A 9-day adventure by Paola Read more
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  • Day 9

    Ritorno passando da Heathrow

    July 7, 2023 in England ⋅ ☀️ 25 °C

    Verso le 5 ore italiane - al ritorno abbiamo perso le 6 ore guadagnate all’andata - ci danno merendine confezionate e caffè. Atterriamo a Londra puntuali alle 6,30 e alle 9,20 prendiamo il volo per Milano.
    Viaggio finito: siamo stanchi ma molto soddisfatti, arricchiti di tante nuove conoscenze, perché come dice la zia Nene (88 anni) viaggiare è cultura.
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  • Day 8

    JFK inizia il ritorno

    July 6, 2023 in the United States ⋅ ☀️ 29 °C

    Appuntamento alle 8 per prendere i due taxi prenotati ieri sera e arrivare all’aeroporto di Buffalo con un certo anticipo per chiedere alla compagnia Blue Jet se hanno trovato il cellulare di Laura. Ottenuta una risposta negativa facciamo colazione con plum-cake e caffè decente e curiosiamo tra i negozi di souvenir. Figuraccia ai controlli perché avevo un po’ d’acqua nella borraccia: un poliziotto mi ha accompagnata vicino ai bagni per vuotarla.
    Arrivati al JFK di New York Laura fa un altro tentativo presso la compagnia Blue Jet e questa volta ritrova il suo telefono. Perdere il cellulare ora non è più solo perdere la rubrica e i soldi ovviamente, ma anche perdere tanti ricordi come le foto.
    Spendiamo gli ultimi dollari facendo un pasto decente: io prendo un ottimo salmone con contorno di verdure.
    Pippo e Giorgio dopo vanno a bere una birra che ricorderanno per diversi anni: 38 dollari per due Guinness!
    Solito giro nei negozi e alle 15 il volo per Londra Heathrow parte puntuale. Salendo sull’aereo passiamo nella business class molto diversa dall’Economy: ogni posto Business è pari ad almeno 6 posti Economy, i fortunati possono coricarsi, hanno a disposizione una piattaforma su cui appoggiare oggetti personali, i vassoi con il cibo, c’è una cameriera, con una divisa diversa dalle hostess, a loro disposizione, un calice di benvenuto a bordo, a base di champagne o succo di frutta per i bambini o gli astemi. Mi cade l’occhio su una donna intorno ai 30 anni elegantemente vestita con una borsa di “paglia”, ma firmata Christian Dior.
    Io e Andrea siamo nella prima fila centrale dopo la Business e quindi il video è nel bracciolo del sedile come il vassoio per il cibo. Inizio a vedere il film “Frida Kahlo”, donna molto interessante e forte. La cena come al solito non è un gran che, ma abbiamo pranzato bene. Non riesco a dormire per nulla e purtroppo non posso nemmeno finire di vedere il film per non svegliare la mia giovane vicina che dorme con la gamba davanti alla leva per sollevare il video.
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  • Day 7

