Guatemala

August 2022 - January 2023
A 163-day adventure by Leonardo Read more
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    La mia Isla Verde 🌅🌿🪷

    January 8, 2023 in Guatemala ⋅ ⛅ 19 °C

    Wow.
    Non ci sono molte altre parole per descrivere le sei settimane appena passate, in cui il tempo sembra essersi addensato, passando rapido ma lasciando un'enorme scia di ricordi.
    Se dovessi morire oggi (tocchiamo ferro) morirei felice, e con questo potrebbe concludersi questo racconto. Non è forse questo quello che spesso mi manca? la certezza di essere grato di vivere appieno tutto ciò che la vita mi offre. Così mi sento oggi. Estremamente grato per aver avuto l'occasione di passare del tempo in questo angolo di paradiso.
    I fiori, le piante, i colibrì, il canto notturno del guayanoche, gli scoiattoli mattutini, le farfalle, l'acqua, il vento, il sole, i botti, le feste, il vino (tanto), il cibo (tantissimo), i frullati, le escursioni, le nuotate, la sauna, la yacuzzi, le giornate della pizza, i viaggi in barca, le partite a Monopoly Deal, a shithead, a SushiGo, a Mancala, gli ospiti, i balli, le risate (dio benedica le risate), le confessioni, gli abbracci, le condivisioni e soprattutto le emozioni.
    Ne ho vissute tante. Spesso positive, di meraviglia, di quel fuoco che senti dentro che scalda il cuore e ti fa venire i brividi perché senti che sei fortunato ad essere lì, a vivere quello che stai vivendo. A volte accompagnate dalla tristezza, dalla nostalgia (soprattutto durante le feste), altre dall'ansia di non stare dedicando abbastanza tempo al dovere e forse un po' troppo al piacere. Ma ehi, chi sono io per sottrarmi alla fortuna di poter godere di ogni attimo felice? Certo ora mi ritrovo con un immenso lavoro da fare per la tesi ma un giorno, rileggendo questo, sono sicuro penserò di aver fatto la cosa giusta, e questo significa che era davvero la cosa giusta da fare.

    Ci sarebbe tantissimo altro da ricordare, ma il ruolo più importante l'hanno avuto le persone.
    Hollie e Cian, colleghi di lavoro, amici, presenti in tutti i migliori ricordi. Persone su cui, ne sono sicuro, investirò del tempo in futuro per continuare a coltivare questa amicizia. A partire da subito perché per le prossime due settimane il mio viaggio continuerà proprio con loro.
    Erik, compagno di escursioni, offritore incallito di bottiglie di vino rosso, e milionario norvegese in pensione che porterò nel cuore come colui che beve sempre "strawberry milkshake with little sugar".
    Sofia e Riley, manager, amici, persone gentili e dal cuore grande pronte a trasformare il mio compleanno in un pizza party con karaoke tutto a loro spese.
    Barb, cuore grande anche se a volte fragile, a cui devo molto, soprattutto un olio viso e un deodorante fatti in casa.

    Che dire, a volte basta poco, una singola scelta può cambiare tutto. Il cuore sa sempre ciò di cui ha bisogno.

    E ora, al prossimo capitolo di questo viaggio.
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  • Day 89

    Belizeee

    November 18, 2022 in Belize ⋅ 🌧 26 °C

    Finalmente raggiungo la frontiera e letteralmente a piedi la attraverso. Al di là un autobus mi aspetta per portarmi a San Ignacio. Non resto tanto in Belize, due giorni, giusto perché dovevo uscire dal Guatemala. L'idea era di esplorare un parco naturale pieno di cascate e grotte ma il tour viene annullato quindi ripiego su un tour in una grotta maya, le ATM Caves, in cui gli archeologi hanno trovato resti di scheletri e antichi reperti e hanno deciso di lasciarli lì, come un museo naturale. Per entrare bisogna attraversare un fiume con una corda, nuotare e risalire il fiume all'interno delle grotte sotterranee, completamente al buio. Le foto sono preso da Google perché non era permesso portare apparecchiature fotografiche di nessun tipo. Alla fine della grotta c'era uno scheletro di una donna, probabilmente sacrificata per ottenere il beneficio della dea dell'acqua in un periodo di siccità.
    Non faccio tante foto in Belize ma qui lo spirito è: tutti sono i benvenuti. Diverse etnie hanno trovato casa in Belize tra cui i Garifuna, discendenti degli schiavi africani portati in America ai tempi della schiavitù negli Stati Uniti. Porterò con me la gentilezza di queste persone che sempre salutano per strana e sempre ti chiedono se ti serve aiuto. Anime belle.
    Unica disavventura: la mia unica carta rimasta (l'altra l'ho persa) sembrava non funzionare in Belize il che rendeva impossibile prelevare i soldi soprattutto per pagare la dogana all'uscita del paese (si qui si paga per uscire, circa 20 euro). Dopo alcuni tentativi e ore di coda (i bancomat qui hanno sempre la coda di gente) finalmente riesco a prelevare e quindi ad uscire dal paese.
    Il viaggio di ritorno dal Belize è lungo più di 10 ore in autobus sovraffollati come sempre ma alla fine termino anche questa avventura.
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  • Day 87

