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- Mar 16, 2024
- ⛅ 15 °C
- Altitude: 17 m
- ItalyLiguriaSan RemoBussanaCapo Verde43°49’7” N 7°49’31” E
Planare
March 16 in Italy ⋅ ⛅ 15 °C
Il viaggio vero e proprio è terminato, ma non posso non soffermarmi sulle buone vibrazioni che la terza giornata mi ha trasmesso.
Mi sono svegliato presto e come un ninja mi sono preparato silenziosamente per non disturbare i due coinquilini. Mentre mangiavo uno snack in cucina ho conosciuto Giulia, una ragazza di Bergamo che è venuta a fare una gita in Liguria. Lei ama camminare, ha fatto tra le altre cose il cammino di Santiago e sa il fatto suo in termini di avventure. È sempre bello conoscere persone che condividono con noi la passione per l’avventura, in qualsiasi sua forma.
Non faccio in tempo a fare colazione all’ostello, mi devo dirigere verso la stazione dove mi attende il treno per Sanremo. Mentre mi insinuo in certe viuzze della città mi rendo conto che questa Genova sa un po’ di Marsiglia: sporca e pericolosa, bellissima a tratti ma da brividi, si incrociano certi sguardi…
Il viaggio fila liscio, sono sospeso tra realtà e sogno, mentre il mare scorre fuori dal finestrino, azzurro e potente nel suo silenzio.
Sbarco a Sanremo, la città con la stazione più bizzarra di tutte: ci sono solo due binari, ma sono separati dall’uscita della stazione da un tunnel chilometrico, ci vogliono almeno 6/7 minuti per percorrerlo tutto.
La città brulica di gente, è una giornata splendida, ne troppo fredda ne troppo calda. C’è eccessiva confusione però, ed i preparativi per l’arrivo della Milano-Sanremo di certo contribuiscono ad alimentarla. Così opto per una sgambata lungo la ciclabile che costeggia il mare. Lungo il percorso, quasi all’altezza del Poggio, c’è un locale, La Vesca, dove il mio amico Diego mi ha consigliato di fermarmi a fare colazione. Ed effettivamente merita, specialmente per la vista sul mare e su tutta Sanremo. Qui mi rilasso davanti ad un cappuccio ed un croissant, ascoltando un po’ di musica e contemplando la mia serenità. È una mattinata stupenda, il sole mi da vigore e tutto mi sembra meraviglioso.
Decido poi di fare un sopralluogo al Poggio, per assicurarmi che non abbiano già bloccato il traffico. È ancora tutto tranquillo, ma non mi va di tornare indietro e tuffarmi di nuovo nel fermento della città. In più vedo un sacco di ciclisti che mi sfrecciano di fianco e si buttano sulla salita. Voglio sentirmi parte anche io di questo pellegrinaggio di appassionati, così imbocco a mia volta la salita. E quindi eccomi li, felice, a salire con il mare al mio fianco e la gioia negli occhi. Mi sento importante, e mi sento parte di un qualcosa di indefinito e grande, qualcosa che mi riempie il cuore. Si respira proprio una bella atmosfera: di festa, di primavera, di leggerezza. Più salgo più il mio sorriso si apre e abbraccia ogni cosa.
In un attimo di rivelazione individuo pure il punto in cui voglio fermarmi a vedere i corridori passare. Piazzo la bici a bordo strada vicino al guard-rail, mangio qualcosa e aspetto. Un’attesa infinita (i corridori non arriveranno prima di 3/4 ore), un’attesa durante la quale si edifica lentamente, quasi impercettibilmente lo spirito della manifestazione. Piano piano la gente trova la propria postazione, i ciclisti amatoriali continuano a salire a decine, chi bello rilassato chi a tutta. Arrivano anche i ragazzi di un fan club di un ciclista a me sconosciuto; ma non importa, perché l’atmosfera si fa sempre più festosa e sale anche un po’ la tensione per l’imminente passaggio della corsa e per il suo esito. I minuti che precedono il passaggio sono pura adrenalina: quando i commentatori annunciano che i corridori hanno attaccato il Poggio, sento il cuore che mi esplode nel petto, non riesco più a contenere questa bellissima tensione. Sono ancora lontani, ma è come se riuscissi già a vederli, a percepirli con tutti gli altri sensi mentre infuriano sulla salita. Poi arrivano veramente ed è un attimo, un istante in cui cerchi di catturare la potenza sprigionata da quella massa quasi uniforme che si sposta. A 30 km/h su due ruote sottili.