    Niagara Falls

    July 5, 2023 in the United States ⋅ ☀️ 28 °C

    Sono pronta prima degli altri ed esco per una perlustrazione mattutina prima di colazione.
    L’agglomerato di case si capisce costruito in funzione del turismo: sono per lo più alberghi, ristoranti, negozi di souvenir e ci sono anche le solite bancarelle di street food. Alle 8 del mattino non c’è molta gente in giro e quelli che incontro mi salutano tutti: rispondo al saluto, ovviamente stupita. Mi dirigo verso le cascate: il frastuono dell’acqua che precipita per 50 metri è impressionante e copre tutti gli altri suoni. Vedo il primo arcobaleno sull’acqua e molto vicino alla balaustra dove sono: ecco perché il ponte si chiama Rainbow Bridge.
    Torno in albergo per la colazione. Una vera delusione, tutte cose preconfezionate in contenitori di plastica: succo di frutta scadente, ananas in scatola, dolce di pessima qualità e caffè da dimenticare. Ci fanno inoltre aspettare più di mezz’ora. Non ci sanno proprio fare: è come se fossero infastiditi dai turisti, sicuramente perché hanno la certezza che in un posto simile non mancheranno mai.
    Per prima cosa andiamo a prendere il battello al Maid of the Mist per vedere le cascate da vicino. Costo del biglietto 28 dollari, ma spesi bene. Prima di salire ci danno delle sottili mantelle di plastica blu con cappuccio. Vedere le cascate dal basso è uno spettacolo unico, poi quando si è abbastanza vicino e ti arrivano addosso gli spruzzi d’acqua ti sembra di esserci quasi dentro, anche se ovviamente non siamo proprio sotto. Siamo immersi in una nebulizzazione di goccioline che a tratti diventa improvvisamente molto intensa: le mantelle sono indispensabili e dobbiamo toglierci gli occhiali tutti bagnati.
    Mi vengono le lacrime agli occhi per la bellezza e la forza della natura.
    Scesi dal battello, andiamo in Canada per ammirarle da quel lato.
    Nella parte Usa ci sono le American Falls, divise dalle cascate a Velo Nunziale dall’Isola delle Capre, e infine le cascate canadesi a Ferro di cCavallo.
    Soprattutto nel lato canadese ci sono alti grattacieli e torri in contrasto con lo spettacolo naturale delle cascate, che però è così attraente e affascinante da rendere secondario tutto il resto.
    Le goccioline d’acqua e i raggi del sole formano molti arcobaleni in diversi punti.
    Vorremmo pranzare nel ristorante su una torre, ma quando arriviamo ci dicono che i primi posti saranno disponibili verso le 16.30: ripieghiamo su una pizzeria.
    Dopo pranzo io e Giorgio camminiamo fino alla fine della passeggiata sul lato canadese, mentre gli altri si sdraiano in un parco sotto un enorme albero a fare una dormitina.
    Nel tardo pomeriggio ci separiamo: chi rimane in Canada in cerca di souvenir, chi torna in albergo a riposare e io faccio tutto il giro delle cascate dal lato Stati Uniti, isola delle capre comprese. Non ne ho mai abbastanza di questo eccezionale spettacolo. È anche possibile usare un trenino.
    La sera Pippo, Andrea, Giulia e io vorremmo mangiare: usciamo dopo le 20, ci aggiriamo per il paese alla ricerca di un ristorante ma la cucina qui chiude addirittura alle 20.30 quindi siamo costretti a prendere il solito hamburger e io solo patate fritte.
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  • Day 6

    Buffalo NY

    July 4, 2023 in the United States ⋅ ☀️ 23 °C

    Arrivati al JFK ci rendiamo conto che era assolutamente necessario arrivare con largo anticipo perché è pieno di gente e i controlli al check-in sono sempre meticolosi: arrivo sull’aereo di corsa con le scarpe in mano, perché non ho avuto il tempo di rimetterle, e i calzini bagnati perché la moquette della passerella è appena stata lavata. Mi assegnano il posto vicino all’uscita di sicurezza, ma non sapendo bene l’inglese mi chiedono di spostarmi perché in caso di necessità dovrei capire perfettamente quanto comunicato dal personale di bordo ed eventualmente aprire l’uscita di sicurezza. Aspettiamo quasi un’ora sull’aereo prima del decollo. Sorvoliamo la città e poi tanti boschi fino all’aeroporto di Buffalo. Non ci sono bus che portano alle cascate del Niagara e siamo quindi costretti a prendere due taxi per 80 dollari ciascuno.
    Alloggiamo al The Giacomo Hotel, uno dei palazzi più alti. Le stanze sono molto belle, grandi, con un bagno enorme; caffè e tisane.
    Le cascate sul fiume Niagara sono dovute al dislivello, formatosi in era glaciale, tra il lago Eire e in lago Ontario al confine tra USA e Canada.
    Il 4 luglio è festa nazionale e possiamo vedere i fuochi di artificio riflessi sulle cascate.
    È ormai buio ma ci dirigiamo sul Rainbow Bridge che divide gli Stati Uniti dal Canada. Uno dei due taxisti ha suggerito di andare in Canada perché da lì i fuochi d’artificio si vedono meglio. L’acqua delle cascate è illuminata con luci colorate che le rendono spettacolari.
    Alla dogana ci fanno le solite domande e ci mettono il timbro canadese sul passaporto.
    Anche in Canada c’è tantissima gente. Ci godiamo i fuochi e poi mangiano da Wendy’s: insalate, patatine fritte, hamburger.
    Per uscire dal Canada dobbiamo passare dei tornelli attivabili con monete da1 dollaro o da 50 centesimi: ne abbiamo pochi e siamo costretti a passare il tornello in due, sperando non ci siamo telecamere.
    Intanto Laura si è resa conto di aver perso il cellulare sull’aereo.
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  • Day 6