    Flores, Tikal e Yaxha

    November 16, 2022 in Guatemala ⋅ ☁️ 29 °C

    Devo uscire dal paese per rinnovare il visto e lunga il tragitto per il Belize mi fermo a Flores, isola del lago di Petén, che mi accoglie con un tramonto incredibile.
    La mattina seguente mi sveglio alle 4 perché alle 4.30 parto in direzione Tikal, le rovine Maya di un'antica città che ospita tra le 7 e le 12 milioni di persone. Immaginate una città enorme con più di 60 000 edifici. All'arrivo ci viene subito spiegato che la foresta che vediamo ovviamente non c'era all'epoca e che la causa dell'abbandono della città, oltre alle guerre con el città vicine, è stata proprio la deforestazione e la mancanza d'acqua. La città venne abbandonata nel 900, circa 1100 anni fa e in questo tempo la foresta ha ripreso i suoi spazi diventano la Biosfera Maya, la seconda foresta pluviale più grande d'America dopo l'Amazzonia. La cosa più spettacolare non sono le rovine in sé, certo affascinanti, ma soprattutto vederle immerse nella foresta. Vedere i templi emergere dalla distesa verde è qualcosa di magico. Per non parlare dell'incredibile varietà di uccelli, mammiferi e rettili che sono presenti. L'unico aspetto negativo di Tikal è che è estremamente turistico. Nel pomeriggio andiamo a Yaxha, un'altra città Maya in origine parte del triangolo Maya. Anch'esse sorge nella foresta ma è molto meno conservata e la maggior parte dei suoi edifici sono ancora sommersi da suolo e alberi. Sembrano colline ma in realtà sono templi maya sommersi. Saliamo su un paio e la guida ci offre l'onore di vedere e toccare una tarantola selvatica. Non morde dice, sebbene lui sia stato morso ben 4 volte. In più ci sono scimmie ragno e scimmie urlatrici che fanno piovere merda (letteralmente) dagli alberi. Qui mi sento meglio. Mi piace che la natura sia più presente e che sia un luogo molto meno turistico. Il tramonto che vediamo dal tetto di una piramide è magico. Apparso quasi per miracolo dopo un pomeriggio intero di piogge. Torno stanco ma felice. La natura ancora una volta cura il mio umore.Read more

  • Day 84

    Semuc Champey

    November 13, 2022 in Guatemala ⋅ ⛅ 25 °C

    Weekend fuori porta alla scoperta di uno dei luoghi naturali più famosi del Guatemala e sempre più metà di turisti: le pozze naturali di Semuc Champey.
    Arrivarci non è stato semplice, dopo quasi 3 ore di bus sono arrivato in un villaggio da dove l'unico modo per raggiungere l'area del parco era salire su un pick-up condiviso con altre persone.
    Unico problema: non c'erano persone con cui condividere il viaggio e mi volevano far pagare 15 euro per andare da solo. Ovviamente non avevo fretta e ho preferito aspettare e alla fine dopo circa mezz'ora siamo partiti.
    Prima di andare a vedere Semuc avevo prenotato una notte in un ostello immerso nella natura, tanto che per arrivarci ho dovuto camminare 40 minuti tra sentieri collinari e ponti di legno abbastanza instabili. Le avventure che piacciono a me, quello che mi fanno scorrere l'adrenalina nel sangue. Il posto era incredibile. Amache, foresta, rumore del fiume, canto di uccelli e titolari amichevoli che mi hanno portato al loro posto preferito per fare un bagno sono stati tutti elementi che hanno fatto di quella breve permanenza un toccasana che ha alleviato ansie e solitudine della città.
    Il giorno dopo a piedi in circa un'ora e mezza raggiungo Semuc Champey e salgo fino al mirador. Aveva piovuto la notte ed era tutto estremamente scivoloso. Una volta in cima, dopo aver scattato foto e ammirato le incredibili piscine naturali dall'alto decido di scendere scalzo. Grave errore. Scivolavo comunque. Mi rimetto le scarpe con i piedi sporchi di fango dentro ai calzini e continuo a scendere. Una volta giù il premio è che mi posso finalmente godere un bel bagno nelle pozze. Paradiso. Resto un'oretta abbondante ammollo e a prendere il sole finché la fame si fa sentire. Un ultimo sguardo a quella meraviglia, cerco di salvare il momento nella mente e riparto verso casa.
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  • Day 82