E poi tutto finisce, un’estenuante attesa per vivere pochi secondi di gloria. Non vince nemmeno Pogačar, ma non importa, sono contento, tutto è stato perfetto, ho riscattato definitivamente le fastidiose cattive vibrazioni del primo giorno e mezzo di viaggio.
Finita la gara, la folla rompe le righe e si disperde giù per la riviera. È ora di andare al camping. La rampa in discesa per raggiungerlo me la ricordo benissimo. Stefano il proprietario invece si ricorda di me, e mi accoglie paternamente. Siamo fuori stagione e posso addirittura scegliere la piazzola dove piantare la tenda, che privilegio! Prima della doccia ho anche il tempo di godermi il tramonto dall’amaca appesa nella piazzola. La vista del mare è sempre emozionante, ti fa sentire piccolo piccolo, ma allo stesso tempo amplifica quella sensazione di aver fatto qualcosa di importante e unico che rimarrà sempre impresso nella tua memoria, con tutto il pacchetto di emozioni annesso. Perché sono le sensazioni, le emozioni soprattutto che si imprimono indelebilmente nel nostro animo. Il mare, specialmente al tramonto, è il tramite attraverso cui posso spingere il mio sguardo all’infinito, abbandonarmi totalmente ad un sentire sincero, senza filtri, senza se e senza ma. Il mare al tramonto è la porta per sognare in grande, e per emozionarsi.
Dopo la doccia invece mi siedo al tavolino con vista mare che c’è fuori dal bagno, e sto lì a guardare qualcosa d’indefinito e ad aspettare una rivelazione, un segnale, un’emozione, qualsiasi cosa che possa scaldarmi il cuore. E ad un tratto mi rendo conto che c’è un gran frastuono: sono le rane che gracidano in coro da qualche parte. A tratti sembrano rivolgere delle disperate lamentazioni al mare che tutto sa ma che nulla rivela; a tratti invece sembrano rivolgersi alla città, anzi all’umanità intera e prendersene gioco ridendo a crepapelle. Io sono il semplice spettatore di questo meraviglioso spettacolo, e quasi provo tristezza per il fatto che tutti le altre persone laggiù non possano ascoltare queste rane e godersi questo miracolo. Tutto mi appare magico, questo momento è perfetto; è un momento di sintesi.
In campeggio ci sono anche due ragazzi francesi, una coppia. Come al solito, quando viaggio perdo gran parte delle mie inibizioni, riesco a non sentire il peso della percezione della mia inadeguatezza. E così mi faccio avanti e mi presento. Facciamo due chiacchiere e scopro che sono partiti da Sete, vicino a Montpellier, e in otto mesi vogliono arrivare a Capo Nord. Pazzi! Dei pazzi sono, ma amo il loro progetto e glielo confesso.
La comunicazione tra viaggiatori è sempre molto semplice (ma non banale), molto immediata e non contaminata da certe sovrastrutture. Si parla in maniera schietta, e si sogna insieme, si viaggia sulle stesse lunghezze d’onda, si instaura subito un certo feeling.
I ragazzi sono gentilissimi e mi invitano a stare tutti insieme durante la cena. A fine serata ci facciamo anche una foto insieme, un ricordo speciale per me. Una volta ancora provo quel senso di profonda connessione con qualcuno, anche se so che probabilmente non ci si vedrà mai più; ognuno per la sua strada, per la sua vita. Giustamente e dolorosamente. Questo è il bello e il brutto di questi incontri. Che in ogni caso ti arricchiscono più che la maggior parte dei rapporti superficiali che hai quotidianamente con le persone.
Mi sento felice e penso che la vita è bella, è un bel casino che ti stordisce, ti fa malissimo ma ti regala anche momenti stupendi e densi di significato. Life is pain au chocolat. Buonanotte cari amici. Purtroppo avendo aspettato cosi tanto a scrivere, certe impressioni, certe sensazioni sono sbiadite se non addirittura svanite. Perciò il racconto è un po’ scarico, non è così “impressionista”, ma piu ragionato per la difficoltà di risalire a certi momenti, a certe impressioni appunto.
Purtroppo stavolta ho pagato la mia pigrizia. Però dai, qualcosa ho scritto e qualcosa rimarrà di questa breve ma intensa fuga.Read more