    Washington Square

    July 4, 2023 in the United States ⋅ ☁️ 26 °C

    Solita piccola colazione in albergo e cafè da Starbucks, facciamo le valigie che possiamo lasciare in camera fino alle 12 e ci concediamo le ultime ore a New York.
    Giorgio, Pippo ed io andiamo a vedere il Flatiron Building di soli 22 piani, con pianta triangolare, costruito nel 1902, molto particolare, ma in ristrutturazione. Li vicino c’è Madison Square Park: cerchiamo il famoso Madison Square Garden, dove Cassius Clay (Muhammad Ali) incontrò Frasier, ma scopriamo che non è vicino all’omonima piazza.
    Andiamo verso Washington Square Park, dove abbiamo appuntamento con gli altri, percorrendo la 5th Av..
    Nei pressi della piazza c’è un Campus Universitario, infatti siamo nel centro nevralgico della New York University. In direzione della 5th Av. c’è il Washington Arch costruito nel 1895 e dedicato a Washington e nel centro della piazza c’è una fontana. Un ragazzo alto, biondo, tutto vestito di nero con un cappotto a mantella si aggira nella piazza tutto impettito. Noi abbiamo caldo e cerchiamo l’ombra, ma lui non sembra nemmeno sudato, strano sicuramente.
    Torniamo in albergo. Giorgio con la sua valigia va direttamente in aeroporto. Noi vorremmo lasciare le valigie nella hall fino alle 13.30 per fare un altro giro e eventualmente cercare dei souvenir, ma dopo un acceso dibattito dove Andrea ricorda a Laura e Giulia quando a Londra hanno perso l’aereo, andiamo in metro verso una piazza dove potrebbe esserci un negozio di articoli vari e un locale dove fanno bagel a base di diversi cereali e una variopinta scelta di composti con cui riempirli: davvero gradevoli, persino per Pippo che è sempre critico nei confronti della cucina non italiana.
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  • Day 5