    Fase 1 completata

    November 11, 2022 in Guatemala ⋅ ☀️ 31 °C

    Ricordo che è da quando sono arrivato che aspettavo il momento in cui avessi finalmente finito di progettare la raccolta dati, fossi andato per comunità e avessi terminato la missione per cui sono partito.
    Quel momento è oggi. Quel momento è arrivato, e io sono al settimo cielo.
    La settimana scorsa mi stavo facendo prendere dall'ansia, un sacco di programmi stavano cambiando, gli imprevisti erano quasi all'ordine del giorno e il mio nervosismo cresceva. Anche in quel caso una buona dose di meditazione e di lavoro mentale sono stati necessari per entrare nello spirito giusto: non puoi controllare tutto, non ti affannare per ciò che è fuori dal tuo controllo.

    Lunedì ero un'altra persona. Pronto per ogni avversità. Così la vita ha pensato bene che per testare questo equilibrio instabile era necessaria un'ulteriore prova. Appena partiti lunedì scopriamo che 3 delle 6 persone assunte per aiutarci nella raccolta dati hanno dato buca. Non sarebbero venuti, né quel giorno né nessuno dei successivi. Me l'avessero detto la settimana scorsa sarei esploso, ma lunedì no, lunedì sono solo scoppiato a ridere, una risata genuina, liberatoria quasi, un'opportunità per riaffermare la mia ritrovata indipendenza dagli imprevisti che per tutta la settimana non sono stati in grado, neanche una volta, di influire sul mio umore.
    Altre sono invece state le sfide vere e ben più pesanti. Sfide che ho già raccontato, in parte, nella storia precendente e su cui è meglio non tornare per non far tornare a galla emozioni che ho momentaneamente superato. Perché è così che ci si mantiene sani, riponendo a terra i pesi che ci portiamo sulle spalle e su cui non abbiamo il controllo. Così i pesi raccolti questa settimana li ho presi tra le braccia, li ho stretti forte, li ho sentiti, loro hanno sentito me, ci siamo riconosciuti, e poi ci siamo lasciati andare, loro hanno cambiato me e io ho accettato la sfida di provare a cambiare loro, con quel poco, pochissimo, potere che ho: la mia voce.

    Certo, queste non sono esperienze che si possono più di tanto raccontare. Si possono mostrare le foto, raccontare delle storie, ma non si possono condividere le consapevolezze acquisite ne le connessioni create, e chi mi conosce bene sa quanto io creda che non si possono cambiare le cose a cui non si è connessi. Io mi sono connesso a questa realtà, ed ora ne condivido i problemi e posso sempre provare a far connettere anche altre persone. Molto probabilmente non ci riuscirò, nessuna persona di un paese sviluppato ama fermarsi a pensare ai problemi dell'umanità, soprattutto di un'umanità che vive oltreoceano in comunità sperdute di cui non saprebbe neanche pronunciare il nome. Tuttavia, tentar non nuoce. Non sono bravo a comunicare le battaglie che mi stanno a cuore, a cui sono connesso, c'è chi direbbe che divento indisponente o addirittura arrogante, e ne sono consapevole. La rabbia non entra spesso nelle mie giornate ma quando una persona non capisce il mio punto di vista allora inizia a farsi sentire e non riesco più a gestire la comunicazione in modo costruttivo. Forse è proprio da qui che dovrei partire, lavorare su una comunicazione più costruttiva, aperta, non giudicante e che punti a far davvero capire cosa ha fatto scattare in me la connessione a ciò che mi sta a cuore, senza però pretendere che anche nel mio interlocutore scattino le stesse connessioni. Del resto siamo tutti diversi, e io lo sono bene, molto bene.

