non per la poca distanza, non perché la strada sia più facile... semplicemente perché in tutti noi cresce costantemente la voglia di salire un costone per vedere oltre, perché non vogliamo smettere di farci sorprendere.
    E’ una giornata meravigliosa, penso la più bella, tutto è al posto giusto, noi sul sentiero, la pentola con la pasta sul fornello, il Don Barbera ai piedi del Marguareis, la luna piena pronta a sorgere dietro i monti, il sole pronto a tramontare colorando di arancio il cielo.
    E’ il momento ideale per essere folli, lo siamo, è aggiudicato, domani alba sul monte marguareis.
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  • Hari 2

    Passo Teglia - Rifugio la Terza - M

    3 Julai 2020, Itali ⋅ ⛅ 14 °C

    Il riposo notturno non è stato ristoratore, complice probabilmente la cena pesante della sera prima. Ci alziamo molto presto, facciamo colazione, smontiamo le tende e subito ci mettiamo in cammino per la seconda tappa. Il primo tratto, molto semplice, ci conduce in poco più di un ora presso il Passo della Mezzaluna. Terrazza naturale panoramica, luogo romantico ai piedi del monte Monega. Il morale è altissimo ma la stachezza accumulata il giorno prima presto si fa sentire. La strada che conduce verso la cima del Monega si rivela faticosa tant'è che solo Albe conquista la vetta mentre il resto del gruppo lo attende 200 metri sotto. Dopo una breve pausa si riprende a camminare galvanizzati dal sentiero che finalmente pianeggiante ci porta nel giro di una buona mezz'ora presso il Colle del Garezzo, valico alpino posto ai piedi del Frontè caratterizzato dalla presenza di una galleria militare che collega la valle Arroscia alla valle Argentina. Stanchi ma finalmente rodati raggiungiamo entro le 12.00 la cima del Frontè ai piedi della Madonnina che incredibilmnete dopo tante invocazioni finalmente si palesa d'innanzi a noi. Pausa pranzo veloce e via, minacciati dal temporale che incombe, ci rimettiamo in marcia alla volta del Saccarello. Basta appena un' oretta di cammino ed eccoci davanti ad una bionda nel dehor del rifugio La Terza felici e pronti per il pernottamento. La leggenda narra di storie riguardanti dell'acqua bollita e rumori molesti provenienti da vicini avvinazzati e poco rispettosi.Baca lagi