    Metropolitan Museum

    July 3, 2023 in the United States ⋅ ☀️ 27 °C

    Ci incontriamo con Natale Giorgio e Andrea, più rilassati e meno stanchi, e entriamo nel Metropolitan Museum of Art.
    Se fuori ha un’aria unicamente mastodontica, dentro è davvero molto bello. Diverse sale hanno, su un lato e su mezzo soffitto, enormi vetrate con vista sul parco, e già questo è uno spettacolo. Le sale sono comunque tutte grandi e armoniose. È ricchissimo: per guardare tutte le opere che contiene forse non bastano due giorni.
    Vediamo il Tempio di Dendur, che è stato fatto costruire dall’imperatore romano Augusto per onorare Osiride, dio del Nilo. La costruzione della diga di Assuan lo mise a rischio, così l’Egitto lo donò agli Stati Uniti dove fu trasportato blocco per blocco e poi riassemblato.
    Ci aggiriamo per le sale godendo delle bellezze che ci circondano in attesa del nostro turno per vedere la mostra estemporanea di Van Gogh.
    Il tema di questa esposizione sono i Cipressi ovviamente presenti in tuti i quadri. Il più grande e gettonato è la “Notte stellata”. Molti visitatori sono assiepati attorno a questo dipinto e la guardia che lo presidia redarguisce una ragazza che continua a farsi selfie sempre più vicina alla tela. I dipinti di Van Gogh mi emozionano sempre anche se quelli che abbiamo visto ad Amsterdam nel 1990 erano ancora più belli.
    Esausti torniamo in albergo. Giorgio si prende yogurt e frutta al supermercato vicino e non intende più uscire.
    Laura mi propone ti andare con lei e Giulia a Time Square. Andrea andrà a Bryant Park dove proietteranno un film che gli interessa. Pippo vuole andare a cena ma ovviamente non solo. Quindi Natale che avrebbe preferito riposarsi accompagna Laura e Giulia a Time Square.
    Pippo ed io usciamo nel tentativo di raggiungere il ristorante greco che avevamo visto la sera prima, ma non lo troviamo. Siamo anche usciti senza telefono e senza cartina. Comunque siamo in una zona piena di locali e troviamo la “Piccola Cucina”, 75 Thompson St, ristorante italiano. C’è posto solo fuori: 4 tavolini da due sotto due ombrelloni. Il cameriere, un giovane della provincia di Modena, parla italiano. Pippo prende la pasta alla norma che dichiarerà essere la migliore mangiata negli ultimi vent’anni, io una tartare di salmone con avocado. Beviamo un calice di rosso dell’Etna (18 dollari) e uno di prosecco (14 dollari), ma siamo davvero soddisfatti. Durante la cena si scatena un breve e intenso temporale: fortunatamente l’ombrellone ci ripara, a differenze delle due turiste asiatiche sedute di fianco a noi che sono costrette a lasciare il loro tavolo. Anche senza cartina riusciamo a tornare in albergo.
    Andrea si è bagnato e dovrà asciugare il suo unico paio di scarpe con il phone.
    Dopo lo shopping in Time Square Laura Natale e Giulia mangiano al ristorante greco.
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  • Day 5

    High Line, Central Park

    July 3, 2023 in the United States ⋅ ☀️ 26 °C

    Dopo colazione andiamo tutti a Chelsea Market sulla 9th Av.: un insieme di bar, ristoranti e negozi di tutti i generi. Poi ci dividiamo: Andrea, Natale e Giorgio vanno a vedere l’American Museum of Natural History in metro; mentre Pippo, Laura, Giulia ed io andiamo verso la Little Island. Appuntamento con gli altri alle 14 al Metropolitan Museum.
    Oggi Little Island è aperta: un’isola artificiale sul fiume Hudson, con alberi, fiori, vista su Staten Island, bar e ristorante.
    Saliamo sulla High Line e la percorriamo quasi tutta fino a vedere, dall’alto, la Hudson Yards, un grande scalo ferroviario che collega Manhattan a Long Island. Percorrendo la High Line sullo sfondo spicca il grattacielo Edge con una terrazza panoramica triangolare che sporge dalla struttura.
    C’è anche una strana costruzione che in un primo momento mi sembra un palazzo, anche se un po’ sinuoso, invece sono solo scale: non ho capito se era una delle tante espressioni di arte moderna.
    Abbiamo già camminato parecchio, quindi prendiamo la metro per dirigerci a Central Park, visto che il Metropolitan Museum è circa a metà del parco nel lato est, e scendiamo a Columbus Circle.
    Io andrei a piedi dentro il parco fino al museo, ma secondo Pippo così non arriveremo mai perché le strade nel parco procedono zigzagando. Arrivati allo zoo, Pippo comincia a dar fuori di matto. Sono costretta a cancellare due foto imbarazzanti di Pippo sotto l’orologio dello Zoo di Central Park, proprio quello dove si baciano Gatsby e Chan nel finale del romantico film di Woody Allen “Un giorno di pioggia a New York”: lancia fulmini con gli occhi e gli esce il fumo dalle orecchie, forse anche dal naso. È stanco di camminare ed è assolutamente convinto che io sia matta. In realtà io vorrei solo non perdermi nulla. Comunque riusciamo ad arrivare all’inizio del Mall, il grande viale fiancheggiato da altissimi olmi americani. Qui Pippo si ferma su una panchina per riposare e noi camminiamo lungo il Mall godendoci la bellezza del parco e guardando le statue dei grandi scrittori. Mi colpisce in particolare il monumento alle pioniere dei diritti delle donne:”Women’s Rights Pioneers”. Arriviamo alla Bethesda Fountain che avevamo visto solo dalla terrazza. Qui una ragazza con un pitone giallo chiaro appoggiato sulle spalle chiede ai passanti se vogliono prenderlo per farsi una foto: dall’espressione del mio viso capisce che non ci tengo proprio. Oltre la fontana c’è il lago dove si possono affittare barche o canoe.
    Per non contraddire ulteriormente Pippo usciamo dal parco sul lato a est e camminiamo più di mezz’ora per arrivare al Museo. Siamo stanchi, abbiamo sete e fame e fa molto caldo. Ci accontentiamo del solito street food; io l’ottimo frullato di mango.
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  • Day 4