    Concludo ringraziando la vita e ringraziando me stesso, sì me stesso, perché ho avuto il coraggio di spingermi dove avevo paura di spingermi, di essere uscito di nuovo dalla mia zona di confort creando un'opportunità di crescita e di riflessione che sta dando i suoi frutti. Ho sofferto, ho pianto ed ora raccolgo i primi frutti di quelle lacrime, frutti di maggior consapevolezza, frutti che donano carica e voglia di cambiare le cose, frutti che ti danno la spinta a non fermarti e a lasciar spazio a tutto ciò che di bello può ancora succedere nel mondo. Ed è per questo che domani riparto alla scoperta di questo paese per prendermi del tempo per riflettere meglio su quanto ho visto ed ascoltato ed anche per rilassare la mente dopo questi giorni così intensi.

    NB. Aneddoto interessante. Durante il terzo giorno in cui andavamo di casa in casa a raccogliere dati con il questionario da me creato, si è sparsa la voce nella comunità che c'erano giovani che giravano facendo domande scomode. Ad un mio collega è capitato di essere accolto da una vecchietta con un bastone pronta a colpirlo e ad un'altra collega hanno impedito di uscire dalla casa e minacciato di chiamare la polizia. Fortunatamente nessuna conseguenza se non un po' di paura. Giusto per far capire quanto parlare di alcune problematiche diventi scomodo e le comunità sono estremamente divise tra chi vede il problema e chi invece lo nega. Le aziende di palma fanno anche questo, rompono gli equilibri comunitari.
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  • Day 78

    Raccolgo dati ed emozioni

    November 7, 2022 in Guatemala ⋅ ⛅ 28 °C

    Sono in visita alle comunità, che dovete immaginare come un mix tra baraccopoli nella natura, case di legno con tetti di paglia, e case in cemento in costruzione con tetti in lamiera. Il tutto condito con buone dosi di fango, cani randagi, galline e maiali liberi di scorazzare, e un'afa persistente che se potesse entrerebbe nelle ossa. Ciononostante, ai miei occhi, questi posti sono bellissimi. Pieni di semplicità, natura, occhi curiosi, bambini gioiosi, e tanta accoglienza. Quello che il mio sguardo fatica a vedere sono le enormi difficoltà che queste persone affrontano con oramai rassegnata naturalezza. Durante il primo giorno di raccolta dati siamo stati in una piccola comunità in riva al fiume, oramai circondata dalle piantagioni di palma da un lato, che contaminano le loro acque e sottraggono le loro terre, e da un fiume sempre più soggetto ad esondazioni dall'altro. Non hanno scampo. Ho passato la serata a pensare a come poter aiutare queste persone se ne avessi il potere. Potrei aiutarli a combattere contro l'industria della palma, ma contro il fiume la questione è più complessa. Non si può combattere la natura. La protezione della loro comunità necessiterebbe o di opere d'ingegneria fluviale, decisamente troppo onerose e impattanti, o di una maniera veloce di contrastare il cambiamento climatico, assolutamente impensabile nel breve termine. In poche parole: sono fottuti. Non sono riuscito a pensare ad altro se non a trovare un modo affinché se ne vadano da lì. Non ci sono alternative. Devono fare i bagagli. Ed è proprio qui che la questione si complica.
    Facciamo un gioco di ruolo: vivi in una terra condivisa con la tua comunità, di cui non possiedi titolo di proprietà (non puoi vendere), e vivi in una casa di legno (non la puoi vendere) e ti cibi dei frutti della terra (che bastano a malapena a garantire il minimo apporto calorico necessario a te e alla tua famiglia). Anche se te ne volessi andare, come pensi di farlo? e soprattutto, andare dove? in città con il suo costo della vita elevato? in un'altra comunità della zona che vive quasi le stesse problematiche? all'estero? e con che soldi?
    Queste persone non hanno vie d'uscita. Se hanno la fortuna di possedere del terreno, litigano con l'idea di venderlo all'industria della palma, perché sì questo li aiuterebbe economicamente a migrare ma li lascerebbe senza terra e non farebbe che peggiorare le condizioni ambientali della loro comunità, comunità in cui sono nati e cresciuti, in cui vivono persone con cui hanno condiviso molto, se non tutto.
    Come si aiutano persone che vivono in queste condizioni? come trovare la forza di dirgli: l'unica soluzione che hai è di trovare la felicità con quel che hai. Perché è così. La legge non li aiuta. Lo stato non li aiuta. Le organizzazioni internazionali poi di tanto non possono fare. Non hanno altro se non loro stessi e la loro capacità di divertirsi e godere di quel poco che hanno. E gli basterebbe anche se non fosse che la loro acqua sa di aceto ed ha la consistenza dell'olio e il loro fiume puntualmente gli rade al suolo la casa e gli distrugge il raccolto.
    In tutto questo l'industria palmera mette letteralmente in pericolo le loro vite, con minacce di violenza e di persecuzione giuridica. I due capi comunità che ho conosciuto hanno un processo tra un mese in cui sono imputati per delle accuse che scopriranno solo quel giorno.
    Io onestamente ad un certo punto stavo per mettermi a piangere. L'emotività è nata dall'empatia che a sua volta è cresciuta al conoscere la storia e la vita di queste persone. Conoscere la storia di queste comunità è per me un privilegio ed un grande fardello. Un peso grande sulla mia sensibilità, difficile da smuovere. La tristezza e l'impotenza si siedono sul mio umore e restano lì finché il tempo non opererà la magia del soppiantare i miei pensieri e le mie emozioni con altri di nuovi. Io stesso non ho alternative se non cercare di restare positivo e concentrato, e sperare che quel poco che riuscirò a dire e a scrivere su di loro svegli l'empatia in altre persone. L'ho già scritto qui, il nostro stile di vita è concatenato alla vita di queste persone. Quando tornerò mi piacerebbe riuscire a parlare di queste comunità con più persone possibili. Credo sarebbe un'opportunità per rendersi conto che un sistema economico basato sullo sfruttamento incontrollato ha un duplice effetto: colpire le comunità che vivono con le risorse e con le terre che il sistema necessita; e colpire tutti con eventi climatici che causeranno sempre più morti e più migrazioni, migrazioni che altro non sono che l'ultima spiaggia, l'ultima opportunità di salvezza per molti esseri umani.
    Forse la mia unica salvezza è il "non vedo, non so, non soffro", perché una volta che sai, che vedi e che tocchi con mano, è quasi sicuro che soffrirai. L'ingiustizia non lascia scampo agli animi sensibili e ammetto, non con vanto o arroganza anzi quasi con una certa preoccupazione per la mia salute mentale, che la mia sensibilità in queste occasioni non aiuta.
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  • Day 56