    Dumbo

    July 2, 2023 in the United States ⋅ ☁️ 24 °C

    Poi in metro siamo andati a Brooklyn nel quartiere Dumbo (acronimo di Down Under Manhattan Bridge Overpass) tra il Manhattan Bridge e il ponte di Brooklyn. Anche noi ovviamente abbiamo fotografato il famoso scorcio del ponte di Manhattan, quello della locandina del film “C’era una volta in America”.
    Abbiamo pranzato con dei tacos e poi ci siamo riposati nel Brooklyn Bridge Park con splendida vista sullo skyline di Manhattan. In lontananza, era ben visibile anche la Statua della Libertà. Prima di dirigerci verso Delancey St. (dove inizia il Williamsburg Bridge) per ascoltare un po’ di jazz, ci siamo rifocillati con gelato o mango.
    È stato ovviamente Andrea a trovare il locale “Sour Mouse” (topo aspro/acido) sotterraneo, con bar, tavoli da biliardo, dipinti alle pareti che volendo si possono acquistare. In un lato sono posizionati batteria, contrabbasso e tastiera. Quando entriamo stanno già suonando, ma molto gentilmente ci fanno sedere proprio di fronte ai musicisti. Si alternano a cantare uomini e donne, giovani e vecchi, tutti bravi. Accanto ad Andrea si siede una delle cantanti, Mel, che gli dà il suo telefonino per farsi registrare mentre canta. C’è anche un giovane ballerino di Tiptap: il suono prodotto dalle sue scarpe si sovrappone alla musica in perfetta sintonia. Una donna nera, un vero personaggio, canta e balla una canzone ritmica e coinvolgente: prima di uscire vado a ringraziarla per avermi emozionato. Poiché le esibizioni sono gratuite (a metà spettacolo un vecchietto, che poi suonerà, gira con un vaso di vetro per raccogliere solo eventuali offerte) al bar prendiamo tre birre e una pizza margherita che ci danno già tagliata: una “slice” ciascuno. Poco prima della fine la signora che ci aveva fatto accomodare spiega, perché in sala ci sono anche persone europee, che nel 2019 lei e il marito entrambi jazzisti attempati hanno deciso di aprire questo locale perché anche i giovani possano dedicarsi al jazz. Usciamo dopo un paio d’ore davvero contenti e rilassati.
    Quando usciamo dalla metro, nel tragitto a piedi per tornare in albergo, ci soffermiamo a osservare le case di Soho, molte delle quali sono in ghisa ricoperte di mattoni, con le scale antincendio proprio come quelle che si vedono nei film.
    La sera festeggiamo l’anniversario del matrimonio di Laura e Natale. Andrea ha trovato un ristorante greco, ma quando ci arriviamo, poco dopo le 20,30 non c’è posto: la cucina chiude alle 22,30, anche a New York si cena relativamente presto. Per fortuna troviamo posto in un ristorante israeliano lì vicino. Hummus di ceci, falafel, pita, couscous di verdure, birra e solite caraffe di acqua.
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  • Day 4