    Weekend fuoriporta

    October 16, 2022 in Guatemala ⋅ 🌧 22 °C

    Mi ero ripromesso di fare un viaggetto ogni weekend, tempo permettendo, e così è stato negli ultimi due.

    Oggi con la famiglia di Antonella, che mi invita ogni weekend a cena, siamo andati sulle colline attorno alla città, alla Cooperativa Chicoj, dove una comunità gestisce una piantagione di caffè, offre tour e degustazioni e anche un bel percorso in zipline. La combo natura, sole, zipline, bella compagnia e caffè d'altura hanno reso la giornata memorabile. Sicuramente una delle più belle da quando sono arrivato. Ormai mi considerano loro fratello e stanno programmando ogni weekend per portarmi ad esplorare posti incredibili qui attorno. Mi sento tanto fortunato. Resto a cena e giochiamo a carte con i due nipotini di 9 anni che ormai mi adorano. Mi manca la mia famiglia ma torno a casa felice.

    Domenica scorsa invece sono stato con Denis a San Cristóbal, paesino carino con una laguna che solitamente si può navigare in barca, se non fosse che il "lanchero" quel giorno non si è presentato a lavoro. Siamo saliti allora in cima alla collina, per assaporare la vista dalla Chiesa del Calvario proprio prima della pioggia. Il tempo ci ha costretti a rifugiarci in un locale che detiene la ricetta segreta di cocktail piuttosto forte, la Lemonada, che attira giovani guatemaltechi da tutti i paesi vicini. Ah e ho comprato una piantina per celebrare la bella giornata.
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  • Day 45