    Brooklyn Bridge

    July 2, 2023 in the United States ⋅ ☁️ 24 °C

    Dopo la solita colazione in albergo e caffè da Starbucks, con la metro siamo arrivati a City Hall Park per dirigerci al Ponte di Brooklyn.
    La metro di New York è molto più vecchia di quella di Milano, ma è molto veloce e ramificata. Alle fermate c’è un gran caldo, ma nei treni l’aria condizionata è al massimo: abbiamo continuato a coprirci salendo e scoprirci scendendo, mentre i newyorkesi non sembrano avere freddo.
    Pur essendo intenso il traffico automobilistico è sempre scorrevole perché sia le Avenue che le Street sono a senso unico, nonostante la loro larghezza.
    C’è sempre molto rumore di sottofondo sia per il traffico che per i condizionatori.
    I condizionatori oltre al rumore producono anche tanta umidità.
    Sull’East River i tre ponti più importanti sono: Brooklyn, Manhattan e Williamsburg (BMW). Il Ponte di Brooklyn è il più gettonato e spettacolare. Tre corsie per senso di marcia per le auto e, sopra, il passaggio pedonale, con tutti i tiranti, bancarelle di vario genere. Lo abbiamo percorso fino a circa metà, godendoci la vista di Manhattan da una parte e il quartiere di Brooklyn dall’altra.
    Al ritorno, abbiamo visitato Chinatown con una casa a forma di pagoda e una miriade di negozietti cinesi e Little Italy piena di ristoranti italiani.
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  • Day 3

    Guggenheim Museum

    July 1, 2023 in the United States ⋅ ☁️ 27 °C

    Usciti dall’Empire State Building ci dirigiamo con la metro al Solomon Guggenheim Museum. Al sabato pomeriggio il biglietto anziché 28 dollari può essere pagato con un’offerta libera, prezzo consigliato 10 dollari. Progettato dall’architetto americano Frank Lloyd Wright, è famosissimo per la particolare struttura. All’esterno sembra formato da scatole cilindriche bianche sovrapposte, senza finestre: mastodontico e freddo. All’interno di questo grande cilindro il parquet del pavimento è l’unica nota di colore, perché le pareti sono bianche. Non ci sono scale (gli ascensori si): si sale e si scende camminando lungo una spirale. Il soffitto è a vetri per far entrare la luce. La sua fama è talmente grande, anche per i non addetti ai lavori, che non me la sono sentita di pagare meno di 10 dollari il biglietto, ma il resto del gruppo si è un po’ risentito. Nei piani più alti ci sono opere moderne che personalmente trovo di dubbia bellezza. Al quarto e ultimo piano, da dove abbiamo iniziato la visita, in uno stanzino poco illuminato, anzi quasi buio, c’era un’accozzaglia di oggetti vari (anche pezzetti di carta strappati) a formare un “insieme” incomprensibile: non mi ha suscitato nessuna emozione, che è quello che mi aspetto dall’arte. Al primo piano, invece, ci sono quadri di Picasso, Kandinsky, Cézanne, Degas, Chagall. Personalmente la struttura non mi ha impressionato: 3 o 4 dollari per il biglietto erano più che sufficienti, al massimo 5.
    Ultima tappa del giorno la Grand Central Terminal: l’ingresso della stazione ferroviaria più grande della città.
    Come al solito colpisce la grandezza: spazio immenso, finestre ad arco altissime, pavimento in marmo, soffitto a volta su cui sono dipinte le costellazioni dello zodiaco e i lampadari sono degni di un castello (non le luci al neon che ti aspetteresti in una stazione). Ovviamente non ci si può sedere o bivaccare sulle scale che vanno al piano superiore.
    Sulla strada del ritorno all’albergo, cerco il Chrysler Building, riprodotto nei quadri delle nostre stanze in albergo. Fatto costruire dal proprietario dell’omonima industria automobilistica in stile art-déco, ha una forma inconfondibile.
    Tornati in albergo, Giorgio si prende della macedonia al supermercato, Laura salta la cena, mentre io, Pippo, Andrea, Giulia e Natale mangiamo al ristorante San Marino sotto all’albergo. Minestrone con pane, anche alle olive, e la solita acqua del rubinetto servita in brocche di vetro.
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