    Distese di Palma da Olio

    October 5, 2022 in Guatemala ⋅ ⛅ 30 °C

    Le foto fatte da un tuk tuk che inciampa su ogni pietra di una stradina sterrata tra le distese di palma da olio non rendono l'idea della vastità di queste monoculture. Oggi sono entrato in una piantagione di palma. Si un po' come quella dello spot della Nutella che dice "olio di palma da piantagioni sostenibili", solo che non siamo in Indonesia ma in Guatemala, precisamente nelle Terre Basse del Nord, a circa due ore e mezza da Cobàn, dove vivo io. Siamo alla ricerca di comunità rurali in cui venire a portare a termine lo studio per la mia tesi. Tesi che dovrebbe anche trattare l'influenza che piantagioni di questo tipo hanno e hanno avuto sulle vite di queste persone indigene. L'impatto è forte. Intere comunità che si identificano con qualche casa/baracca, un campo da calcio, qualche cane e rigorosamente una chiesa, interamente circondate da palme. "Non abbiamo spazio per le nostre terre", mi dicono i capi comunità quando ci accolgono in una capanna idilliaca in mezzo al verde tropicale e all'afa da Pianura Padana in piena estate. "Ci hanno tolto le nostre terre e ci contaminano le fonti d'acqua, ma non vogliamo andarcene, vogliamo lottare" (sto parafrasando). Un po' mi viene da piangere onestamente. Me ne resto lì con la testa bassa. A disagio. Non so come aiutare queste persone e si aspettano chiaramente che il mio studio le possa aiutare. Il mio studio è solo una tesi, una tesi non può salvare queste persone, solo una mobilitazione, una grande disobbedienza civile, una trasformazione della loro storia in documentario Netflix potrebbe forse rendere il caso così pubblico da fare pressione su queste imprese. Imprese multinazionali che esportano soprattutto in Olanda e da lì a tutta Europa. Anche questo olio di palma viene classificato come sostenibile anche se prodotto dal non rispetto dei diritti umani, col solito pretesto di portare lavoro e sviluppo in queste zone. Qui questa gente non l'ha mai chiesto uno sviluppo di questo tipo. Qui vogliono andare a scuola, vogliono che i loro prodotti, i prodotti delle loro terre, possano avere un mercato. Vogliono poter contare sulle lore fonti d'acqua e vogliono che il governo riconosca la loro presenza. Questi sono i luoghi dove durante la guerra civile si sono compiuti genocidi al solo scopo di sottrarre terre eliminandone i proprietari. Lo stato ha cosi avuto via libera per vendere queste terre alle multinazionali dei Paesi che lo finanziavano con l'invio di armi, primi fra tutti Canada e Stati Uniti, le cui aziende estrattiviste continuano a fare man bassa di risorse. Ora arrivano e li circondano, gli promettono lavoro, li intimidano e li costringono a vendere le terre anche con la forza.
    "Non ci considerano come esseri umani"
    Questa frase mi spezza il cuore.
    Quante volte noi privilegiati, bianchi occidentali, non riconosciamo e non abbiamo riconosciuto, chi non ci assomiglia per aspetto, cultura, "rango sociale", come un essere umano?
    Ancora una volta mi ritrovo a pensare come l'intersezionalitá delle oppressioni abbia alla radice dei suoi mali il capitalismo, frutto di politiche liberali colonialiste. Le nostre scelte nei supermercati infatti ricadono anche su queste persone.
    Ma come può un cittadino farsi carico di tutte queste considerazioni? Come può la politica essere così maledettamente bastarda da lasciare al cittadino la responsabilità di scegliere tra prodotti che rispettano ambiente e diritti umani e prodotti che non lo fanno che però si trovano a prezzi più bassi?
    Non ho risposte a queste domande. Ho solo tanta amarezza.
    Torno a casa "felice" di aver avuto l'opportunità di toccare con mano anche questo tipo di oppressione, perché ora vedo ancora più chiaramente cosa non voglio vedere nel mondo, e triste per non avere gli strumenti e la determinazione per poterla eradicare.
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  • Day 38

    Rituale indigeno

    September 28, 2022 in Guatemala ⋅ ⛅ 24 °C

    Mercoledì sveglia alle 4 di mattina e partenza per una comunità un po' dispersa in mezzo alle "montagne". Dovevamo arrivare prima dell'alba, momento in cui sarebbe iniziato un rito indigeno propiziatorio per cercare di usare la nostra energia per non alterare quella della natura che ci ospitava. Dovevamo piantare nuovi alberi ma, in queste comunità, prima di modificare l'ambiente circostante è sempre bene assicurarsi di non stare alterando anche qualche equilibrio energetico. Arriviamo dopo aver percorso stradine sterrate impraticabili senza un pick-up o senza la doppia trazione. Mi accolgono con sguardi di stupore. Non credo si aspettassero un bianco a presenziare la cerimonia ma mi accettano nel cerchio e mi consegnano delle candeline colorate. La guida spirituale inizia il rito spiegando in lingua indigena cosa si farà. La prima tappa è l'accensione del fuoco che resterà poi acceso mentre si susseguono diverse volte riti ripetitivi: versare acqua e cacao nel fuoco, versare alcol, "benedire" gli anziani del villaggio, sputare acqua (letteralmente) addosso ai rappresentanti degli ospiti (tra cui il mio collega), versare semi di sesamo nel fuoco, lanciarci dentro piccoli sassi, e di tanto in tanto imprimere di energia una o più candeline e gettarle a loro volta nel fuoco. Il rito dura circa un'ora o un'ora e mezza e finisce con una tazza di cioccolato caldo per tutti e una bevande super alcolica ottenuta dalla fermentazione di mais e cacao. Non mi fido a bere nessuna delle due viste le recenti intossicazioni, più che altro perché le tazze in cui le servivano sembrava non le lavassero mai. Me ne pento ovviamente ma ho ancora il terrore di stare nuovamente male. La giornata continua con consegna di magliette, discorsi, balli con lo sfondo musicale della marimba ed infine con il momento della consegna degli alberi da piantare. Alcuni li piantiamo subito immergendoci nella foresta che circonda la comunità. Una foresta verde e rigogliosa in cui però si vede l'impronta umana: tra gli alberi spuntano piante di caffè, di mais e di cardamomo. Per non parlare di confezioni di plastica o di alluminio di snack e bevande abbandonate a terra nel corso degli anni. Comunque sia è uno spettacolo per gli occhi. Le persone qui sono state davvero accoglienti, venivano spesso a parlarmi, a chiedermi da dove venissi, a raccontarmi della loro comunità e ad offrirmi dei mandarini. Probabilmente pensavano che fossi il benefattore degli alberi e delle magliette, quando in realtà non centravo nulla, ero un semplice spettatore.
    È stata una mattinata densa di emozioni, di energie forti e di sorrisi. Felice di aver avuto l'occasione di conoscere così da vicino la vita di queste persone.

    Nota a margine. Ogni comunità lungo la strada aveva una chiesa, cattolica o protestante o evangelica o altro di a me sconosciuto. Appena sono arrivato infatti pensavano fossi un sacerdote. Qui a quanto pare è normale che si spingano persone di fede per cercare di portare il loro credo tra queste montagne a scapito della cultura e delle credenze che gli anziani portano avanti, molti dei quali vengono poi perseguitati e alcune guide spirituali anche uccise. Le religioni "occidentali" monoteiste vengono qui portando spesso denaro in cambio proselitismo. Non dico sia un male assoluto ma la globalizzazione, anche spirituale, porterà alla perdita di riti e credenze che spesso hanno come principio di base il rispetto della natura. I popoli indigeni Q'eqchi' credono di essere un tutt'uno con la madre terra e dispregiarla significa mancare di rispetto alle loro stesse anime. Non appena questo verrà soppiantato da altre credenze con l'arrivo degli occidentali, le loro terre verrano quasi inevitabilmente convertire a serbatoi di risorse da usare ed esportare, come è già successo in altre comunità. È un'altra storia di colonialismo mascherato, l'ennesima evidenza che il modello capitalista occidentale ha il potere di imporsi, con la scusa di togliere le persone dalla povertà e dalla "vita barbarica", anche nelle comunità più remote. A volte fortunatamente si sviluppa un certo sincretismo religioso e si vedono persone partecipare a riti indigeni mente portare collane con croci cristiane o borse con scritto "Gesù è il buon cammino". Questo tipo di comunione di fedi è già più sano e auspicabile. Non far perdere l'identità a queste comunità è fondamentale, lo ripeto, perché non perdano il contatto con le loro terre e con la protezione che garantiscono alla natura che le circonda. Sono la prima linea nella lotta alla degradazione ambientale e per la conservazione delle risorse naturali. Non servono aree protette qui, servono più diritti per i popoli indigeni.

    (scusa mamma lo so scrivo sempre tanto ma quando inizio poi non mi fermo più e devo lasciare uscire questi pensieri)
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